2013  CIPRO

Una nazione divisa

 

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Platanistasa - Chiesa bizantina - Timios Stavros tou Agiasmati - Affresco con Agios Mamas

 

Ed eccomi qua, un’altra volta, alla Malpensa, zaino in spalla ad imbarcarmi su un volo Easy Jet, direzione Larnaka, nell’isola di Cipro. Era ora, dato che aspetto ormai da 50 minuti! Si parte alle 17.00 e atterro tre ore dopo alle 21.00 ora locale. Prendo possesso di una Jimmy Suzuki alla locale Avis e mi infilo nel buio pesto verso l’Elysso hotel, già  prenotato dall’Italia. Rapido sguardo al programma, impegnativo, di domani e mi butto sotto le lenzuola. Lunedì la sveglia è con i galli, alle 5.30 sono già per strada. Presa l’autostrada, direzione Limassol, esco a Choirokoitia dove trovo un bar aperto per fare colazione. Ora dovrò inoltrarmi sui monti Troodos, i veri custodi dell’anima più tradizionale e profonda di Cipro. Da qui provenivano le ricchezze che in passato resero celebre l’isola nel Mediterraneo, il rame e il legname. In queste valli impervie si sono conservati villaggi autentici e fascinosi e si rifugiarono i monaci bizantini, lontani dall’andirivieni di conquistatori e mercanti. Fondarono monasteri, chiese, che oggi sono il vero motivo di visita all’isola. Le chiese affrescate dei monti Troodos, sono 10 in tutto quelle inserite nel patrimonio mondiale tutelate dall’Unesco, conservano al loro interno un eccezionale panorama dell’arte bizantina dal XII al XVII secolo. E’ per questo che ora mi sto martoriando di curve fino al paesino di Palaichori dove però la prima chiesetta è chiusa. D’accordo, sono solo le 7.30, ma non riesco nemmeno a trovare il sacerdote che dovrebbe vivere in una casa adiacente, per farmi dare la chiave di questa Metamorfosis tou Sotirou. Spesso, infatti, le chiese sono chiuse, e per ammirarle bisogna chiedere le chiavi al bar del paese o al sacerdote che la gestisce. Non mi perdo d’animo e passo al villaggio seguente del programma, Platanistasa, dove mi reco al locale bar. Un vecchietto è seduto su una sedia all’esterno, gli chiedo in inglese della chiesa e dopo aver contattato il gestore parto con lui e una chiave di due etti alla volta della Timios Stavros tou Agiasmati distante cinque chilometri. Acceso un generatore per illuminare la chiesa con una manciata di lampadine comincio ad ammirare questo luogo, quasi mistico. E’ una magia stare qui, all’interno di questa piccola chiesa, un tempo facente parte di un monastero oggi scomparso. Fu decorata da un artista di origine siriana, Philip Goul. L’interno è completamente affrescato, e un’iconostasi lignea è arricchita di icone con figure di santi e apostoli. Resto come incantato dalla bellezza dell’ambiente, cercando di destreggiarmi fra le caratteristiche di questa pittura che si è sviluppata nell’arco di un millennio, tra il IV e il XV secolo, prima nell’ambito dell’impero romano, poi di quello bizantino che ne raccolse l’eredità e di cui Costantinopoli fu capitale. La peculiarità più evidente dell’arte bizantina sta nell’anti-plasticità, nell’anti-naturalismo delle figure rappresentate. I soggetti vengono riprodotti nei solo loro aspetti essenziali, sono figure ieratiche, volte a rendere un idea quasi di soprannaturale. Viene usato molto l’oro, come simbolo di divino. Gli artisti bizantini non sono interessati al realismo, dell’espressione o dell’azione. Le forme e le proporzioni sono definite a priori, le figure sono simboliche, l’immagine religiosa doveva condurre il fedele verso il compimento spirituale. Sono figure dalla rigida simmetria, quasi sempre in posizione frontale, come se contemplassero essenze che agli uomini non è dato di vedere. I personaggi sono circondati da pochi elementi naturali o architettonici e si stagliano su uno sfondo scintillante e vuoto. Ammiro per la prima volta un affresco che rappresenta Agios Mamas, un