1° C A P I T O L O
Mi sembra appropriato cominciare questo ideale sentiero verso la retta via del discernere, parlando di quella che a mio vedere è la condizione principe ed indispensabile per percorrerlo con buone probabilità di ottenerne beneficio: la capacità di giudizio. Spesso, durante lo svolgersi della vita quotidiana, fatta da momenti di differente significato e valore, siamo messi di fronte all’imbarazzante e delicato compito del giudicare, criticare. Questo atto, può essere espletato nei confronti di una persona, di un evento o, addirittura verso se stessi. Quando apprendiamo dai media, o dagli organi di informazioni una notizia, il nostro subconscio agisce in modo involontario differenziando una critica che potrà essere positiva o negativa. Capita frequentemente di bofonchiare all’indirizzo di questo o quel personaggio esternando la nostra disapprovazione per un suo particolare atteggiamento o presa di posizione. Queste informazioni che ci provengono dall’esterno, vengono perciò filtrate attraverso il nostro metro di giudizio e, nella maggior parte dei casi serviranno per ispessire, irrobustire il bagaglio privato di conoscenza, aiutandoci ad essere più brillanti durante una conversazione o mentre stiamo semplicemente favellando con amici , conoscenti o colleghi di lavoro. Possiamo perciò tranquillamente affermare che l’atto del conversare non si esaurisce in una vacua ed asettica enunciazione di un fatto ma, più di frequente, è solo lo spunto per lanciare da tremila metri in caduta libera il proprio egocentrismo, arroganza o addirittura tracotanza. Più raramente verranno alla luce qualità come la temperanza, l’obiettività, la saggezza. Il confronto, lo scambio delle opinioni, il dibattito, sono tutti granelli di sale che contribuiscono a rendere saporito il nostro passaggio terrestre. Quante volte però ci sarà accaduto di prendere parte o essere passivi testimoni di discussioni piene di considerazione nefande e prive di senso logico! Questo capitolo perciò, lo dedicherò alla ricerca di un metodo valido, efficace, per coltivare in modo corretto la capacità a giudicare i vari argomenti e le situazione del nostro quotidiano. Immaginiamo di dover esprimere una nostra opinione nei confronti di una persona conosciuta, alle prese con una difficoltà che si è trovata a dover risolvere. Raccogliamo tutti i dati dei quali siamo in possesso e cominciamo! Spogliamoci intanto dalla tentazione, radicata più o meno in tutti noi di sparlare o trovare a tutti i costi difetti comportamentali in chiunque persino parenti ed amici e cerchiamo di analizzare oggettivamente il fatto. Alcuni dati o aspetti della questione ci porteranno nella direzione del giudizio che chiameremo ”A” e lo definiremo di condanna, disapprovazione, negativo in generale. Altri, invece convoglieranno verso il giudizio ”B” di assenso o per lo meno di giustificazione. Vagliando accuratamente e serenamente tutte le informazioni in nostro possesso ci accorgeremo quasi sempre che un’opinione netta , risolutiva, inequivocabile, non è quasi mai possibile acquisirla. Come si riuscirà perciò, ad uscire dal labirinto imbarazzante nel quale siamo entrati? Semplice si potrebbe pensare! Potremmo porre sui piatti di una ideale bilancia intellettuale i vari aspetti convergenti nel giudizio ”A” e in quello ”B” per poi prendere atto da quale lato si abbassa lo strumento di misurazione. Questa teoria tuttavia, pur essendo altamente democratica, è di fatto imprecisa perché, un aspetto ”A” potrebbe essere di gran lunga più importante e determinante ai fini di un giudizio finale di due o magari tre aspetti di carattere “B” che giustificherebbero un diverso tipo di opinione. Se prendiamo poi in considerazione le molteplici e variegate personalità umane, per taluni un dato potrebbe convergere verso un tipo di giudizio mentre per altri verso quello opposto. Non solo! Si potrebbe anche dare un peso differente al singolo punto in questione tanto da sbilanciare il risultato finale. Non scoraggiamoci e