1987 BRASILE

Raid Safariland ( Rio de Janeiro – Manaus ) A rua do inferno

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Partenza da Rio de Janeiro

E’ stato un viaggio inestimabile   a stretto contatto con una natura rigogliosa. Parto il 12 Dicembre dalla Stazione Centrale di Milano alla volta di Roma. L’appuntamento è al Circolo Canottieri Aniene. Quello che sta per cominciare non è un viaggio qualsiasi, infatti percorreremo il tratto brasiliano tra Rio de Janeiro  a Manaus con delle Panda 4 x 4 offerteci dall’organizzazione a cui è a capo Andrea Ferri, il patron della Safariland. Grande viaggiatore, insieme a lui ci sarà anche Novella Calligaris. Dopo il discorso di Ferri tutti i partecipanti sono come scossi da brividi da come lui pone in evidenza alcuni aspetti che paiono addirittura avventurosi fra i quali il fatto di percorrere i tratti amazzonici nel bel mezzo della stagione delle pioggia. Si parte alla volta del Brasile con un volo dell’Aerolineas Argentinas raggiungendo il Galeao di Rio in perfetto orario dopodiché veniamo subito portati allo splendido Othon Palace di Copacabana, uno dei migliori alberghi della città carioca. Io ho prenotato una vettura per due posti e la persona che mi è stata abbinata è un quarantunenne romano dalla parlantina facile e dalla grande personalità. La prima sera faccio visita agli amici brasiliani recandomi nel Meier trascorrendo dei momenti di piacevole serenità in loro compagnia ed il giorno seguente staremo ancora a Rio  concedendoci un escursione balneare alla Barra da Tijuca. Il piano del presidente Sarney è naufragato, e dopo il cambio della moneta da cruzeiro a cruzado, l’inflazione è tornata a salire. Ora è al 350 % annua. Nel pomeriggio è in programma il briefing nella sala congressi dell’Othon e dietro al tavolone della Safariland ci sono già i responsabile dell’Agip brasiliana, della Fiat ed altri sponsor del viaggio, Novella, Andrea ed Angelo Pesceddu, l’esperta guida italo - brasiliana che ha progettato il percorso. Durante tutto il tempo della riunione ci convinceranno di prestare la massima prudenza durante la guida, e nel contatto con la gente dato che transiteremo nell’eldorado brasiliano dove bisognerà prestare molta attenzione. Non dovremo fare pazzie entrando nella selva o in acque sconosciute. Alla fine siamo tutti tesi forse più del necessario. Successivamente io e Gianni andremo alla Churascaria Palace dove gusteremo una carne da resuscitare i morti. Domani resteremo ancora a Rio ma tutti abbiamo la mente rivolta al giorno della partenza  che avverrà come da programma il giorno 17 Dicembre dopo che anche i componenti di una troupe della Rai si sarà unita a noi. Tutte le Panda sono parcheggiate fuori dall’Othon in una babilonia di automobili. La rete Manchete di Rio è pronta a filmare la partenza e l’eccitazione è davvero alle stelle. Viene dato il via e con  un coro di strombazzamenti ha inizio questo raid mai tentato in precedenza almeno in queste proporzioni attraverso una strada che dagli stessi brasiliani è chiamata “a rua do inferno”. Le Panda sono dotate di un radio ricetrasmittente con la quale potremo comunicare con gli altri equipaggi. La prima tappa ci porterà dopo 468 km alla capitale dello stato del Minas Gerais, Belo Horizonte. Lasciata la metropoli il paesaggio muta repentinamente ed ora la strada è solo marginalmente abitata, solo qualche negozietto e poco più. Si passa Cais,  Petropolis e circa al centesimo chilometro ecco il fiume Tres Rios ed al centro di esso alcune imbarcazioni che potrebbero ospitare cercatori d’oro(garimpeiros). Molti degli equipaggi si fermano ad ammirare la scena ma io sono l’unico che parla abbastanza bene il portoghese e dopo aver contattato uno dei presenti e spacciandomi per un giornalista italiano riesco a farmi portare con Gianni sulle piattaforme. E’ una cosa fantastica ed ora siamo qui con i garimpeiros che stanno setacciando le acque del rio. Sosteremo per circa mezzora facendo la conoscenza con almeno la meta di loro. L’acqua, mista a sabbia, viene pompata da un tubo che riversa tutto il suo contenuto in cima ad una specie di lamiera e poi scivola verso il basso, raccolta e setacciata per poi riscorrere via. Il garimpeiro con delle padelle separa le piccole pagliuzze che ho personalmente notato. A questo punto l’oro viene trattato col mercurio che serve per liberare le scorie dal prezioso metallo dopodiché i residui col mercurio finiscono nel fiume inquinando acqua, pesci e tutti coloro che vi ci tuffano. Nel rio Madeira fino  a che 500 garimpeiros non furono sconfitti dalla malaria, si sono riversati nel fiume barili e barili di mercurio e l’ecosistema del fiume quasi se ne era andato a farsi benedire. Qui sulle piattaforme c’è un rumore impressionante operato dalle pompe ed una puzza insopportabile di carburante. La nostra permanenza si è svolta nella più estrema cordialità e molti compagni di raid la sera ci considereranno come marziani per aver saputo vivere questa interessante esperienza. Raggiungiamo poi la simpatica cittadina di Barbacena e non vi dico che interesse che suscitiamo con questa auto super sponsorizzata e con una tenda sul tetto. Si arriva a Belo Horizonte alle 19.30 anche qui all’Othon Palace e dopo una salutare doccia ci dirigiamo verso il Chico Mineiro, un  tipico ristorantino locale. La serata non finisce qua e ci verrà la fantastica idea di una nuotata nella piscina all’aperto all’ultimo piano dell’albergo tra un cielo stellato e le luci della città che si sta preparando a festeggiare il Natale. Domani è in programma una puntata di 780 km perciò si decide di andare a riposare. Sveglia alle 5 del mattino e alle 6.15 siamo già in auto alla volta del Sertao, un territorio arido arbustivo che ci accompagnerà per tutta la tappa. A circa metà strada raggiungiamo la represa di Tres Marias, un enorme bacino di 780 km/q sul grande Rio Sao Francisco. L’entrata è presidiata dai militari ma con una sottile opera di convincimento riusciamo a penetrarla perché esiste un locale al suo interno dove vorremmo pranzare. Gusteremo un ottimo Surubì grigliato  con un delizioso sughetto fatto di brodo, manioca e mais. Il vino è un bianco secco Lejon del Rio Grande del Sud. Vorremo vedere anche la diga ma a nulla servono le mie balle.  