2014  BELGRADO

Capitale su due fiumi

 

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Belgrado - Stari Grad - Iincrocio Kneza Milosa-Nemanjina - Palazzo sventrato dalle bombe Nato nel 1999

 

Dopo le due spaventose guerre mondiali, la Serbia faceva parte della grande Yugoslavia nata per volere di Tito che nominò Belgrado come capitale. Egli riuscì per 25 anni a consolidare un paese diviso fra molte realtà etniche, bosniaci, croati, albanesi, cristiani e musulmani. Quando morì nel 1970, ma anche prima, cominciarono ad accendersi focolai di tensioni nel paese, causati principalmente dalla spinta egemonica serba che si accentuò dopo la presa del potere da parte di Slobodan Milosevic. Prima la Croazia e la Slovenia, poi la Bosnia dichiararono l’indipendenza, condizione voluta anche dal Kosovo, popolato in maggioranza da cittadini di origine albanese. Ed ogni volta, la Serbia di Milosevic, muoveva guerra contro le nuove realtà politiche per tutelare la presenza di serbi in quei paesi. Ma l’opinione pubblica internazionale non poteva più assistere ai massacri perpetrati dai generali del dittatore serbo. Saltati i colloqui tra Nato e Milosevic, il 24 marzo 1999, l’organo del Trattato Nord Atlantico bombardò Belgrado ed altre grandi città della Serbia per tre mesi, scaricando sul paese un impressionante quantità di bombe. Da allora, Belgrado è rinata e le sue mura sono tornate ad essere bianche come vuole l’origine del suo nome, che deriva da Beli Grad, ovvero Città bianca. Dopo un ora e venti minuti atterro, alle 14.50, al Nikola Tesla della capitale, salgo sul bus A1 direzione stazione centrale e, dopo aver acquistato la carta ricaricabile per viaggiare coi bus cittadini, percorro la Nemanjina fino ad incrociare la Kneza Milosa dove il dramma dei bombardamenti Nato è ancora ben visibile in due edifici sventrati dalle bombe e lasciati volutamente così per ricordare il dolore di quei momenti. Nei pressi ci sono il Ministero degli Esteri e quello della Difesa. Il bus 40 mi porta fino a Vila Senjak, l’albergo prenotato dall’Italia. Ne esco subito dopo, dando il via alla visite e cominciando proprio dall’incrocio prima citato. In una mano la mappa e nell’altra la pagina della guida che riporta le lettere cirilliche con le corrispondenti lettere latine. Dapprincipio ci si sente un po’ spaesati, ma pian piano ci si abitua. Sulla Kneza Milosa entro nella chiesa dell’Ascensione, ortodossa come quasi tutti gli edifici di culto serbi. L’esterno è dominato dalle solite cupolette che caratterizzano l’architettura di queste chiese, mentre l’interno, dove si sta svolgendo la funzione religiosa, non regala nulla di apprezzabile. Percorro la traversa dov’è il nero grattacielo della Beogradanka, un edificio di 30 piani che domina il centro cittadino, quindi svolto a sinistra nella Kralja Milana. Qui sono presenti il nuovo Palazzo Reale, con elementi rinascimentali e barocchi e attualmente sede del Presidente della Serbia e il vecchio Palazzo Reale costruito nel 1882 per ospitare la famosa dinastia Obrenovic, i padri della patria serba, il cui capostipite, Mihailo, fu re del paese per ben due volte. Attraverso il largo Andric, in onore al premio nobel per la letteratura Ivo Andric di cui ho appena terminato la lettura del Ponte sulla Drina, giungo al Pionirski park, uno dei numerosi spazi verdi, ben tenuti della città. Proseguo, sempre sulla Milana, sino ad ammirare il celebre hotel Moskva, costruito nel 1906, esclusivo per la sua eccentricità. Il tetto è verde e tutta la costruzione è decorata con maioliche dello stesso colore. Di fronte, un altro tra gli alberghi più antichi, il Kasina. Percorro per un breve tratto la celeberrima Knez Mihailova, la via turistica per eccellenza di Belgrado, voluta dal principe Mihailo con l’intento di cancellare ogni traccia della passata dominazione turca. Molti degli edifici presenti furono danneggiati durante i bombardamenti tedeschi e poi ricostruiti in diversi stili. Sono presenti numerosissimi negozi alla moda, ristoranti e locali. Svoltando a destra mi immetto in un luogo altrettanto prestigioso di Belgrado, Trg Republike(piazza della Repubblica). Svariati locali con tavolini all’esterno, musica, una bella statua equestre in onore del principe, proprio di fronte al Museo Nazionale di