2004 Argentina

 L’incantevole fascino della natura.

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Vista dallo Sheraton Iguacù

Dopo ben dodici anni dalla nostra ultima avventura in terra pakistana mi ritrovo a viaggiare per la quarta volta con il mio amico Gianni di Roma. Destinazione: Argentina, con la speranza che il poco tempo a disposizione ci consenta comunque di ottenere quelle gratificazioni che da lei ci aspettiamo. Un volo della compagnia di bandiera Aerolineas Argentinas ci porta a Buenos Aires e  subito la coincidenza con Puerto Iguacù da dove raggiungiamo il favoloso Sheraton Iguacù a vista delle famose Cataratas de Iguacù in assoluto le più belle cascate del mondo. Giusto il tempo di prendere possesso della la camera e pronti via con un escursione “gran aventura”. Giù alla riva del rio Iguacù ci imbarchiamo su un gommone equipaggiato con due motori da 200 cavalli l’uno con il quale avvicineremo il più possibile qualcuno dei 275 salti di questo magnifico anfiteatro naturale. Si prova un delirio di emozioni bombardati dal frastuono dell’acqua che cade e colpiti anche quando il gommone si spinge fin quasi dentro. Non si può raggiungere la cascata più spettacolare: la Garganta del diablo a rischio di essere ribaltati ma è comunque un esperienza che rimarrà impressa nella nostra memoria come anche lo sfrecciare con la potenza dei 400 cavalli sulle acque del rio. Dopo un breve riposo, con un taxi decidiamo di raggiungere il lato brasiliano della cascate. E’ opinione comune che questo versante sia meno spettacolare di quello argentino ma dato che mi era già capitato di ammirarlo 20 anni fa posso assicurare che trattasi comunque di una consistente summa di emozioni. Il percorso si snoda fra differenti punti di osservazione che consentono una ottima visione dei salti occidentali come il Rivadavia e il Tres Mosqueteros fino ad arrivare al view point principale dove sembra quasi di toccare alcune cascate e si vede in lontananza il ribollire della “Garganta”.  La giornata termina a Puerto Iguacù nel suo miglior ristorante “La Rueda” dove gustiamo un surubì e un dorado(pesci di fiume) alla griglia bagnati da un ottimo Gran Rutini Cabernet Sauvignon della zona di Mendoza. Ottimo sigaro a conclusione di una giornata meravigliosa. Il giorno seguente è in programma l’escursione dal lato argentino e per questo ci si reca al “Centro de Visitantes” dove con un trenino a scartamento ridotto che percorrerà un tratto di foresta costeggiando la scenografia delle cascate scenderemo alla stazione finale. Da qui parte un percorso in passerella che ci porterà al famoso mirador sulla “Garganta del diablo”. Lo spettacolo di fronte ai nostri occhi è straordinario e si riesce a stento a trattenere urla di emozione. Siamo di fronte(10 metri) ad un cataclisma naturale di grandiosa potenza. In questo punto il fiume fa un curva secca e cade giù come in un imbuto creando un impressionante rombo e vapore acqueo. Certi fenomeni naturali impediscono alle parole di descriverli in modo corretto ed appropriato. Ritorniamo al trenino che ci porta alla stazione precedente dove ha inizio il percorso del “circuito superior” che consente attraverso molti mirador un fantastico colpo d’occhio su alcuni salti come il Bossetti ed il San Martin. E’ tramite questo circuito che ci si rende conto dello straordinario ventaglio di cascate prodotte dal rio Iguacù. Ritorniamo in albergo e raggiunto nuovamente l’aeroporto “regresamos” a Buenos Aires dove operiamo una breve visita del quartiere di San Telmo, di parte del centro cittadino e della zona dei docks dove veniamo attirati dal ristorante Estilo Campo. Grande cena anche stasera a base di “cordero patagonico”(agnello), Jabali(cinghiale) e   vino rosso Terrazas de los Andes cabernet sauvignon . Ora siamo a posto e ci rimangono ben 4 ore di sonno. Domattina infatti sveglia prestissimo per prendere il volo verso Trelew alle porte della Penisola Valdez. Noleggiata