proseguiamo. Senza volerlo siamo già arrivati ad una considerazione di prima qualità, parente stretta di quella definitiva, riguardante la soluzione all’argomento del capitolo in questione. Quando vogliamo assorgerci a giudici di comportamenti altrui o di eventi accaduti, dovremmo avere almeno la sagacia, l’accortezza di scovare più dati possibili anche nei meandri più reconditi dove potrebbero essere annidati aspetti determinanti. Solo allora avremo la speranza che il risultato ottenuto dalla bilancia si può coerentemente avvicinare alla realtà. Stiamo percorrendo la strada maestra che ci porterà all’agognata meta e con un paio di esempi riusciremo nel nostro scopo. Infiltriamoci come dei folletti invisibili fra le mura di qualche classico bar di paese e ascoltiamo i commenti a qualche fatto politico o sportivo così di moda fra queste schiere di sapientoni. Si sta per scatenare la bagarre di una conversazione travagliata e i vari opinionisti sono animati da un desiderio incontrollabile di giudicare il comportamento di quel tale uomo politico o addirittura la strategia del partito a cui appartiene. La spigliatezza e talvolta la protervia dei modi, la consapevolezza(illusoria) dei propri numeri non sono di persone comuni, ma di una sorta di eletti preti confessori non solo del personaggio in questione, ma anche del suo intero raggruppamento politico. Pensiamo ora a quanto, le considerazioni di questi illuminati dipendano dalla loro competenza in materia e, parlando di politica, è quasi sempre di parte, dalla fonte delle loro notizie, attinte spesso dai quotidiani, sempre di una corrente ben precisa e per ultimo dall’attendibilità dell’articolo o, addirittura dalla sua veridicità. Che dire poi delle motivazioni che avrebbe potuto avere il personaggio giudicato, causate magari da circostanze anomale, dopo aver percorso impervi sentieri di compromessi, convegni, accordi e strategie che, ne i giornalisti in massima parte, tanto meno loro possono minimamente immaginare. Rasentano poi il ridicolo quanto dibattono di sport dove, ognuno dei nostri sapientoni, si improvvisa allenatore o persino preparatore atletico. Quante volte ci sarà capitato di sentir criticare negativamente per aver scelto un giocatore ad un altro o per avergli dato una particolare posizione in campo mentre invece, collocato in un altro punto, sarebbe andato tutto meglio. Potrebbe anche essere che il giocatore in panchina abbia avuto un pesante diverbio in famiglia, e che non sia in una situazione psicologica ideale per esprimersi al meglio in campo. L’allenatore, messo a conoscenza del fatto, avrebbe preferito l’impiego di un atleta magari meno talentoso ma più sereno. Come si vede, innumerevoli spiegazioni, giustificazioni potrebbero modificare o addirittura capovolgere il nostro giudizio su qualcuno. Che triste però ciò che sto affermando! Ogni azione, fatto nasconde una motivazione, una spiegazione che potrebbe dare una sfumatura diversa alla nostra opinione. Siamo giunti così al vero nocciolo del problema. Non è assolutamente possibile differenziare un metodo ottimale per giudicare. La critica è una responsabilità così ricca di insidie e tranelli che è impresa ardua farsi illuminare dal raggio di luce della verità. Noi, poveri umani, pieni di difetti e manchevolezze possiamo solo aspirare di intraprendere la retta strada del sereno giudizio fermandoci ,di tanto in tanto, ad acquisire elevati dosi di virtù indispensabili come la moderazione, l’obiettività, il possibilismo, la temperanza. Sono d’accordo che l’attività del dialogare non debba esaurirsi in una narrazione spersonalizzata dei fatti come in una cronaca di una competizione sportiva ma al contrario, un’opinione unidirezionale ed inflessibile è quasi sempre segno di imbecillità, superbia e persino arroganza. Prima di tutto bisogna essere e non apparire! In conseguenza di ciò, dobbiamo differenziare moderazione e capacitarci ad ascoltare i nostri interlocutori attingendo ed accogliendo nuove informazioni che possano tornarci