santo simbolo della resistenza al potere, rappresentato con l’agnello in braccio e a cavallo di un leone. E poi una serie di affreschi con le storie del Vangelo, una Vergine Blachemitissa, anch’essa molte volte raffigurata. La Madonna compare spessissimo, come Vergine appunto Blachemitissa, riprodotta con le mani levate in segno di preghiera e talvolta con un clipeo sul petto con l’effige del Salvatore, o come Vergine Odigitria (colei che mostra la via). A mezzo busto, tiene il Bambino sul braccio sinistro e con quello destro indica agli uomini il Re del mondo. E per ultimo la Vergine Eleousa raffigurata nell’atto di abbracciare il figlio che le cinge il collo e appoggia la guancia alla sua. Sono solo a godere di questo ambiente, mi sento un privilegiato, nella calma e serenità più totale. Lo splendido affresco del Crocifisso, della resurrezione di Lazzaro, la salita al Calvario, le scene della nascita e della presentazione di Maria. Estremamente soddisfatto faccio ritorno al paese, non prima di aver ammirato un serpente nero che, prima in mezzo alla strada, sta ora arrampicandosi sulla parete calcarea della montagna. Lasciato il vecchietto al bar proseguo dirigendomi verso il villaggio di Lagoudera dove, poco fuori dell’abitato c’è la Panagia (Santa) tou Araka. E’ aperta e col solito tetto di legno che la ricopre, per ripararla dalle intemperie. C’è solo un anziano su una sedia a curare gli eventuali visitatori. Anche questa è bellissima, con una elevata qualità degli affreschi. Al centro della cupola il Cristo Pantocrator, di frequente rappresentato con viso austero ma benedicente. E ancora gli affreschi del Battesimo, dell’Ascensione, della presentazione al Tempio. La giornata è splendida, il sole caldo, ma non troppo, mi vezzeggia insieme al vento che entra dai finestrini aperti. Sento che farò esperienze grandiose, mentre guido fra mille curve verso la prossima Panagia Forviotissa nei pressi del paesino di Asinou. Composta da pareti irregolari di pietra scura, presenta gli affreschi più pregevoli nel nartece, dove ammiro la Vergine con i donatori franchi, il Cristo Pantocrator con Vergine e apostoli sulla cupola, mentre nell’aula è uno stupendo affresco dei 40 Martiri, della cattura di Cristo e della Crocifissione. Visitare questi templi bizantini in un silenzio da sacrestia, ti infonde ancora di più il piacere immenso della cultura e dell’arte. Riparto per Nikitari fino a raggiungere la Panagia tis Podythou che però appare chiusa. Un numero di telefono da chiamare per visitarla, ma io non ho tempo e passo alla seguente, dopo aver fatto un giro nel centro turistico di Kakopetra. Giunto a Podoulas, un paesino a 1.000 metri d’altezza, guadagno fra vicoli tortuosi l’affascinante Archangelos Michail, considerata forse la più bella tra le chiese affrescate dei monti Troodos. Anche qui nessuno, nemmeno il guardiano, così me la godo appieno. Un affresco rappresenta il prete Chamados nell’atto di porgere la chiesa appena costruita a un angelo. Nell’abside una splendida Vergine Blachemitissa. Ora salgo fino a Moutoullas dove m’informo per la chiave e alla fine faccio salire in auto un altro vecchietto che mi apre la Panagia tou Moutoullas, anch’essa di pietra e con affreschi interessanti fra i quali un San Cristoforo che spicca fra gli altri. E’ giunto il momento di andare al Monastero di Kikkos. Noto subito che è un luogo troppo turistico, frotte di bus e bancarelle di souvenir.  