E’ vietato, e ci vuole un permesso speciale. Ritorniamo sulla strada dato che non vorremmo mai far sfilare l’auto di coda dell’organizzazione. Il raid infatti si svolge non in colonna  ma le circa  40 – 50 vetture sono libere di viaggiare in un cuscinetto formato davanti e dietro dalle jeep e camion dell’organizzazione che porta al seguito meccanici, pezzi di ricambio e cucina da campo per i pasti serali in zone senza strutture. Tutti noi perciò godiamo di discreta libertà e siamo confortati nel sapere che comunque, qualsiasi cosa capiti, alla fine l’ultima auto della Safariland ci raccoglierà. Si arriva a Brasilia all’hotel Carlton. Faccio stirare il vestito buono perché stasera siamo tutti invitati all’ambasciata italiana dove in nostro onore si terra una “serata brillante”. L’appuntamento è alle 20.15 ma noi vogliamo andare  a fare prima un giro della città . La festa all’ambasciata sarà piacevole ma domani dobbiamo ancora svegliarci presto quindi andiamo a dormire ad un’ora dignitosa. E’ il giorno 19 e sollevare le nostre ossa dal letto non sarà cosa semplice. Abbiamo già percorso 1.270 km in due giorni. Si parte ora per Aruanà, alle porte della foresta amazzonica. Verso Anapolis si abbatte una pioggia impetuosa, impressionante e a lato della strada si producono come torrenti di acqua rossa mentre ad un distributore di gasolina ci dicono che piove ormai da 20 giorni. La tappa prosegue dopo esserci rifocillati in qualche modo ed il paesaggio cambia diventando sempre più alberato. Vaqueros a cavallo, originali nei loro abbigliamenti guidano mandrie di zebù. Questi uomini usano una curiosa frusta che ha una pallina terminale che emette un rumore forte con scintilla. Rimaniamo un quarto d’ora ad ammirare questo quadro ma quando ripartiamo non ci accorgiamo della deviazione per Aruanà, del resto ben segnalata sul road book che ci hanno consegnato a Rio e così finiamo a 70 km fuori strada. Ritorniamo sui nostri passi abbastanza preoccupati ma per fortuna il nostro errore non si rivela grave. Alle 20.00 arriviamo ad Aruanà e la stanchezza è molta ma non puoi andare subito a dormire perché è come un obbligo visitare, osservare. Il ritrovo è in una specie di lodge. Quest’oggi sarebbe dovuta essere la nostra prima notte in tenda che avremmo dovuto sistemare sul tetto della Panda ma riesco a parlare con il guardiano e ottengo di riposare in una specie di magazzino dove ci mettono due materassi comodi. Fuori dalla nostra stanza c’è un piccolo jacarè(coccodrillo) di 70-80 cm che uno dei nostri ha investito nell’entrare al lodge. Aruanà è un villaggio alla frontiera tra la semiciviltà e la foresta e perciò decidiamo di acquistare in un supermercato improvvisato una fune, un machete ed una torcia. Salto nella farmacia locale dove un simpatico dottore di nome Reinaldo ci farà compagnia a cena. Dice che da queste parti ci sono molte oncas(giaguari), ragni e serpenti velenosi. Vorremmo acquistare un siero antivipera ma lui attualmente non ne ha perciò ci fa una ricetta per acquistarlo quando arriveremo ad Alo Brasil, domani. Dice di prestare molta attenzione perché ci sono moltissimi cascavel, coral, jararacà, urutu, mataleje. Il pericolo invece dei piranha non esiste. Solo in Pantanal dove in taluni stagioni dell’anno non riescono a trovare cibo(pesce)possono attaccare  qualcuno specie se risulta ferito o perde sangue. Tempo fa ha dovuto suturare con parecchi punti il dito di un pescatore incauto che avendo pescato un piranha lo ha preso male in mano e questo zac. Dice anche che non ci sono zanzare ma le incontreremo più avanti sul percorso. Impressionante è quello che ci racconta sui sucurì(anaconda) che possono raggiungere i 12 metri. Ci invita poi ad una festa in villaggio che si terrà più tardi in una specie di palazzetto e dedicato ad una coppia di sposi in un atmosfera genuina veramente di altri tempi. Il mattino seguente comincia con un  piccolo briefing e poi si parte alle 8.15 per la prima tappa di terra in direzione di Cocalinho dove una zattera ci porterà dall’altro lato del fiume Araguaia, il più importante affluente del Tocantins. La strada rossa è a tratti difficile e specialmente alcuni ponti instabili accendono improvvisamente la voglia di tutti noi di fotografare. Quelli della Rai cominciano a scalpitare perché per loro oltre alla parentesi garimpeiros non ci sono state occasioni interessanti. Più avanti altro attraversamento e questa volta del rio Das Mortes. Comincia a far caldo e quando notiamo un gruppo di neri che si bagnano in un ruscello di agua preta cogliamo l’occasione al volo mentre gli altri equipaggi che di tanto in tanto ci superano ci guardano invidiosi.  Ogni momento è buono per scambiare quattro chiacchiere con i locali. Le condizioni generali della strada peggiorano e si deve prestare, molta attenzione per non rischiare di vedere vanificare le nostre aspettative future. Alcuni infatti, sentiamo dalla radio, che hanno guai come perdita di carburante da sotto il motore o rottura di semiassi. Alle 21.00, nel buio più fitto, incontriamo due di noi a cui l’auto parte ormai solo in retromarcia.  