utili per la costruzione di una opinione più seria e credibile. Questo ci servirà per comprendere meglio le cose che regolano la vita e gli uomini su questo pianeta, senza soffermarsi troppo alle apparenze che il più delle volte nascondono verità molto più complesse e contrastanti. Evitiamo poi di farci coinvolgere emotivamente in stressanti conversazioni tipiche della nostra società moderna nelle quali molte persone sembrano gareggiare per il numero di parole che riescono ad emettere al minuto piuttosto che per l’intelligenza delle loro affermazioni. E’ frequente infatti incontrare soggetti che amano tenere il pallino del dialogo nelle proprie mani, esibendosi quasi in un’apnea discorsiva che quasi mai produce considerazioni degne di nota. Lo straripante protagonismo di queste persone può impedire o rendere difficile, faticoso, l’esposizione del nostro pensiero, della nostra ideologia, ma tutto ciò non ci deve impaurire. Dobbiamo convincerci che questi interlocutori, solo in casi rarissimi avranno la potenzialità di essere utili al nostro accrescimento intellettivo. Il loro metodo espositivo impedisce, inibisce la costruzione di analisi serene ed oggettive apportando al massimo un incremento nozionistico. Entra in gioco inoltre un aspetto di ordine psicologico che potrebbe farci perdere totalmente l’entusiasmo a coltivare queste conoscenze da alta pressione. Normalmente, le personalità sopraccitate denotano un egocentrismo cromosomico che li spinge a dovere essere sempre al centro dell’attenzione. Spesso questo difetto comportamentale, trascina ad una sorta di indifferenza verso i propri simili, all’insensibilità e all’apatia. In breve, il loro prossimo esiste solo per mostrare, esibire, quell’ego del quale si credono unici portatori. Se ciò non bastasse a scoraggiarvi, ecco un metodo valido per incunearvi in conversazioni ad elevata fibrillazione. Attendete l’istante in cui il vostro tritaparole sta per concludere una frase o un concetto importante(per lui) e inspirate in modo da espirare la vostra considerazione nel momento in cui termina quella del vostro avversario verbale. Esprimetevi ora con calma e moderazione, senza agitazione, ponderando ogni concetto. Probabilmente, l’altro non vi consentirà di detenere la leadership a lungo e vomiterà in fretta un nuovo fiume di parole, ma alla distanza vincerete ai punti, e il vostro ansioso partner di conversazione se avrà in dotazione almeno una molecola di intelligenza non potrà far altro che ammirare la vostra condotta piacevole ed obbiettiva regalandovi una considerazione che non ammetterà mai, ma che noterete se avrete occasione di incontri abbastanza frequenti. La maggior parte dei malesseri nei quali sguazziamo sono causati dal contesto sociale nel quale viviamo. Nessuno ha colpa se l’evoluzione della cultura e delle applicazioni del nostro intelletto ha dato origine a questa forma di conduzione esistenziale. Era inevitabile che prima o poi si raggiungesse questo punto di esasperante competitività e professionalità nelle più differenti attività umane. Pur avendo la consapevolezza di avere a disposizione un’enorme quantità di opportunità di svago e divertimento, il romanticismo che risiede in ognuno di noi ci fa sognare con una vena di malinconia momenti più semplici, più veri, apparentemente meno significativi ma estremamente più coinvolgenti. Subito dopo, siamo nuovamente gettati nel vortice della quotidianità dove il tempo per i rapporti interpersonali è sempre più raro. Questo è il motivo per cui, in quei pochi momenti di confronto fra noi simili, siamo immancabilmente tentati dal tarlo del protagonismo che ci vuole far imporre le nostre idee disinteressandoci a quelle degli altri. Questa forma di egoismo intellettuale è parente stretto di quello più virulento che si scatena nella competizione del lavoro. Avrò spesso occasione di entrare con varie considerazioni su questa situazione paradossale che porta il progredire della nostra cultura verso un lento ma inesorabile regredire dell’umanità.