Vi entro attraverso una sorta di protiro decorato con mosaici e entro nel primo cortile, chiuso da portici colonnati da cui accedo al museo, unica vera attrazione del luogo. E’ suddiviso in varie sale dove ci sono collezioni di oggetti legati al culto cristiano, come reliquiari ed incensieri. La parte più interessante è la sala delle icone e dei dipinti, dove ammiro una splendida Vergine odigitria del XIII secolo, una Madonna col Bambino del 1650 e un Arcangelo Michele del 1782. In seguito percorro i porticati inferiori e superiori, decorati con mosaici di fattura moderna e quindi entro nel secondo cortile che da accesso alla chiesa, un tripudio di candelabri e icone fra le quali, in un reliquiario d’argento lontano dagli occhi dei turisti, quella della Panagia Eleousa,  che secondo la tradizione venne dipinta da San Luca mentre Maria era ancora in vita. Resto affascinato dall’imponente iconostasi e poi esco dal monastero salendo in cima alla collina dov’è la tomba e il monumento dell’arcivescovo Makarios III, primo presidente della Repubblica di Cipro. E’ giunto il momento di scendere verso la costa che raggiungo dopo uno sfiancante percorso tutto curve(forse 1000). Prima di concedermi il primo bagno, a conclusione di questa bella giornata, voglio visitare, dopo la cittadina turistica di Lakki, il sito dei Bagni di Afrodite. Un breve percorso mi porta ad una pozza dove, secondo il mito, la dea trascorreva le sue giornate in compagnia dei vari amanti. Nella Takkas bay mi abbandono al tepore delle acque del Mediterraneo restandoci una mezz’oretta per poi prendere possesso della mia stanza al Marion hotel di Polis sul golfo di Crysochou. Consumo la cena nella taverna tipica Moustakallis con un fasolaki, agnello cotto in casseruola con fagiolini, carote e funghi e per terminare un Halloumi, un formaggio locale, servito grigliato. Il tutto bagnato con birra Eko draught. L’indomani mi sveglio ancora molto presto riuscendo a fare anche colazione di fortuna in hotel. Il mio scopo è attraversare la penisola di Akamas raggiungendo l’isolata Lara beach dopo un ultimo percorso in sterrato di una decina di chilometri. Questo luogo è protetto, perché frequentato dalle tartarughe che vi nidificano in estate. Attraverso un breve sentiero giungo ad una spiaggia solitaria dove faccio un bagno ricostituente circondato da una pace infinita. Sono le 7.30 del mattino, nessuno che contamina il luogo, ai confini nord-est dell’isola. Scendo ora verso sud in direzione di Coral bay, una località turistica dove voglio concedermi un altro bagno nella spiaggia locale. Completata questa prima parte ludica mi dedico ora alla sezione culturale della giornata guadagnando il monastero di Agios Neofytos, anch’esso turistico, ma dotato di maggior sobrietà. Visito prima la chiesa, decorata con affreschi del XVI secolo che raggiungono l’apice di bellezza nella navata di sinistra dove, sulla volta a botte, sono dipinti una Natività e la Fuga in Egitto. Pregevole iconostasi con al centro un crocifisso ligneo con l’immagine del Cristo. Fuori dal recinto del monastero, scavata all’interno di una rupe, si trova l’Enklistra dove la tradizione vuole abbia abitato l’eremita Neofytos. E’ composta da una chiesetta con una magnifica Scena della Passione e poi ancora un’Annunciazione, una Ascensione e, nello Ieron, il Santo scortato dagli arcangeli Michele e Gabriele oltre ad un austero Cristo Pantocrator. Terminata la visita scendo sulla costa a Pafos, una cittadina di 50.000 abitanti dove, a poca distanza dal porto, entro nel sito archeologico dell’antica Nea Pafos, dichiarata anch’essa patrimonio dell’Umanità grazie agli straordinari mosaici presenti nella Casa di Dionisio, una residenza nobiliare costruita nel II secolo dopo Cristo, e nella casa di Aion che deve il suo nome al mosaico che raffigura il dio. I mosaici all’interno di questi due edifici sono davvero superbi e in ottimo stato di conservazione. Fra gli altri meritano menzione nella prima il Trionfo di Dionisio, il Ratto di Ganimede, Apollo e Dafne e nella seconda l’infanzia di Dionisio, la gara di bellezza e la gara di musica. Il sito è vastissimo ma soprattutto è ricco di resti che non entusiasmano i non addetti ai lavori. Dopo aver ammirato l’Agorà (la zona del mercato) e l’Odeon, un teatro dove avvenivano