2010  BUCAREST

La vittima di Ceausescu

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Zona Plata Revolutiei - Chiesa Bianca

Dopo un volo di due ore giungo all’aeroporto Otopeni della capitale romena. Il bus 783 mi porta in città e in circa trenta minuti scendo a Plata Romana. A piedi per Bulevardul Dacia fino al mio Hostel Central nei pressi di Plata Gemini. Mi registro e quindi riesco dirigendomi verso la commerciale Calea Victoriei, la principale arteria nord-sud della città, circondata, ad ogni lato, da edifici storici. Prima visita alla chiesa bianca, uno dei numerosi edifici religiosi ortodossi della capitale. L’ammiro dall’esterno, perché chiusa, proseguendo poi fino a Plata Enescu dove sono presenti la sala per concerti Ateneu Romane e l’Athenée Palace, il più famoso albergo di Bucarest. Inaugurato nel 1912, ha visto tra le sue stanze tanti intrighi e inganni delle spie internazionali che si alternavano qui tra gli anni ’30 e 40’.  E’ l’unico giorno in cui posso visitare il Muzeul National de Arta perciò decido di entrarvi. Bel palazzo di stile neoclassico, divenne in seguito palazzo reale quando Alexandru Ioan Cuza venne eletto primo principe dei Principati uniti di Romania nel 1859. E’ presente anche una mostra temporanea dedicata al mito di Dracula e la visito ammirando quadri, oggetti e capi di vestiario. Ma il climax del museo è la collezione di icone, in numero davvero notevole, meno degna di nota quella di quadri. Ciò che non si dimentica però sono le straordinarie iconostasi presenti in alcune sale. Le ammiro per la prima volta in vita mia e c’è davvero da restare a bocca aperta. Le iconostasi sono delle pareti divisorie decorate con icone che separano la navata delle chiese ortodosse dal presbiterio dove viene effettuata l’eucarestia. Tale separazione pare fosse dovuta all’esigenza di regolamentare l’entusiasmo dei fedeli verso l’altare con il sacramento. Uscito dal museo eccomi ad ammirare la plata Revolutiei, grande spazio aperto circondato da strade ad ampio scorrimento. Tra il 21 e il 22 dicembre 1989 fu scenario di violenti scontri tra i rivoluzionari e le forza di sicurezza fedeli a Caeusescu. I fori di proiettili sopra la libreria Humanitas, sul lato sud della piazza, sono a ricordo delle persone che persero la vita in quei giorni. Meno commovente è il monumento della Rivoluzione al centro che dovrebbe rappresentare la libertà che si apre un varco attraverso il filo spinato, ma la gente del posto dice che assomiglia più ad una oliva su uno stuzzicadenti. Più caratteristico è l’edificio in vetro, sede dell’unione degli architetti di Bucarest, costruito all’interno delle mura di una casa distrutta durante gli scontri. Nel venire in questo paese ero preoccupato di due aspetti che minacciavano la mia serenità: il primo era rappresentato dal grande numero di cani randagi presenti. Ce ne sono moltissimi infatti. Avevano pensato di risolvere il problema, ma gli abitanti della città vi ci sono affezionati e loro circolano liberamente per le strade, soli o in gruppo. Bisogna stare attenti e allerta, ma in effetti non costituiscono un serio problema. In caso di morsi bisogna farsi vedere da una struttura ospedaliera per le misure antirabbiche. L’altra preoccupazione era la fama negativa che il popolo rumeno si è fatto in terra italica. Si avverte, in giro un atmosfera di decadenza, di povertà diffusa, dimostrata dall’abbigliamento locale, dalla condizione della maggior parte dei palazzi, dallo stato dei negozi e delle strade, spesso impraticabili da buchi che paiono voragini, ma i rumeni vivono questa condizione con estrema dignità e decoro. Non ti infastidiscono mai e mi hanno davvero impressionato. Altra cosa sono i gitani che mendicano e spesso si incontrano nei mercati, quelli, si sa, sono