Serbia. Sulla destra ammiro il Teatro Nazionale dopodiché percorro la Obilicev Venac, una piacevole strada pedonale, come la Mihailova ricca di bar, negozi e ristoranti. Ritorno sulla Republike e raggiungo il parco Pasic all’interno del quale è la Casa dei Sindacati, uno squadrato palazzo in stile staliniano costruito nel 1952 dall’allora partito comunista. Sono stanco e affamato, perciò raggiungo Skadarlija, il quartiere bohemienne denominato la Montmartre di Belgrado. L’atmosfera è finta, ma la sua vivacità, il suo colore e le sue vie animate da locali e ristoranti valgono una passeggiata. Ceno in un ristorante della zona gustando la karadordeva snicla, una variante della cotoletta alla viennese, una bistecca di maiale arrotolata e ripiena di formaggio, pancetta e kajmak, poi impanata e fritta. Da bere la birra locale Jelen. Soddisfatto me ne ritorno in albergo. Domani mi aspetta una lunga giornata di visite che comincio subito dopo colazione, alle 7.45. Col bus 41 raggiungo il bulevar Kralja Alekandra, la strada più lunga della capitale, dove entro nella vicina chiesa di San Marco. Costruita nel 1931, ha una struttura a croce greca con una grande cupola centrale e quattro cupolette laterali. La facciata principale ha un alta torre campanaria affiancata da due portici sorretti da colonne finemente scolpite. All’interno, oltre al bel sepolcro del re medievale Stefano Uros, re di Serbia nel 1331, null’altro attira la mia attenzione. Visito anche l’adiacente Chiesa Russa, costruita nel 1924 su commissione della ricca comunità russa belgradese. E’ minuscola, ma più ricca d’arredi della precedente, impreziosita da una piacevole iconostasi lignea e da numerose icone. Il tempo oggi è brutto, di tanto in tanto cade una debole pioggia che, tuttavia, non infastidisce troppo. Percorro qualche sentiero del parco Tasmajdan e raggiungo quindi la Beogradaska e la trg Slavija, un importante snodo viario della città. Ancora un breve tratto ed eccomi nel Karadordev park dove, sulla destra c’è la biblioteca nazionale e la statua di Karadordev, capostipite di una famiglia molto importante della Serbia imperiale. Dietro si erge il celebre tempio di San Sava. Iniziato nel 1941, è ancora in costruzione con il finanziamento dei fedeli serbi. Percorro lo spazio davanti al tempio, ornato da fontane ed ammirando la grande cupola circondata da altre minore. Se la visione generale della struttura lascia impressionati, l’interno stupisce per la sua sobrietà. Deluso, entro nell’adiacente chiesetta dove invece l’atmosfera è più intima. Numerosi fedeli stanno partecipando alla messa in un raccoglimento difficile da riscontrare fra i credenti cattolici. Prendo ora il bus 78 con il quale giungo alla stazione da cui un breve tratto fino al mercato coperto di Zeleni Venac, all’interno del quale si vendono prodotti alimentari ed altro. Ne ho visti di più interessanti! Ripercorro ora tutta la Kneza Mihailova ammirando per completo tutti i palazzi sulla via e i vari negozi. Giunto all’incrocio con la Pariska svolto a sinistra apprezzando prima l’elegante palazzo dell’ambasciata francese e poi di quella austriaca. L’intera zona prende il nome di Kosancicev Venac, è fatta di stradine acciottolate caratteristiche dominate dall’imponente cupola barocca della cattedrale di San Michele Arcangelo. Volte a botte affrescate, stalli lignei e bellissime, alte finestre istoriate. L’iconostasi lignea, su due ordini, è sostenuta da colonnine corinzie e ricca di dipinti. Dopo aver ammirato il palazzo della principessa Ljubica, fondato dal principe Obrenovic come sua residenza in città, fa la sua opportuna comparsa il sole, perciò decido di scendere sino al fiume Sava e di percorrerlo verso destra sino alla sua confluenza col maestoso Danubio. Sarà una lunga, piacevole passeggiata che mi offrirà scorci sulla vita fluviale, sulle chiatte che percorrono il fiume, ma specialmente sulle caratteristiche splavovi, imbarcazioni di vario tipo che ospitano bar, locali e ristoranti e dove la sera, la notte sarà una festa di suoni e colori. Ritorno in città, nel quartiere di Dorkol, uno dei più cosmopoliti di Belgrado, dove ebrei e musulmani hanno sempre convissuto assieme a tedeschi, armeni e greci. Percorro l’importante via Dusana e alcune laterali fino alla moschea