rappresentazioni musicali esco dirigendomi verso la Fortezza, ciò che resta della struttura fatta costruire dalla famiglia Lusingnano alla fine del 300. Guadagno ora il secondo sito in cui ho programmato di recarmi: le Tombe dei Re. Situata in una zona fatta di piccole scarpate e  scogliere rocciose, nel III secolo A.C. vennero qui scavate le tombe ipogee delle famiglie più importanti della zona. Le tombe erano strutture molto elaborate con cortile e colonne. Ora si può solo immaginare quelle che potevano essere, ma la visita è comunque interessante. Riparto da Pafos verso le 13.00 percorrendo l’autostrada e uscendo a Koulia dove mi reco nel terzo sito archeologico della giornata, a Palaia Pafos. Anche qui sono quasi tutte rovine, ma fra colonne e frammenti di murature, all’interno del santuario di Afrodite si può ammirare una copia del famoso mosaico di Leda, il cui originale ora è conservato al museo di Nicosia. Entro nel locale museo il cui pezzo di maggior pregio mi pare un sarcofago decorato del 5° secolo A.C. e quindi riparto, prendendo ancora l’autostrada verso Kourion, sede dell’ultimo sito in programma. Affacciato sulla bella baia di Episcopi è situato sulla falesia che domina il mare. Le parti più interessanti sono indubbiamente la casa di Eustolio dove sono stati rinvenuti mosaici di buona fattura e il teatro, costruito nel II secolo A.C.. Per il resto sono solo rovine, e anche i celebri mosaici della casa dei gladiatori e di Achille sono in realtà molto rovinati. Bene, ho ancora il tempo sufficiente per recarmi alla celebre Petra tou Romiou, dei faraglioni nel mare dove, secondo la tradizione, Afrodite nacque sorgendo dalle acque. Il litorale è sassoso come la riva che scende subito profonda, ma questo non mi impedisce di entrare in acqua, come fanno d’altronde molti altri locali. Avevo ipotizzato di pernottare nelle vicinanze, nel paesino di Pissouri, ma dopo un secondo bagno nella locale spiaggia, per la verità anonima, non riesco a trovare una sistemazione conveniente, così proseguo fino a Limassol, la seconda città per grandezza dopo la capitale Nicosia. Overnight al Pier beach sul lungomare, cena con moussaka e un meritato riposo. Martedì parto ancora prestissimo, alle 5.30, in modo da raggiungere la capitale alle 7.00. Parcheggio a pagamento e via alla scoperta della città. Prima di raccontare della visita vorrei citare alcuni avvenimenti importanti della storia di questa isola. Fu teatro di molte dominazioni fra cui veneziani e turchi ottomani che nel 1878 firmarono in funzione anti-russa un accordo nel quale cedettero l’amministrazione dell’isola agli inglesi i quali sbarcarono con numerosi contingenti. Durante la seconda guerra mondiale la popolazione greca e turca dell’isola combatté al fianco dei britannici che si sentirono in dovere poi di concedere una parvenza di autonomia. La popolazione greca voleva l’annessione alla Grecia, ma a questa soluzione non erano favorevoli i turco-ciprioti. Il passato recente è stato funestato da continui scontri fra le due fazioni fino all’invasione turca e la creazione di una Linea Verde che sancì la divisione di Cipro in una parte greco-cipriota e una turco-cipriota. Nicosia, perciò, è diventata una sorta di Berlino ai tempi della Guerra Fredda anche se in questo momento il clima si è molto raffreddato ed è consentito senza problemi l’attraversamento di questa linea che corre lungo il centro della capitale. Comincio le visite attraversando i bastioni che corrono lungo un ampio tratto della città e dirigendomi verso Agios Trypiotis. A tre navate e con i muri in pietra, è uno dei migliori esempi di chiesa medievale  dell’isola. La vicina Omeriye Cami (moschea) è chiusa perciò proseguo verso la casa di Kornenios, una casa patrizia sormontata da un fregio col leone di San Marco. Ritorno verso i bastioni dove ammiro lo stupendo Monumento alla Libertà