uguali in tutta Europa. Proseguendo nel racconto, e sempre nella grande plata Revolutiei, ammiro ora la  biserica (chiesa) Cretulescu. E’ la chiesa più famosa e una delle più antiche della città. Danneggiata durante i disordini del 1989, è stata magnificamente ristrutturata e la maggior parte dei suoi affreschi sono intatti anche se non posso ammirarli dato che la stessa è chiusa. Un occhiata alla Sala Palatului, famosa tra gli architetti di tutto il mondo per il suo insolito tetto concavo che sfida la forza di gravità. Durante il periodo comunista venne usato per accogliere l’assemblea nazionale rumena, ma oggi ospita concerti e produzioni teatrali. Prenoto la cena al famoso ristorante Vatra e proseguo la mia visita dirigendomi al Palatul Cec, meglio noto come Financial Plaza. Nei pressi è il fiume Dambovita che taglia Bucarest. Da qui riprendo la Calea Victoriei risalendo fino al museo di storia e svoltando nel vecchio centro della capitale, ormai scomparso o sotto forma di ruderi. Oggi si tenta di portarlo ai fasti d’un tempo, ma saranno necessari anni perché questo sia possibile. Comunque è un quartiere ricco di negozi e locali, dove risulta piacevole perdercisi dentro. Visito la Bisurica Dumitri che, all’interno presenta pregevoli icone e una bella pala d’altare. Bucarest divenne una città importante quando Vlad III Tepes trasferì la sua corte nel 1450 ed eresse il suo palazzo principesco a Curtea Veche. Di esso rimane ben poco qui nel centro, essendo stato quasi interamente distrutto da una serie di incendi scoppiati nel XIX secolo. Se ne possono notare alcuni resti, scoperti solo nel 1967 durante scavi archeologici dietro un cancello nei pressi della chiesa omonima. E’ ora di recarmi al ristorante prenotato. Mi sistemo nella sua sala principale e ordino una ciorba de fasole (minestra di fagioli), tipica zuppa rumena. Come secondo, degli involtini realizzati con foglie di cavolo, ripieni di carne e serviti con polenta. Il tutto con una bottiglia di merlot rosso rumeno Cavalerului del 2008 di 13 gradi. Mentre me ne ritorno all’ostello, in plata 21 Decembre assisto ad un concerto sinfonico all’aperto davvero coinvolgente. Il giorno seguente, dopo colazione, percorro il Bulevardul Dacia fino all’incrocio con Calea Mosilor, un ampio viale pieno di negozi e vecchie abitazioni che mi porta fino a plata Obor dove si dice si possa assistere alla vera vita rumena. Tutto intorno i casermoni dell’era comunista. Mi dirigo verso il grande mercato coperto che ha da poco aperto. I mercati sono il luogo più ruspante da ammirare in qualsiasi paese e questo non sarà da meno. Le bancarelle vendono le specialità locali, molti insaccati e salsicce (il maiale nella cucina rumena ha un ruolo predominante), un curioso formaggio molle simile alla feta greca. E’ un piacere passeggiare al suo interno, come anche nell’attiguo mercato di frutta e verdura ed osservare la gente che esamina la merce, contratta, compra. Per la verità sono venuto qui anche per rendermi conto di persona dei problemi della società rumena. Da anni si parla in modo insistente dei bambini di strada della capitale e voglio accertarmi della loro esistenza proprio andando nei luoghi dove possano essere più presenti, come intorno alla Stazione Centrale dove mi reco in metro dopo la piacevole visita al mercato.  