un auto partiamo alla scoperta della Pampa patagonica, una distesa piatta e selvaggia che si perde a vista d’occhio. La nostra prima meta è il famoso sito di Punta Tombo dove ammiriamo da vicino i simpaticissimi pinguini di Magellano così simpatici con i loro  70-80 cm. di altezza e buffi per la loro curiosa andatura. Ripartiamo verso sud attraverso altri 200 chilometri di pista fino alla località sperduta di Camarones. Lungo il tragitto avvistiamo piches(armadilli), martinetas(pernici della pampa), i nandù curiosi uccelli simili agli struzzi e molti guanachi che appartengono alla stessa famiglia dei lama. Siamo affascinati da questo ambiente incontaminato e pervasi da una sorta di ebbrezza pionieristica dato che non si incontra nessuno ormai da 150 chilometri. La costa è ruvida, aspra, selvaggia simile per certi aspetti alla Skeleton coast della Namibia che già mi aveva regalato questo tipo di silenzi ineguagliabili. Da Camarones proseguiamo fino a Cabo dos Bahias dove possiamo ammirare un’altra colonia di pinguini di Magellano questa volta in un contesto più vero e naturale. Ricollegandosi alla statale più all’interno si fa ritorno ora a Trelew e quindi a Puerto Madryn la vera porta alla Penisola Valdez che visiteremo domani. La partenza è dopo una ricca colazione dopodiché puntiamo l’auto in direzione nord verso l’Istmo Ameghino che collega la penisola, inserita dall’Unesco nella lista dei siti dichiarati patrimonio dell’umanità, alla terraferma. Dopo una breve sosta al Centro de Interpretacion, una sorta di piccolo museo, raggiungiamo l’unico centro abitato,Puerto Piramides ottimo punto di partenza per avvistare le balene del vicino Golfo Nuevo. Questo non è il periodo adatto per questi incontri ravvicinati ma se saremo fortunati potremo vedere le orche su a Punta Norte. Il primo sito che visitiamo è Punta Delgada dove attraverso un breve sentiero raggiungiamo la spiaggia sottostante in compagnia di una guida. Sono rimasti alcuni elefanti marini sonnecchianti vicino alla riva e ci avviciniamo loro con circospezione. La maggior parte sono ora in alto mare nei pressi delle isole Malvinas dove trascorrono circa sei mesi l’anno a nutrirsi e a guadagnare grasso. Terminato questo periodo ritornano in terraferma per la riproduzione e la muta. La caratteristica incredibile di questi pachidermi è che per mangiare possono raggiungere la profondità anche di 1000 metri o almeno così ci ha detto la guida. Anche il luogo della visita è incantevole specie se ammirato dal faro su in cima. La piatta scogliera emergente forma come l’effetto di un reef corallino. Ripartiamo verso un altro famoso sito, la Caleta Valdez dove approfittiamo della presenza di un grazioso ristorante self service per gustare un ottimo cordero patagonico. Decidiamo poi di lasciare la visita di questa affascinante località per ultimo e di raggiungere ora Punta Norte dato che ci hanno informato anche dell’ora più probabile per avvistare le orche. Sembra addirittura che in determinate occasioni arrivino fino a riva per attaccare e mangiare i leoni marini che sbadatamente non si siano accorti della loro presenza. Lungo il tratto di pista che ci separa da Punta Norte non possiamo  che ammirare il fantastico paesaggio della Caleta Valdez dove solo una stretta lingua di terra separa il mare aperto da una laguna interna. Qui si respira natura a profusione e non possiamo esimerci dal fermarci un attimo per ottenere in modo più idoneo iniezioni di felicità. Raggiunta Punta Norte località con innumerevoli buche(tane) dove sbucano i curiosi armadilli restiamo ammirati della bella spiaggia sottostante dove colonie di leoni marini sonnecchiano tranquilli mentre i cuccioli saltano giocosi sulle onde. E’ uno spettacolo indimenticabile anche se per tutta la mezzora che vi resteremo non avvisteremo nessun orca. Ritorniamo alla Caleta Valdez per completare la visita di questo incredibile sito e per farlo scendiamo attraverso un piccolo