Bajrakli, costruita nel 1575 durante l’occupazione musulmana. E’ l’unica rimasta fra le 273 che vennero poi rase al suole dagli austriaci. Oggi è sottoposta a sorveglianza continua dopo i danni subiti  durante gli scontri del 2004  in occasione di una manifestazione per il Kosovo. Dentro noto dei muslim in preghiera, così non entro per non interrompere la loro preghiera, essendo il luogo alquanto minuscolo. A breve distanza è Studentski trg, la zona universitaria, il cui fulcro è un piacevole parco, un rettangolo di verde al cui interno ci sono giardini fioriti e tre statue di personaggi locali. Su un lato della piazza domina il palazzo del capitano Misa, uno dei più belli ammirati in città e che ospita gli uffici del rettorato. Bene, è giunto il momento di dedicarmi alla celebre fortezza di Kalemegdan, costruita sulla collina che domina la confluenza tra Sava e Danubio. Rappresenta la storia di Belgrado e della Serbia intera. Fondata da una popolazione celtica nel III° sec a.c. fu poi conquistata dai romani restando per molto tempo l’unica zona abitata di Belgrado. Conquistata in seguito dai bizantini e poi dagli ottomani per due secoli, ai tempi della dominazione austriaca divenne una delle fortezze più possenti d’Europa. Il viale principale, una volta entrati, è disseminato di bancarelle e, qua e là, da numerosi busti di personaggi famosi. Più avanti è il monumento di Gratitudine alla Francia, una colonna sormontata da una statua bronzea raffigurante una donna, per ricordare i soldati francesi caduti a Belgrado durante la prima guerra mondiale. Ammiro i numerosi bastioni, giungendo in cima alla statua del vincitore che regge in mano un falco, simbolo della libertà slava. Di fronte il bellissimo panorama della confluenza dei due fiumi. Ora percorro i sentieri della cittadella valicando le diverse porte dai differenti nomi, come la porta del re, del despota, dell’orologio, girando per la cosiddetta città alta dov’è il mausoleo del visir ottomano Ali Pasha. E poi ancora la torre dell’osservatorio, la porta delle prigioni con le due torri circolari che venivano usate nel medioevo come carceri. Dopo i chilometri percorsi è giunto il momento di una sosta, e lo faccio sulla terrazza del ristorante locale, di fronte alla stupenda vista del Danubio. Tè, torta e sigaretta e sono pronto a continuare decidendo di terminare la giornata con la visita di Novi Beograd, la parte nuova di Belgrado, situata sulla riva sinistra della Sava. E’ il centro economico della capitale con una presenza di aziende internazionali e di infrastrutture moderne. Nel 1947 oltre 100.000 persone bonificarono questa parte, allora paludosa, e la costruirono secondo lo stile comunista, in blocchi. Percorro tutti i 450 metri del ponte Brankov, avendo una magnifica vista sulla città vecchia, nuova, sul fiume Sava e sbucando nel quartiere Usce dov’è un grande centro commerciale e la torre omonima, sede di uffici, che con i suoi 105 metri è il più alto grattacielo di Belgrado. La lunga Nikole Tesle costeggia a sinistra il Danubio e, a circa metà strada sul lato opposto, osservo il Palazzo Serbia, che ospitava fino al 2006 il consiglio esecutivo federale e che attualmente ospita sei ministeri della repubblica di Serbia. E’ una costruzione brutta, monumentale, a forma di H. Alla fine del lungo viale raggiungo il famoso hotel Yugoslavia che è stato per lungo tempo il più lussuoso albergo dei Balcani.ospitando negli anni capi di stato e reali. Nel 1999 l’ala ovest venne distrutta da due missili Nato, ma ora è ristrutturato e diverrà ben presto proprietà della catena Kempinski. Adiacente c’è un grande casinò e moltissimi splavovi che dimostrano la vitalità notturna della zona. I piedi fumano, ma non posso evitare di andare a vedere la Torre Gemex, anche questa, testimonianza della brutta architettura comunista. E’ formata da due torri unite da un ponte in cima. Dopo un ultima puntata alla chiesa di San Demetrio, la più grande chiesa ortodossa della zona, con la sua enorme cupola che sovrasta la navata centrale, mi trascino fino alla fermata del bus 15 che mi riporta in centro. Per la cena opto per il ristorante Savamala nei pressi della stazione, uno storico locale dove gusto una Teleca corba(zuppa di verdura e pezzi di vitello) e i cevapcici, piccole polpette