Vorrei illustrare a grandi linee ora questo spinoso problema locale. Nel 1966 il regime decretò la messa al bando di qualsiasi forma di contraccezione e aborto ed introdusse altre politiche a sostegno dell'incremento del tasso di natalità inclusa una tassa tra il dieci e il venti per cento del reddito sia per gli uomini che per le donne (sposati o celibi/nubili) che dopo i 25 anni fossero rimasti senza prole. Madri che avessero più di cinque bambini ricevevano vari benefit, mentre le madri di più di dieci bambini (erano dichiarate madri-eroine) ricevevano una medaglia d'oro, una macchina gratis, trasporto gratuito sui treni ed altri bonus. Sotto il conducator scarseggiavano anche i più comuni generi alimentari, ma tutti avevano un lavoro fornito dallo Stato. Negli anni ottanta, Ceauşescu ordinò l'esportazione della maggior parte della produzione agricola ed industriale del paese per rimborsare i debiti. La penuria nazionale risultante trasformò la vita quotidiana dei cittadini rumeni in una lotta per la sopravvivenza, fu introdotto il razionamento del cibo e la mancanza di riscaldamento, la penuria di benzina e le interruzioni di corrente divennero la regola. Il debito fu pagato interamente nell'estate del 1989, poco prima che Ceauşescu fu detronizzato. Con la fine del comunismo, la Romania intraprese un processo di liberalizzazione economica che lasciò milioni di famiglie senza un impiego. I più intraprendenti si adeguarono, iniziando a formare un embrione di classe media. I più poveri, diventarono ancora più poveri. Per molte famiglie era impossibile mantenere i figli, che finirono così negli orfelinat o trovarono posto in strada. Ora i bambini di strada di Bucarest sono meno di una volta. Ma solo perché sono cresciuti. Con la rivoluzione rumena chiusero gli istituti per minori dello Stato e i piccoli figli di nessuno, gli orfani, i senza casa, vennero cortesemente accompagnati sul marciapiede di fronte all'orfanotrofio. Chiedono l’elemosina, lavano le auto, puliscono parabrezza ai semafori, rubano e si prostituiscono. Vivono nelle fogne di Bucarest, migliaia di metri di sottosuolo riscaldato dai tubi grigi dell'acqua bollente, un pavimento di fango e di rifiuti umani. Il 60 % di questi ragazzi aspira l'Aurolac, un solvente da pochi soldi cha da ebbrezza come una vera droga. Poi un lungo down durante il quale si hanno gli effetti di una sbornia orrenda, crescita dell'aggressività, pulsione all'autolesionismo. Questo è il problema che affligge la capitale Bucarest e del quale vorrei sapere e vedere nel poco tempo a mia disposizione. Mi aggiro nei dintorni della stazione, persino all’interno ma non noto niente di particolare. Durante la mia permanenza m’imbatterò certo in qualcuno di loro, ma ai miei occhi non è apparso un problema così evidente. Da accennare è anche il fatto che Bucarest è controllata da un numero notevole di poliziotti che scoraggia qualsiasi azione di malintenzionati, ce ne sono ovunque, nelle strade, nei vagoni della metropolitana, nei mercati, nei luoghi turistici. E’ ovvio che la sicurezza è maggiorata in questo modo e forse dovremmo imparare qualcosa da loro invece che criticare noi i rumeni per le loro attività criminose. Qui in Italia ci giungono comunque solo i delinquenti, coloro ben consapevoli che là, da loro, non si possono permettere di violare la legge. Essendoci da noi l’immunità per coloro che delinque, ecco spiegato il motivo della loro emigrazione all’interno dei nostri confini. Ritorniamo al resoconto del viaggio che ora mi porta in metro a Plata Unirii. M’incammino verso il primo monastero che vorrei visitare, quello di Radu Voda, ma prima, proprio di fronte all’ingresso principale, la mia attenzione è attratta da una graziosa chiesa ortodossa, la biserica Bocur Ciobanul costruita nel XVII secolo dai monaci del Radu Voda. L’interno è un piccolo gioiello, con icone e una graziosa iconostasi, una fedele è a colloquio con un austero prete. Mi dirigo quindi al monastero visitandone prima la chiesa, iniziata dal principe Alexandru Mircea e finita dal figlio nel 1595. Il complesso è pregevole e vi entro durante la celebrazione della messa, così differente dal rito cattolico. Preti, fra i quali uno che canta con voce solenne, la gente in piede, poche