Bisogna ammettere che molti davvero hanno esagerato!. Io e Gianni abbiamo sempre mantenuto una guida pulita, attenta ed alla fine saremmo uno degli equipaggi migliori. Finalmente raggiungiamo nella Fazenda Londrina dopo 380 km uno spiazzo dove sono gia presenti una ventina di Panda. Si cena tutti insieme alla cucina da campo e quando andremo a dormire mancheranno all’appello ancora una decine di vetture. Durante tutta la notte è piovuto e la mattina, per sistemare la tenda è un inzaccheramento generale. Partiamo per questa quinta tappa immersi nella realtà del Mato Grosso e praticamente già entrati nella zona amazzonica. Grande tristezza ci arreca constatare l’enorme estensione dell’aree disboscate. Un terzo dell’ossigeno mondiale proviene dalla fotosintesi operata in questa selva grande 12 volte l’Italia ed è da circa 20 anni che la stanno attaccando da tutte le parti. In alcune parti la foresta ha vinto la battaglia sulla demenza umana ma in altri il risultato è un deserto. In Amazzonia si è voluto stanziare qua e là coloni regalando loro la terra per potere gradatamente aumentare la presenza umana e sfruttare meglio le immense risorse del territorio. I coloni segano e disboscano bruciando poi tutto.  In seguito reimpiantano quasi sempre solo per il pascolo della vacche e zebù finché, quando il terreno diventerà acido, lo abbandoneranno lasciando un deserto senza più futuro. E’ deprimente vedere qua e la cadaveri neri di alberi che un tempo facevano parte di un ambiente unico!. In lontananza si nota il  rigoglio della selva e talvolta noi stessi saremo chiusi in un immenso verde ma bisogna riconoscere che nel Mato Grosso il disboscamento è più accentuato. In altri stati, come l’Amazonas, la selva è ancora dominatrice. Il nostro viaggio prosegue in un susseguirsi di verde e natura morta fino a che veniamo attratti da una cosa unica. Migliaia e migliaia di piccoli ragnetti hanno teso un immensa tela riuscendo persino a tendere la chioma di un piccolo albero. Più avanti accettiamo l’invito di alcuni camionisti che stanno portando vacche a Sao Paolo per essere vendute a circa 30.000 cruzados  per capo. Il pasto è frugale con fagioli e wurstel ed una spruzzata di pomodoro in padella ma è vero, ruspante. Rifornimento di benzina ad Alo Brasil, un villaggio di soli 12 anime. Lo stato della pista è peggiorato e prestiamo perciò più attenzione. Ai lati della stessa talvolta ci sono gruppi di bellissime farfalle gialle che sembra non abbiano paura di noi che le possiamo avvicinare senza problemi. L’appuntamento a fine tappa è alla sterminata fazenda Suia Missù dell’Agip dove arriveremo alle 18.30. L’Agip è un nostro sponsor ed ha pensato perciò di renderci il soggiorno più gradevole possibile, ecco perché abbiamo finalmente la possibilità di fare la doccia. Vicino ad un cancello uno straordinario tucano che sembra essere la mascotte dell’azienda. Nel frattempo si sta abbattendo un furioso acquazzone che durerà circa tre quarti d’ora. Anche in questo caso mi attivo per trovare un alternativa alla tenda e grazie all’interessamento di un dipendente dell’Agip stanotte dormiremo uno su un divano e l’altro su di una amaca. Questa fazenda possiede una pista di atterraggio di 3.5 chilometri che è stata costruita per l’atterraggio dei boeing. Le vacche dovevano essere macellate e avrebbero dovuto essere trasportate in Europa congelandosi quasi in volo con particolari trattamenti di pressurizzazione ma il MEC non accettò questa prassi dal punto di vista igienico ed ora la pista è inutilizzata. Stasera si cena a churrasco mentre circola la voce che un auto a schiacciato in fazenda un pericolosissimo jararaca. E’ vero, ed anche noi lo potremo fotografare non lontano da qui. Fuori inoltre è esposta la pelle di un anaconda di sette metri. Prima di andare a dormire c’è Ferri che parla e le sue parole sono preoccupanti. Afferma che fino ad ora è stata una passeggiata(a noi non sembra proprio) e da adesso ci sarà veramente da lottare su un percorso difficilissimo che potrebbe diventare pericoloso e quasi proibitivo, con piogge come quella di stasera. Avverte che non sono fandonie e che il gruppo dovrà mantenersi più in colonna per evitare rischi inutili. Domani poi è in programma la tappa che entra nel parco nazionale dello Xingù e bisognerà prestare particolare attenzione nel territorio indigeno. E’ proprietà degli Xingù e non si può fare fotografie. Ci avverte che soprusi da parte loro sono all’ordine del giorno e l’anno scorso Apo, che fa parte dell’organizzazione ha visto sequestrata da loro la sua reflex in modo violento. Non tutti partiremo di mattina perché è molto lungo l’attraversamento in zattera del rio Xingù. Il traffico è gestito direttamente dagli stessi indios che si servono di un barcone che funziona con due motorini fuoribordo e l’andata - ritorno dura un ora e mezzo. Si decide che un primo convoglio di 15 Panda partirà la mattina presto ed arriverà fino alla fazenda Boncuccesso  dopo 340 km. Un secondo convoglio partirà più tardi facendo tappa a Sao Jose do Xingù. Sosterà li la notte e ripartirà il giorno seguente fino a ricongiungersi con noi alla Boncuccesso. I primi dovranno rinunciare al camion coi cuochi e l’assistenza tecnica e dovranno portare a termine  un percorso che si rivelerà per insieme di difficoltà e durata micidiale. Se accadranno guasti di particolare gravità non si potrà far niente e l’auto dovrà essere lasciata ai margini della strada. Ci penserà  in seguito l’organizzazione ed inoltre è severamente proibito guidare di notte nella riserva quindi in ogni caso abbandonare la macchina e salire su quella degli altri. Si mette alle votazioni chi vuole partire col primo gruppo ed io e Gianni diamo subito la nostra adesione. Sveglia alle 6.30 ed alle 8.00 partiamo. Raggiungendo il famoso Rio Xingù uno dei più grandi affluenti del rio delle Amazzoni. L’emozione è notevole perché questo è un luogo inaccessibile ai turisti. Per ottenere l’autorizzazione di transitare attraverso il parco nazionale Xingù la Safariland ha chiesto l’autorizzazione al governo brasiliano e poi al Funai(Fondacao nacional