di manzo e maiale dalla forma allungata. Il giorno seguente raggiungo la stazione dei bus, destinazione Novi Sad, la capitale della regione della Vojvodina. Lungo il tragitto, coperto in circa un ora e mezzo, si susseguono ampie pianure coltivate, un po’ monotone. All’arrivo mi dirigo subito verso il centro città cominciando le visite dalla cattedrale ortodossa che presenta un piacevole campanile a cipolla. La volta a botte dell’interno è affrescata. Bellissime le vetrate policrome e l’iconostasi sostenuta da colonnine corinzie, fra dipinti e icone. Più avanti comincia la Zmaj Jovina, la via principale del centro dove il primo palazzo che attira la mia attenzione è il Palazzo vescovile, edificio color salmone in stile art nouveau. Di fronte c’è la statua del poeta Jovan Jovanovic. Proseguo lungo questa larga arteria pedonale ricca di negozi e locali fino in trg Slobode, dove si erge il più rappresentativo monumento cittadino, la cattedrale cattolica, alta 72 metri, una costruzione neogotica stretta e ricca di archi cuspidati. La caratteristica più saliente è lo splendido tetto di tegole dai toni verde-blu. Un vanto per la città. Anche se la sua vista appaga in generale, un osservazione più minuziosa non può che denotare l’assenza di alcun pregio architettonico al di fuori del sopraccitato tetto. L’interno sarebbe persino insignificante se non ci fossero ad impreziosirla le dieci belle vetrate policrome sulle navate laterali e le sei nell’abside. Un giro veloce alla piazza, ricca di palazzi interessanti come quella della Vojvodinian bank, dell’hotel Vojvodina e del Municipio, quest’ultimo ricco di statue e di colonne corinzie. Di fronte la statua di Svetozar Miletic, un importante uomo politico e sindaco di Novi Sad nel 19° secolo. Un occhiata al vicino Teatro Nazionale serbo, alquanto brutto e, dopo una pizza disgustosa, percorro un'altra bella strada pedonale, la Dunavska, in fondo alla quale sbuco in riva al Danubio. Attraverso il ponte Varadinski per raggiungere la cittadella di Petrovaradin, una delle fortezze meglio conservate in Europa ed eretta tra il 1692 e il 1780 per proteggere Novi Sad dall’avanzata dei turchi. Ne percorro tutta la circonferenza fino alla Torre dell’orologio da cui si gode una magnifica vista sulla città e il sottostante Danubio. Faccio ritorno in centro percorrendo le piacevoli vie Mite Runica e Mileticeva e bighellonando per un po’ fino a tornare con calma alla stazione bus per il ritorno a Belgrado dove è mia intenzione cenare all’interno del famoso hotel Moskva, nel ristorante Tchaikowski. L’esperienza culinaria sarà sublime: una Goulash corba(zuppa con brodo di manzo, verdure e panna acida) e una saporitissima pljeskavica, una specie di hamburger di manzo e maiale, sottile, speziato e ripieno di funghi. Birra Jelen, caffè e m’incammino verso il bus 40 che mi riporterà al Vila Senjak. Mercoledì, ultimo giorno, si presenta con una pioggia abbondante che mi impedisce di recarmi a Zemun, un piccolo borgo in riva al Danubio dopo Novi Beograd. Opto perciò per una visita al museo nazionale che però apre alle 10.00, così per un oretta passeggio per le vie del centro non viste in precedenza. L’ombrello fa il suo dovere, ma non è ugualmente un piacere. Giunto l’orario di apertura entro, con la speranza che un museo nazionale mi riservi buone sorprese. Nulla di tutto questo. L’edificio era stato in ristrutturazione per lungo tempo, molte sale sono chiuse, cosicché ciò che ora propone il museo è solo una mostra di un importante pittore serbo al piano terreno, tale Bukovak che dipinse nella prima metà del secolo scorso e, al piano superiore, altri dipinti di famosi artisti serbi come Milicevic, Petrovic e Glisic. Non faccio commenti su questo genere di pittura moderna, dico solo che Jan Van Eick si rivolterebbe nella tomba. Ci sarebbe da visitare anche il museo degli affreschi, ma non ne ho voglia dopo questa esperienza, preferisco concedermi un caffè e una fetta di torta in una pasticceria di trg Republike, raggiungere la stazione e prendere il bus per l’aeroporto. Sapevo che Belgrado non mi avrebbe offerto lo stesso piacere di Parigi, ma sono comunque soddisfatto dell’esperienza fatta, per la prima volta nella zona dei Balcani.

 

 

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