sedie. Su un tavolo appartato dei cibi, del pane pronti per essere benedetti, pareti affrescate e una straordinaria iconostasi. C’è un tempietto e una piccola fila di fedeli che vi accedono, inchinandosi, baciando il reliquiario, una dimostrazione di trasporto esente dalle chiese occidentali. Esco dalla chiesa e, sulle pareti del portico, ammiro gli affreschi che lo decorano. Sono stato molto fortunato ad assistere alla funzione religiosa, saranno i momenti più intensi, qui ed in altre chiese, del viaggio nella capitale rumena. Mi reco ora ad un altro dei pezzi forti di Bucarest, il Palatul Patriarchal (palazzo patriarcale). Percorso un bel viale alberato, eccomi di fronte al complesso che è il cuore spirituale della Chiesa ortodossa rumena sin dai tempi della sua costruzione e residenza del suo capo, il patriarca Teoctist. Anche in questo caso sono molto grato alla sorte che mi fa trovare la chiesa aperta, lo è di rado, consentendomi di ammirarne la sua fantastica e sfarzosa iconostasi, le sue icone sparse sui muri. E un tempio con reliquario dove la gente si prostra in adorazione al santo di turno. La funzione religiosa è appena terminata, ma pare che l’ambiente sia ancora saturo di un alchimia religiosa commovente. Uscito, ammiro le altre costruzioni presenti come la torre campanaria e quindi mi dirigo verso il vicino Bulevardul Unirii, un viale enorme che conduce alla famosa Casa Popolurui. Nessuna città europea è cambiata tanto nel dopoguerra come la parte sud di Bucarest tra il 1984 e il 1989. La strada più lunga e larga della città, Bulevardul Unirii, non esisteva, come tutte le strade vicine alla casa del Popolo Al loro posto si snodava un groviglio di stradine costeggiate da affascinanti case in stile fin-de siecle. L’intero quartiere fu raso al suolo nel 1984 per lasciare posto ad un nuovo Centro Civico il cui progetto si basò su quello della capitale nord-coreana Pyongyang. Oltre alle case furono demolite decine di chiese, uno stadio, un monastero e due ospedali. L’idea dei progettisti era di creare una città nella città, che potesse ospitare tutti gli organi direttivi del partito comunista. Chi abitava negli appartamenti della zona distrutti per far posto al nuovo edificio, venne ricompensato miseramente con piccoli appartamenti, privi di riscaldamento all’estremità nord occidentale della capitale. Man mano che percorro il lungo viale, con fontane e giardini al centro, e la grandiosa costruzione si avvicina, mi rendo conto dell’immensità dell’edificio. Fu voluto da Nicolae Caeusescu come solenne celebrazione della sua carriera militare e politica. Si dice sia il secondo edificio più grande del mondo dopo il Pentagono, con i suoi 100 metri di altezza e gli oltre tre chilometri di circonferenza. E’ oggi sede del Parlamento rumeno, del Senato e del museo di arte contemporanea.  Il palazzo sorge su una collina naturale, ha sei piani e 21 corpi. Acquisto il biglietto che mi da diritto alla visita guidata che comincerà fra poco. Il giro comincia dalla straordinaria sala di fronte all’ingresso principale, pavimento in marmo come le due stupende scale, una di fronte all’altra, colonne maestose sormontate da capitelli scolpiti, un grandioso lampadario centrale e le porte laterali in legno pregiato di mogano, donato da un altro terribile dittatore contemporaneo di Caeusescu, Mobutu Sese Seko dello Zaire. Si salgono le scale entrando in altri saloni stupendi come lo squadrato salone dei diritti dell’uomo, i suoi tappeti, i legni delle pareti, il fascinoso lampadario centrale. E poi ancora la sala Nicolae Balcescu con le sue preziose colonne di marmo rosa e le sue pregiate decorazioni, la grandiosa sala dell’Unione con la sua profusione di marmi sulle pareti, pavimento e colonne, la sala Ionescu e la bellissima galleria degli Arazzi. Infine si giunge al terrazzo da dove si gode di una bellissima vista su Bucarest, specie della Plata Constitutjei, un semicerchio di edifici governativi. E’ stata un esperienza preziosa, una perla che da lustro alla mia esperienza in terra di Romania. E’ ora di recarmi all’altro monastero delle vicinanze, il Mihai Voda, risalente al 1601. Accedo alla chiesa che possiede una graziosa iconostasi, icone e tempietti.  