indios)organo per la protezione degli indios. Gli Xingù(tante tribù unite sotto lo stesso nome) una volta erano i padroni incontrastati della zona prima che i bianchi vi ci misero piede. Il problema degli indios richiederebbe da solo decine di pagine ma basti sapere che prima erano circa 3 milioni ed ora 150 -200.000 dopo eccidi e malattie. La loro terra è ricchissima e fa gola a molti ma il Funai sta cercando di conservargli dei territori dove continuare le loro tradizioni e stile di vita. Si intuisce però che non riusciranno per molto a reggere le continue infiltrazione estranee. Taluni di loro non si riconoscono più nella realtà nuova e si lasciano morire o rifiutano di mettere al mondo figli che un domani potrebbero essere infelici. Intanto le prime sette Panda sono salite sulla chiatta ed io vorrei parlare con gli indios che sono sotto una tettoia a mangiare manghi ed un piranha arrostito ma sento che non è il caso. La loro espressione è qualcosa di indescrivibile e sembrano apatici. Hanno la calma di chi si sente ormai impotente ma nello stesso consapevole di non avere più nulla da perdere e perciò  fare il bello e cattivo tempo. Chiedo ad uno dei ragazzini se posso fare un giro sulla sua canoa ma non mi risponde nemmeno allontanandosi con calma irreale. E’ gente finita, senza più identità. Il barcone torna dopo un ora e mezzo ed il carico seguente sarà più difficoltoso. Ci dovremo aiutare persino con travi per disincagliare la chiatta oppressa dal troppo peso e nel frattempo veniamo punti una ventina di volte da strane mosche. Stiamo ora attraversando questo enorme fiume attraverso il tratto di giungla  forse più vergine di tutto il viaggio. Raggiunta l’altra sponda e terminate le manovre si riparte, ma fermiamo dopo alcuni chilometri nel vedere un altra Panda bloccata in mezzo alla strada. Freniamo e scendiamo dall’auto per ammirare una terrificante caranghejeira (ragno) di circa 15 - 17 cm. pelosissima ed immobile in mezzo alla strada. Scatti fotografici a ripetizione e si riparte attraverso un pista divenuta improvvisamente fetida. La giungla qui è vicinissima, ci opprime e l’atmosfera è carica di umidità. La strada è zeppa di buche che assomigliano spesso a crateri e l’acqua le ha riempite tramutandole in trappole insidiose. Si va alla media di 20 km /h e mancano 90 km. Oggi ci sarà da ridere!. Poco più avanti dobbiamo spostare un piccolo albero caduto sulla strada ed ecco un auto che ha bisogno di assistenza. Siamo immersi in una giungla impenetrabile E’ già tardi quando usciamo dal parco e non abbiamo avuto alcun incontro con gli indios. Sono le otto di sera, le tenebre sono già calate mentre la pista si sta trasformando in un pantano. Innumerevoli rumori sono tutto intorno a noi. Angelo, la nostra guida, ci avverte dei pericoli quando sono presenti fermandosi in determinati punti e grazie alla sua esperienza ostacoli incredibili verranno superati da quasi tutti. Eccolo ora là, a lato di un vero lago dove di dice di passarlo a sinistra. Pare di essere al Camel Trophy!. Più avanti un ponte sconnesso e pericoloso obbliga Gianni a scendere per farmi delle segnalazioni. Molto spesso lo faremo con i soli sandali dato il fango pazzesco. Sono le 21.30 e la pista è un labirinto indescrivibile di buche fangose ed ogni tanto si è costretti a fermarsi per il superamento in colonna di qualche difficile ostacolo. Alle 21.45 un semilago ha impantanato una panda sulla sinistra. L’acqua è all’altezza della portiera ed il conducente esce dal finestrino. E’ persino difficile prendere appunti perché gli eventi si succedono a ritmo incalzante. Alle 22.15 ecco un ponte pericoloso,  15 minuti più tardi un  incredibile lago ed una Panda incastrata sulla destra. Un’altra tenta sulla sinistra ed anch’essa si blocca nel fango. Noi siamo fortunati perché riusciamo a sfruttare gli errori degli altri evitando guai. Ora però siamo tutti bloccati ma grazie a Dio l’auto davanti a noi tenta dalla parte centrale e anche se sembra sparire nel fango riesce bene dalla parte opposta. Così faremo anche noi e ci allontaniamo. Le altre auto verranno trainate fuori dalle Rayon Fissore della organizzazione. Siamo stravolti dalla stanchezza  e la velocità media è diventata ridicola. Ogni chilometro diventa lungo dieci. Ora dinnanzi a noi c’è un ponte con  due soli tronchi anche se grandi. Tocca a me scendere e lo superiamo. Sono le 23.30 e siamo di nuovo in mezzo ad una foresta fittissima. Un altra fenditura di 20 metri superata a zig zag e quindi arriviamo alla fazenda Boncuccesso. Dopo un po’ arrivano altri due stravolti e con gli occhi fuori dalle orbite. Meno male che domani si riposa ma mi sveglio con un incredibile prurito diffuso ed il medico al seguito consiglia di non grattarmi. Tutta la giornata la trascorreremo aiutando i locali nelle loro incombenze quotidiane con cavalli e zebù e chiedendo loro notizie, informazioni. Si viene a sapere che circa 3 - 4 mesi fa gli Xingù si sono presentati ai margini del parco con archi e frecce. Volevano finalmente sapere i confini precisi del loro spazio perché secondo loro avvenivano troppe infiltrazioni. Il loro capo è Ruanì che si presenta regolarmente a Brasilia con gli abiti tradizionali del suo popolo. A pranzo si viene a sapere che due partecipanti, nel tentativo di stanare un grosso ragno da una roccia sono stati inseguiti dal medesimo che è corso verso di loro con gli aculei alzati. Un’altra auto invece ha investito un serpente che attraversava la pista con la testa alzata. Il conducente è sceso proprio quando sopraggiungeva un camion di locali che si è subito fermato. Sono immediatamente interventi i suoi occupanti che hanno ucciso il rettile a bastonate. Era un xaraxa, detto cobra del mato che uccide in pochi minuti.  