sentiero che termina in prossimità della bocca dove l’acqua dell’oceano entra in laguna. L’ambiente è suggestivo, selvaggio e giù in basso sulla spiaggia i leoni marini impreziosiscono con leggiadria il quadro generale. E’ con vero rimpianto che lasciamo questa terra e la giornata non potrebbe terminare meglio che in un gran ristorante di Puerto Madryn dove gustiamo un carpaccio di salmone con capperi, salmone rosado e un badejo. Non poteva mancare il vino bianco che sarà questa volta un cabernet sauvignon di Luigi Bosca. Per finire una passeggiata sul lungomare fumando un buon sigaro dominicano. E’ stata una giornata stupenda, anticipatrice di un'altra altrettanto incredibile  che vivremo domani dopo che un volo interno ci trasferirà nella località di Calafate alle porte della catena montuosa andina. Anche qui noleggiamo un auto raggiungendo questo centro sul Lago Argentino. Una rapida spesa in un supermercato per poi uscire in direzione nord verso il “parque nacional de los glaciares”. Dal punto chiamato “la curva dei sospiri” ecco il protagonista assoluto di questa parte del viaggio: il Perito Moreno. Siamo sul Braco Rico del Lago  Argentino e la visione del Perito è di quelle che toglie il respiro ma che nello stesso tempo alimenta l’immaginazione di quello che si potrà godere una volta arrivati di fronte. Intanto ci portiamo avanti col lavoro e prenotiamo un escursione in barca fino al fronte del ghiacciaio dopodiché raggiungiamo il belvedere proprio di fronte al Moreno. Per rendersi conto appieno di cosa sia questa meraviglia della natura è bene dare prima qualche notizia. Il parco nacional de los glaciares anch’esso dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco è composto da 47 ghiacciai che si dipartono da un grande blocco sulle Ande denominato Hielo Continental sur di circa 350 chilometri di lunghezza e 40-70 di larghezza. Trentasette ghiacciai vanno in direzione dell’Oceano Pacifico e dieci verso il versante Atlantico entrando nel Lago Argentino come il Viedma, il Marconi, lo Spegazzini, l’Uppsala ed appunto il Perito Moreno. Quest’ultimo, il più famoso fu scoperto nel 1877 dal topografo(da cui perito) Francisco Moreno. Entra nel Lago Argentino in prossimità della Penisola di Magellano dove convergono le acque del Braco Rico e del Canal de los Tempanos. La distanza tra la punta della penisola e il fronte ghiacciato non è grande e durante il suo avanzamento il Perito Moreno va ad incastrarsi sulla terraferma come successe per la prima volta nel lontano 1947 di fatto dividendo il lago in due parti. Il livello del Braco Rico si alzò non avendo più sfogo e inondò la terra circostante. Si tentò di risolvere il problema con degli esplosivi ma il Perito resistette fino a che la natura fece il suo corso e l’acqua creò nel tempo dei canali prima piccoli e poi sempre più grandi all’interno del ghiacciaio fino a farlo collassare. A quel punto l’acqua del Braco Rico fluì nel canale de los Tempanos provocando un inondazione fin della lontana Calafate. Il fenomeno si ripresentò nel 1972 ed il livello dell’acqua nel Braco Rico sali di 40 metri prima che il Perito si ruppe creando una galleria di  170 metri di lunghezza e 40 di altezza. Dopo l’ultima volta nel 1988 il ghiacciaio si congiunse alla penisola di Magellano nel Giugno del 2003. Potete immaginare la nostra sorpresa quando veniamo a sapere che proprio ieri il Perito ha incominciato ha collassare. Una fortuna così è assolutamente unica e poter godere di questi momenti proprio dal mirador di fronte al ghiacciaio è un privilegio unico ed indimenticabile. Di fronte a noi c’è un fronte visibile di oltre 2.5 km(l’altra metà rimane dall’altro lato della penisola) e l’acqua che attraversa le due gallerie che si sono create dal Brazo Rico verso il canal de los tempanos è sempre più impetuosa e talvolta dei grossi blocchi di ghiaccio cadono con gran fragore dalla volta rimanendo per breve tempo incastrati nelle due gallerie