Sono stanco e decido di gustare un panino in un locale qui vicino, prima di proseguire verso il monastero Antim. Vi si accede da un bel portale di fronte al quale c’è un cortile che dà sulla chiesa. L’iconostasi in pietra intagliata, due bei mosaici raffigurante Gesù e la Madonna. Passeggio quindi all’interno del monastero osservando i preti ortodossi che fuori parlano con alcuni fedeli e quindi mi dirigo verso il centro dove visito un altro piccolo monastero, lo Stavropoleos che completa quelli presenti in città. Nella stessa via è presente il noto ristorante Carù cu bere dove prenoto per la cena. La giornata sta volgendo al termine e così passeggio lentamente in Cala Victoriei ad ammirare le vetrine dei negozi. Sarà una bella sorpresa la biserica Slatari. Dentro è in pieno svolgimento la funzione religiosa alla quale assisto a lungo, estasiato dai riti che i fedeli ortodossi rumeni adempiono, dal trasporto con cui rispondono ai vari passaggi della liturgia. Anche qui, vicino alla bella iconostasi, un tavolo ricolmo di cibo. Sulla sinistra un reliquiario dove la gente, a turno, s’inchina, si prostra, bacia la teca con un trasporto commovente. Completo le visite della stupenda giornata con la chiesa russa di san Nicola, in ristrutturazione all’interno, ma fuori piacevole con le sue tipiche cupole a cipolla. Fu eretta per volere dell’ambasciatore russo a Bucarest. Veloce puntata fino in plata Universitate dove c’è il teatro nacional e quindi raggiungo nuovamente il ristorante regalandomi una cena sontuosa. A un primo di chorba fasole (zuppa di fagioli) servita all’interno di una pagnotta scavata dalla mollica, faccio seguire un altro piatto tipico della tradizione rumena, carne di maiale servito con polenta e crauti. Il tutto bagnato da una deliziosa bottiglia di rosso rumeno, un pinot noire barrique special reserva 2008 della Praheva valley e da musiche della tradizione. L’indomani ho poco tempo a disposizione perciò prendo un taxi che mi porta fino a Plata Presei libere. La giornata è molto nuvolosa con una minuta pioggerella che però non disturba in alcun modo la semplice contemplazione della Casa Scantell, primo grande progetto di edilizia comunista. E’ una replica, in piccolo del palazzo della scienza e della cultura di Varsavia. Fu costruito per ospitare le redazioni di tutti i giornali dell’epoca comunista oltre all’agenzia di stampa statale. Anche oggi svolge la stessa funzione anche se i giornali sono ormai di proprietà privata.  Con un autobus mi reco quindi alla piazza successiva dove c’è l’Arc de Triumf. Leggermente più piccolo del suo cugino parigino, l’arc fu costruito nel 1930 in onore ai caduti della Prima guerra mondiale. Ora, prima di tornare col pullman 783 all’aeroporto Otopeni, mi voglio concedere una visita al Museo del Villaggio. Re Carol I fondò questo museo all’aperto del 1936 perché i cittadini di Bucarest potessero vedere come vivevano i contadini del loro paese. Portò qui, da tutte le regioni della Romania oltre 60 case, fattorie, stalle, mulini a vento e ad acqua e persino delle chiese. Passeggio fra i suoi sentieri ammirando la struttura della case, quella di Maramures in special modo e poi la biserica Dragomiresti, proveniente dal nord rumeno. Bene, è ora di tornare all’aeroporto e quindi in Italia.

 

 

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