Facciamo un bagno in un ruscello vicino ma una ragazza mi avverte che ho la schiena piena di zanzare. Devo avere il sangue appetitoso!. Intanto conosco il giornalista del Jornal do Brasil che, stupito del fatto che parlo la sua lingua non mi lascia più. Dice di conoscere Megaron il capo carismatico degli Xingù e mentre aspettiamo le altre Panda del secondo gruppo si chiacchiera del più e del meno. Io ho tremila punture di zanzare e mosche. Di notte pioverà quasi tutto il tempo e di mattina dopo aver acquistato dieci litri di gasolina al mercato nero si riparte. Dopo colazione in una stamberga ecco un camion impantanato. La giornata inizia con pista molto brutta. Pochi chilometri ed incontriamo due vecchietti del nostro gruppo che hanno perso il copertone e la camera d’aria. Non si sa come abbiano fatto ma è vero. Passiamo due ponti difficoltosi dopodiché la trasmissione fa strani rumori. Finora non  abbiamo chiesto aiuti meccanici anche se la nostra auto ha subito traumi indicibili ma adesso sembra davvero che non ne potremo fare a meno. Gianni chiama l’assistenza sul canale ma non risponde nessuno. Perse le speranze si tenta nella retromarcia per sbloccare eventuali infiltrazioni negli ingranaggi e incredibilmente il rumore sparisce. Gianni,sei un mago!. D’ora in avanti lo chiamerò anch’io, come fanno i suoi amici a Roma ” er Modifica. La strada migliora anche se bisogna prestare sempre molta attenzione. Raggiungiamo il villaggio di Matupà dove facciamo rifornimento. Questa è una cittadina nata dopo il boom dell’oro. Tre, quattro anni fa era tutta selva ma quando hanno scoperto la ricchezza del sottosuolo hanno iniziato a disboscare e costruito negozi per i coloni. E’ arrivata gente da tutto il Brasile con l’illusione della facile ricchezza. Matupà è nata per l’oro e senza non avrebbe senso in questa collocazione. Andiamo a mangiare in un locale indicatoci, la churrascaria Espeto do Ouro facendo conoscenza col titolare che ci parla della malaria che qui miete vittime in continuazione. Siamo i primi italiani che entrano nel suo locale!. Non molto distante una segheria e più avanti, percorrendo la pista ecco Guarantà.  Qui incontriamo un ragazzo, un garimpeiro che proviene dal Rio Grande do Sul. E’ venuto qui per l’oro. Un gruppo di quattro persone che compra un motore per l’aspirazione qui può trovare 120 grammi d’oro la settimana. E’ oro puro all’ 85 % e lo vendono a 12-13 dollari al grammo. Si estrae oro dalle miniere di terra e nei fiumi. E’ abbastanza tardi e si decide di continuare verso la Serra do Cachimbo e lungo la strada scorgeremo anche un tucano. Una nota curiosa è l’essere entrato inavvertitamente in una buca con formiche rosse che mi hanno creato un prurito da matti. Sono punto in continuazione e dopo aver rimosso in fretta tutte le formiche  mi sono  messo a grattare come un matto. Alla fine del viaggio, una volta tornati a Rio, Rita mi dirà che una puntura della formica Tucandera provoca forti dolori anche per 24 ore. A fine tappa riesco a trovare una stanza per riposare meglio e fare persino una doccia. Domani è Natale ma si deve partire comunque anche se alle 9.30 e lungo una strada sconnessa ma senza particolari problemi. Questa è zona militare anche se non notiamo alcun distaccamento. La pista sale ora fra erosioni spettacolari ed un errore potrebbe essere fatale quindi  l’attenzione è raddoppiata. Il cielo è sereno e speriamo rimanga tale perché un acquazzone qui costringerebbe tutti alla sosta dato che si formerebbero fiumi improvvisi e cedimenti del fondo. Più avanti il fotografo del Jornal do Brasil compirà un errore che bloccherà tutti per più di mezzora rimanendo incastrato con le ruote di destra giù da un ponticello. Il percorso è davvero interessante e talvolta si ha l’impressione che la strada sia interrotta da una voragine ma invece, all’ultimo momento un passaggio tortuoso consente di proseguire. Con la pioggia questa strada sarebbe diventata assolutamente impraticabile. E’ affascinante!. Poco più avanti siamo costretti a guadare un fiume perché un camion di locali si è incastrato in un ponte. Nella sfortuna siamo stati anche fortunati perché se fosse stato un fiume più largo ci sarebbe servito un overcraft. Raggiungeremo il punto finale della tappa anche se non sappiamo ancora se sarà realmente quella. Per intanto possiamo ammirare il bellissimo panorama di alcune cascate. Il fiume Cachimbo infatti, in questo punto fa due piccoli salti consentendo a tutti noi di provare sensazioni uniche mettendosi con le spalle immediatamente dopo il salto appoggiandosi addirittura all’acqua che ci colpisce impetuosa. Per cinque minuti circa siederò su una roccia con davanti l’arco della cascata. Che divertimento!. Intanto è arrivato il patron Ferri che ci dice di proseguire ancora per sessanta chilometri. E’ sua intenzione  arrivare prima a Santarem per poter prendere la nave fino a Manaus ma è opinione comune che forse non ce la faremo. La strada è troppo brutta e probabilmente faremo il percorso fino a Manaus in aereo. Dopo aver acquistato un po’ di benzina al mercato nero arriviamo alla fine della tappa e festeggiamo il Natale. E’ il 26 di Dicembre e si riparte alle 10.40 dopo aver fatto riparare una gomma bucata. Tutte le mattine i meccanici sono impegnati nel riparare le auto ferite ma però non si può far partire gli equipaggi alle 11.00 dato che si ritroverebbero a guidare in condizione proibitive a tarda sera ed è molto pericoloso. Oggi, ad esempio, sarà la prova di come l’organizzazione sia riuscita a portare alla fine tutte le auto solo grazie alla sua buona stella. Da queste parti ci si dovrebbe fermare non più tardi delle 19.00 perché a questa ora calano le tenebre e la zona è pericolosissima trattandosi dell’eldorado amazzonico. La radio poi non mette in contatto con l’assistenza ed in caso di ferimenti o pericoli non avremmo potuto contare su nessun altri che noi stessi. La