per poi uscire con grande ammirazione della folla che accalca il sito. Talvolta collassano a lato della galleria lastroni di ghiaccio larghi anche 10 metri ed alti 60-70 metri provocando un boato gigantesco. E’ un esperienza che rimarrà salvata nei chips della nostra memoria per tutta la vita. E’ venuto il momento però di tornare all’imbarcadero dove raggiungeremo il fronte occidentale del Perito ammirandolo da altre angolazione e godendo dal livello del lago di numerosi crolli uno dei quali provoca un’onda di 4-5 metri d’altezza. Che esperienza indimenticabile ed il tutto mentre le acque del Braco Rico, a carattere torrentizio attraversano la galleria sfociando ad oriente del lago. Quando torneremo al mirador noteremo evidente l’allargamento della galleria. Si parla che il collasso potrebbe avvenire anche stanotte ma la nostra decisione è quella di tornare a Calafate dato che dobbiamo organizzare la giornata di domani. Cosa di meglio che ammirare questo spettacolo naturale dall’alto e per farlo noleggiamo per un ora un piccolo Cessna e con Guillermo Ambrogini(il pilota) si decolla direzione l’anfiteatro del parque nazional de los glaciares. Voliamo verso ovest in direzione del Hielo Continental sur da qui dipartono tutti i ghiacciai che muoiono poi nel lago Argentino e Viedma godendo di un privilegiato punto di osservazione dall’alto sul ghiacciaio prima Uppsala e poi Spegazzini per poi dedicare un importante momento al Perito Moreno. La forza dell’acqua ha provocato un notevole allargamento della galleria durante la notte e dall’aereo si nota nitidamente questo grandioso fenomeno naturale. Le foto che riusciamo a fare sono un pezzo di storia naturale di questo paese. Il momento dell’atterraggio ci priva di un paesaggio assolutamente unico ma siamo altresì consci di aver goduto di istanti intrasferibili ed indimenticabili. Salutiamo Guillermo e con il nostro coche torniamo a Calafate per proseguire verso nord percorrendo la pista che corre parallela al lago Viedma dove la natura patagonica, le sue mille sfumature di colore entrano in noi con vibrazioni emozionale a getto continuo. Nessuna presenza umana, nessuna auto, solo natura con acqua, terra e vento. Il paesaggio è così selvaggio che toglie il fiato. Una sosta alla estancia Leona dove fra vari suppellettili d’epoca gustiamo un piatto d’altri tempi, tanto semplice quanto gustoso. Il cordero(agnello) con lenticchie abbinato ad un delizioso bicchiere di vino rosso e per finire un incredibile fetta di torta come non me ne ricordo da 35 anni a questa parte. Mentre proseguiamo direzione la sperduta località di El Chalten è come se lievitiamo dalla felicità sopra il territorio. Sono momenti che riescono a vestirti di una qualche essenza positiva che non puoi più dimenticare ma solo rimpiangere quando tuo malgrado devi nuovamente rituffarti nella folle e brulicante massa di tribolanti ominidi sempre alla rincorsa di cose vacue o prive di vera importanza. Dopo questa diversione filosofica ritorniamo alla Patagonia che ora ci regala un quadro naturale tra i più fotografati della Ande. E’ di fronte a noi il famoso Fitz Roy una delle mete alpinistiche mondiali. Al suo fianco l’altrettanto famoso Cerro Torre e il mitico Egger. Purtroppo in paese ci dicono che la barca che naviga sul Viedma è rotta così il nostro originario progetto di navigazione e quindi trekking sul ghiacciaio omonimo viene a cadere. Pazienza! Ce la prenderemo più comoda visitando con più calma la zona circostante per poi tornare l’indomani a Calafate da dove è in programma il giorno 15 il nostro ritorno a Buenos Aires. Avremo un inconveniente aereo che ci obbligherà a slittare di un giorno il nostro arrivo in Italia ma dopo un viaggio così intenso e gratificante niente potrà minare il nostro bagaglio di ricordi che porteremo con soddisfazione per sempre all’interno della nostre rispettive scatolette vitali.

 

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