stanchezza accumulata è molta e la velocità a cui si è costretti ad andare alle volte per rispettare i tempi sarà molto più accentuata del consentito. La strada è sempre piena di centinaia di buche più o meno grandi ed a pranzo sostiamo in un localino a lato pista dove entreremo in cucina accertandoci dell’operato del cuoco. Si riparte, e dopo 80 km rincontriamo i due vecchietti del gruppo che stavolta però sono finiti giù da una scarpata. Hanno rotto il parabrezza ed il portapacchi con la tenda che è finita a 5 metri dall’auto. Loro fortunatamente non si sono fatti niente e con loro attendiamo gli aiuti. Quando arriva la Rayon noi ripartiamo ed arriviamo alla Fazenda Santa Monica dove era prevista la sosta ma dato che abbiamo guadagnato 60 km, su disposizione di Ferri si prosegue fino a Morais de Almeida . Non sarà una idea felice perché le tenebre sono già scese e mancano 70 km. Di sera, con queste strade e con questo buio  ci si può impiegare anche 3 - 4 ore. Verso le 20.30 dobbiamo superare un ponte difficilissimo che obbliga Gianni a scendere per visionarlo. Subito dopo incontriamo un camion che sta davanti a noi e pattina letteralmente nel fango. Sopra ha un trattore, quattro ragazzi ed una bicicletta. Viene da Cuiabà nel Mato Grosso 1.000 km più a sud. Quando questo mostro arriverà a destinazione dovranno dargli una medaglia alla volontà ed alla sagacia. E’ sensazionale la resistenza e la capacità di sopportazione di questi uomini!. Siamo spettatori delle sue manovre per circa un chilometro ma ai piedi di una salita si blocca nel fango e mentre ruggisce tentando di uscire noi lo sorpasseremo sulla sinistra. Questa salita sarà una di quelle che pur con le 4 ruote motrici ed in prima marcia ci farà rischiare di scivolare indietro senza possibilità alcuna di fermarci. In queste condizioni di guida pietosa, con nessun altra luce oltre quella degli abbaglianti, il cuore batte come un tamburo. Domani sapremo che quasi tutti gli equipaggi  si sono fermati a sei ore da Morais de Almeida e questa strada l’abbiamo percorsa solo noi e pochi altri. Sfiniti, alle 22.45 arriviamo al paesino di Riosinho, talmente sinistro che ne usciamo quasi subito. Tutto è insicuro qui, prima di tutto la vita umana. Alla periferia del villaggio c’è una sbarra. E’ un posto di blocco con un poliziotto, a dimostrazione della pericolosità della zona. Ce la alza e ci troviamo a superare un ponte di legno di inusitata pericolosità. E’ un ponte di 40 metri fatto con travi di legno ogni tanto mancanti  cosicché Gianni scende e con le sole luci di posizioni accese, dato che gli anabbaglianti lo accecano, mi dirige facendomi procedere col rischio continuo che le ruote scivolino incastrandosi  a penzoloni. Io ho paura perché, sceso in precedenza per controllare, ho reputato fosse impossibile passare ma ora sono in auto, teso come una corda di violino avanzando con le indicazione di Gianni. Talvolta,  una ruota o l’altra non aderisce completamente ed una volta di la mi sembrerà di avere vinto un terno al lotto. Subito dopo notiamo un grosso tronco lungo venti metri abbattuto sulla pista.  Locali lo devono aver segato perché spostarlo sarebbe stato impossibile. Altro posto di blocco  mentre la pista sta diventando davvero impraticabile e siamo dentro ad una vera e propria giungla. Bucare una gomma qui e dover scendere per sostituirla sarebbe da ridere. Tutto intorno decine di suoni misteriosi!. La pista è larga solo tre metri e da ambo i lati è solo foresta in mezzo ad un oscurità da tagliare a fette. Siamo solo noi e nessun altro!. Da brividi!. Forse questa è la serata più pazzesca della mia vita e dopo un altro tratto di 500 metri da delirio sostiamo  a ridere come due deficenti. Siamo rincretiniti dalla fatica e dalla paura. Sono le 23.30 ed ecco un altro ponte. Basta!!. Morais de Almeida arriva alle 23.45 e ci direzioniamo all’hotel Eldorado. Recupero una stanza e buonanotte. Giorno 27 dicembre. Siamo nella zona aurifera più ricca del Sudamerica. C’ è una piccola pista d’atterraggio che porta i garimpeiros alle miniere d’oro sparse nella selva impenetrabile. Questi uomini non esitano un attimo a pagare 4.000 – 5.000 cruzados per farsi portare là e cercare il biondo metallo. Il pericolo della malaria è altissimo ma si sa che questi sono avventurieri e sarebbero disposti a morire pur di arricchirsi. Ancora inebetito dalle fatiche di ieri parlo con un omone  proprietario di due aerei da turismo  che per 200 dollari si dichiara disponibile a portarci nella selva con un apparecchio che dovrebbe arrivare tra mezzora circa. Lo scoop ha dell’incredibile ma non trovo nessuno disposto a venire con me. Hanno tutti paura della malaria e del tempo che si perderebbe. Maledetto tempo!. Avremmo potuto sorvolare 15 minuti la selva ed entrare a vedere i garimpeiros a lavoro. Siamo vicino ai 40°c , ripartiamo e dopo un posto di blocco abbiamo un guasto ai freni che “modifica” prontamente risolve. La pista è più brutta di quella di ieri ma almeno è giorno!. Tocca a lui ora a guidare ed ecco un pericolo!. A sinistra fango ai ginocchi, a destra lago di mezzo metro ed in mezzo un camion impantanato che sta per esser trainato fuori dalla fanghiglia da un altro mezzo. La situazione, una volta uscito il camion è apparentemente senza soluzione perché anche al centro si è formata una palta di fango e piccoli rami inestricabile. “Modifica” esce e dato che è ingegnere studia la situazione e il lato migliore. Dopo alcune sistemazioni al lato centrale mettendo altri tronchi si dichiara convinto di superare l’ostacolo. Rimonta in auto e parte…patapunfete!. La macchina si incastra in un mare di fango. Da qui non usciremo più se non con l’aiuto dell’assistenza ma io anticipo i tempi e parlo con dei locali che si dichiarano disposti col loro camion a tirarci fuori. Leghiamo le vettura e ci estraggono dal di dietro. L’ostacolo però non è superato. Si decide ora per il lato destro dato che gli altri due sono impossibili. Gianni questa volta entra troppo veloce  sollevando una quantità di fango enorme. A mollo di nuovo!. Esce facendo i miracoli dopodiché richiamo il camion che ci trascina nuovamente fuori. Questa volta però lo faccio andare prima all’altra sponda in modo da trascinarci fuori dalla zuppa. Li ringraziamo sostando poco dopo in un bar di dubbia fama dove mi toglierò un quintale di fango dai vestiti. Tre chilometri dopo uno dei nostri è incastrato sulla sinistra. Cerchiamo di aiutarlo a togliersi dagli impicci ma niente da fare cosi decido di chiedere aiuto ad un altro camionista.  Proseguiamo, ma ancora una volta Gianni sbaglia ed invece di tenere completamente la destra  scivola un po’ a sinistra incagliando la Panda su una cresta di fango. Spinta di tutti e si riesce a proseguire. Più avanti un autobotte è sprofondata con le ruote posteriori e ci vuole un camion per estrarla. Sempre nello stesso punto un autobus della Transbrasiliana che segue fa la stessa fine. L’autista  chiede ai passeggeri di scendere a spingere. Mi scappa da ridere ma mi trattengo in tempo!. Avanti qualche chilometro altra figura da certosini. C’è una strettoia ed un camion dalla parte opposta è già entrato. Gianni, che oggi non riconosco più come tale, invece che aspettare che il mezzo esca si inserisce anche lui per poi dover obbligatoriamente sterzare a destra per farlo passare. Il risultato è che siamo di nuovo incastrati in mezzo. Gli urlo dietro frasi irripetibili perché ora chi ha il coraggio di farsi aiutare dal camionista appena passato!. Mi faccio forza scherzando  ma so perfettamente la figura da cretino che sto facendo. Ci disincagliano e poi prendo io il volante. Fa un caldo opprimente e siamo stanchissimi cosi sostiamo in un localino che per fortuna ha la doccia cosi mi tolgo il fango che ho persino sui capelli. Solita frittatona e quattro battute con il camionista li presente che gia avevamo incontrato in precedenza. Lo soprannominiamo Lotar ed è una sagoma di una umanità profonda. Gli regaliamo una maglietta della Safariland e lui ci offre una birra. Si fa amicizia con tutti i presenti. Gianni non ama stare al posto del passeggero dopo mangiato e perciò riprende la guida ma oggi è davvero giornata no e ….ripatapunfete. Io mi sono appena pulito e quasi profumo quindi è abbastanza comprensibile che aprendo lo sportello e vedendo tutto quel fango che mi aspetta voglia fare di colpo giustizia sommaria. Ci rendiamo conto che non usciremo da soli e confidiamo nella venuta di Lotar che abbiamo lasciato poco fa. Come fosse il nostro angelo custode eccolo che sbuca da dietro la curva. La scene che ne segue è esilarante. Lui vorrebbe farci ancora bere ma poi si concentra solo sulla nostra disgrazia e siamo ora liberi. Per l’ennesima volta si guida ancora nell’oscurità fra saliscendi insidiosi. La meta è ancora lontana e ci aspetta una tappa ancora massacrante senonche, ad uno spiazzo, due dei nostri(Carlo e moglie) con una torcia ci fanno segno di fermare. La loro Panda è ai minimi termini e ci chiedono di restare li con loro a pernottare dato che hanno paura. Mancano settanta chilometri e non ce la sentiamo di lasciarli soli ma  poi passa un camion dell’organizzazione. Dietro ci dice che è un ecatombe di Panda con trasmissioni saltate, cambi e semiassi rotti e ritardo notevole. Tutti noi abbiamo l’ordine di trasferirci domani a Post Caracul, previsto ritrovo di oggi ad attendere l’arrivo di Ferri. E’il giorno 28 Dicembre e si riparte alle 8.30  raggiungendo abbastanza bene la località ordinataci in attesa dell’arrivo del capo che ci consente poi il via fino a Rurapolis. Lungo il tragitto però improvvisamente non entra più la seconda marcia ma io ho “er modifica” che  anche stavolta, in modo del tutto artigianale riesce a risolvere il problema. Con un sottile rametto toglie un sassolino che inopportunamente si era messo nella leva del cambio. Dopo pranzo siamo spettatori di una scena che si era negata fino ad ora. Un serpente di un metro e mezzo ci attraversa la strada da sinistra verso destra dileguandosi poi nella boscaglia. Il tutto si è svolto così repentinamente che non l’abbiamo nemmeno assaporato ma mentre sto guidando in tutta rilassatezza più avanti noto al centro della pista quello che mi sembra essere un ramo. Avvicinandomi però i dubbi che lo sia si acuiscono e dopo averlo superato freno di colpo impaurendo Gianni. Innesco la retromarcia e mi accorgo che il ramo è sparito. Gianni immagina il perché del mio dietro front e mi urla di guardare a  sinistra infatti eccolo li ai margini della strada. Mi avvicino lentamente illuminandolo con gli abbaglianti. E’ un serpente che assomiglia molto ad un crotalo. Non so che fare e d’istinto abbasso il finestrino per tentare di osservarlo meglio.  Improvvisamente il serpente alza la testa e striscia verso il ciglio stradale con l’intento di entrare nella boscaglia. Voglio avvicinarmi ancora ma quasi gli schiaccio la coda e lui fa un salto di venti centimetri sparendo. Improvvisamente ci tornano alla memoria quante volte siamo scesi incautamente di sera e persino coi sandali. Sarebbe bastato un po’ di sfortuna e forse ora non sarei qui a raccontarlo.  Dopo una morso, molto spesso non è sufficiente solo un siero, ma anche il ricovero in una struttura adeguata. Arriviamo a Ruropolis raccontando il nostro episodio agli altri. Il viaggio sta arrivando a conclusione infatti per domani è prevista l’ultima tappa con arrivo a Santarem. Di mattina si riparte con 40°c. e dovremo fare i conti con questi ultimi 225 km E’ un fondo duro, di terra ondulata e con creste a poca distanza l’una dall’altra. Dopo 150 km non riesco nemmeno più a parlare correttamente ma tartaglio e quando ci sembra tutto finito ecco la sabbia. Incredibile, come nel deserto!. Ce n’è talmente tanta che la Panda scivola di qui e di là. Abbiamo i finestrini abbassati ma lei entra ovunque e ci ritroviamo completamente bianchi. Vorremmo arrivare primi a Santarem ma quando pensiamo di avercela fatta ecco una altra Panda davanti a noi. Per raggiungerla le ho tentate tutte ma abbiamo poi preferito salvaguardare il mezzo. Dopo 4.000 km, durante i quali la Panda ne ha subite di tutti i colori siamo arrivato salvi alla fine del raid. Le condizioni delle Panda però non saranno nulla a paragone delle Rayon Fissore dell’organizzazione: letteralmente distrutte. Appena entrati a Santarem ci si dirige subito al fiume. In questa zona si ha la confluenza del Tapajos  nel Rio delle Amazzoni e si nota in lontananza il differente colore delle acque dei due fiumi. Arriviamo alla spiaggia e in un attimo siamo in fresco. Dopo mezzora si va in albergo, al Tropical per sistemarci. Doccia e poi fuori alla scoperta della città, tranquilla, discreta molto lontana dal casino di Manaus. La giriamo in lungo ed in largo. Di sera ceneremo al ristorante Storil ed il palato finalmente ringrazia. Gusteremo un fantastico Tucunarè(pesce amazzonico) con un bianco Duvalier divino. Passeggiata e a letto!. La mattina seguente ci si prepara alla sfilata delle Panda che attraverseranno tutta la città. L’avvenimento deve essere clamoroso perché il pubblico  che accorre è parecchio. Quelli della Rai stanno filmando tutto. Arrivati alla Fiat, spumante di rito e ci consegnano un ricordo dopodiché torniamo col pulmann. E’ nostra intenzione andare ad un sito di cui ci hanno parlato molto bene perciò con un taxi raggiungiamo Alter do Chao. Sarà un po’ fuori mano ma un escursione fantastica sulle rive del Tapajos su affascinanti spiagge di sabbia bianca. Ritorniamo in città e di sera ancora allo Storil dove questa volta assaggeremo il Pirarucù. E’ l’ultimo giorno dell’anno ed alle 5.00 del mattino si parte in volo per Manaus dove l’organizzazione ha affittato una nave dove soggiorneremo. Una volta là, puntata al ristorante Panorama dove apprezzeremo le carni di un altro pesce amazzonico: il tambaqui. Di sera io rimango sull’imbarcazione a festeggiare l’anno nuovo con l’equipaggio mentre la maggior parte dei partecipanti si recano al Tropical dove c’ è una festa. Domattina voglio essere in forma perché questo pomeriggio ho organizzato con Cristovao, il personaggio che conobbi l’anno scorso e che organizzo l’escursione di tre giorni nella selva con Gosia, una giornata particolare. E’ il primo Gennaio. Io e Gianni ci stiamo recando all’appuntamento con Cristovao che ci ha riservato una lancia per quattro persone allo stesso prezzo di due e si parte dal porticciolo turistico. Una lancia tutta per noi significa tanto spazio e liberta massima mentre tutti i nostri compagni di viaggio parteciperanno ad una breve escursione all’incontro delle acque. Anche noi ci arriviamo dopo circa 20 km. e poi chiedo alla guida se si può tuffarsi. Risponde affermativamente e in un attimo sono dentro il fiume, nel rio delle Amazzoni seguito dopo anche da Gianni. Stiamo nuotando esattamente nel punto in cui il Rio Negro ed il Solimoes si uniscono per formare il grande fiume. Le sensazioni sono indescrivibili e passiamo  dall’acqua del Rio Negro a quella del Solimoes, rossa e di 6° -7° più calda. Risaliamo proseguendo in un affluente del Solimoes lottando in ogni momento con la vegetacao rasteira(zolle di vegetazione che navigano nel fiume). Verso le 11.30 incontriamo alcuni amici della nostra guida che stanno pescando degli strani pesci con l’ausilio delle sole mani e mi tuffo immediatamente cercando anch’io di prenderne uno ma non ci riuscirò. Li chiamano Bodo e vivono in buche nel fondo melmoso del fiume. Il tempo trascorre piacevolmente in un ambiente unico. E’ ora di pranzo e caso fortunato ci portano da Augusto lo stesso ragazzo che conoscemmo l’anno scorso io e Gosia. Che grande festa quando mi riconosce!. Mi presenta sua moglie mostrandomi poi il figlio nato nel frattempo. Si ride e si scherza davanti a squisiti filetti di pirarucù. Li saluto con un briciolo di commozione e facciamo una puntata alla victoria regia con numerosi coccodrilli sottostanti. Si decide ora di andare a pescare i piranha e trovato un posto adatto buttiamo le lenze. La guida farà la parte del leone e ne prenderà  6 o 7. Noi due ne pescheremo insieme solo tre. Gianni ne cattura uno bello grosso quando di colpo mi produco in una caduta clamorosa quanto ridicola dalla lancia. Ricordando la bestia catturata da Gianni poco fa tento di risalire dalla barca velocemente ma scivolo e ricado in acqua. A questo punto faccio finta di niente e me ne vado al largo con delle grandi bracciate. Io so che i piranha non mi attaccheranno ma Gianni no e rimane per un attimo come inebetito. Ormai sta scendendo la sera e si decide di andare  a catturare i jacarè con l’uso delle torce. La nostra guida ne prenderà solo uno piccolino mentre uno più grande scapperà sott’acqua. Ritorniamo in seguito alla nostra barca facendoci accompagnare giusto fin sotto la poppa dove saliremo attraverso una scaletta. Sistemiamo tutte le nostre cose e poi ci rechiamo sul ponte a mangiare qualcosa. L’indomani mattina partiremo per l’aeroporto di Manaus dove con un DC10 della Transbrasil faremo ritorno a Rio dove arriviamo alle 11.00. Chiamo i miei amici brasiliani e mi dicono che verranno a salutarmi all’aeroporto cosa che simpaticamente faranno. Tanti bacioni e a presto!. Un volo mi riporterà a Roma e quindi in treno a Milano con altri due compagni di viaggio di raid.  E’ stata un esperienza grandiosa e per certi aspetti mai tentata fino ad ora.

 Proprietà letteraria riservata. Copyright © 2004 Daniele Mazzardi
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