che raffigura la scarcerazione  di un gruppo di prigionieri politici. Dopo il bel Palazzo Arcivescovile con il suo portico con arcate a tutto sesto, entro nella Agios Ioannis, la chiesa più importante della capitale. Al suo interno, un ciclo di affreschi settecenteschi narra la storia di Santa Barnaba, evangelizzatore dell’isola. Notevole anche l’iconostasi, divisa da otto colonne doriche. La successiva chiesa è l’Agia Faneromeni, a tre navate ma che non mi regala emozioni di sorta. Percorro ora la centrale via Ledra, la maggior arteria commerciale, coi migliori negozi e locali fino alla postazione doganale dove controllano i documenti e rilasciano il permesso per entrare nella zona nord, quella turca. Le atmosfere cambiano, come d’incanto. I negozi non sono più all’occidentale, ma tutto si tramuta come in un bazar, merce esposta all’esterno, donne col foulard, sguardi più austeri. Ecco la celebre moschea Selimiye, in origine cattedrale gotica di Santa Sofia. E lo si nota subito dai suoi contrafforti, i suoi archi rampanti, i suoi archi ad ogiva e gli alti finestroni a sesto acuto. Le torri campanarie sono state sostituite  da due aguzzi minareti. La visita dell’interno mi da una tristezza infinita. Lasciate le scarpe sulla soglia, cammino su un pavimento di tappeti senza provare alcuna emozione. Totalmente priva di arredi e dipinta di bianco è assolutamente priva di alcun fascino come i finestroni ora anonimi del cleristorio, così me ne esco, entrando nel mercato coperto del Belediye Pazan, anch’esso decisamente scialbo. Continuo lungo l’arteria principale fino alla moschea Haydarpasa. Un  tempo chiesa di Santa Caterina (XIV secolo) ora non è più adibita al culto ed è sede di un museo. Col portale strombato arricchito da modanature, presenta alti finestroni a sesto acuto, testimoni di un origine gotica. Proseguo nel caratteristico Buyuk Han, una delle prime strutture pubbliche edificate dagli ottomani. Era una locanda, un caravanserraglio nata per ospitare viaggiatori e commercianti al suo piano superiore, mentre dabbasso trovavano sistemazione le mercanzie e i cavalli. Al centro del cortile una cappella con una piccola fontana per le abluzioni rituali. Infine sbuco nella piacevole Ataturk meydani, piazza dedicata al padre della patria turca, appunto Ataturk. Al centro una colonna veneziana di granito dove un tempo si trovava un leone di San Marco. Ritorno ora sulla Ledra street dove consegno il permesso, rientrando in zona greco-cipriota. Veloce fish burger in un Mc Donald e poi salgo all’osservatorio Ledra, nel palazzo Shakolas. Da cui si gode il più bel panorama su Nicosia, col contorno di una straordinaria giornata di sole. Il mio soggiorno nella capitale è terminato. Riguadagno l’auto e parto in direzione del monastero di Stavrovouni dove giungo alle 13.30, in netto anticipo sulla tabella di marcia. Sorge in cima ad un colle isolato alto 700 metri. Il monastero  è celebre perché qui si scandisce la vita monastica più severa della Chiesa Ortodossa, le donne non sono ammesse e si dice che Elena stessa(madre di Costantino) lasciò qui un frammento della croce di Cristo nel 327 D.C. Purtroppo fu saccheggiato e spogliato di tutto dai Mamelucchi e, nonostante il suo fascino indiscusso, non mi stimola ad attendere fino alle 15.00 quando aprirà, dato che la mia guida citava invece le 14.00. Decido in un attimo che ho una chance di ammirare la più bella spiaggia del paese nell’estremo sud-est e punto l’auto in quella direzione. Con l’autostrada giungo così, in meno di un ora, alla località turistica di Agia Napa e alla sua splendida Nissy beach. Mi concedo mezzora di bagni e sole per poi ripartire in direzione di Larnaka dove giungo alle 16.30. Percorro tutto il lungomare dotato di molti stabilimenti balneari fino a nord dove è presente la Fortezza, uno dei castelli fatti costruire dai Lusingano a difesa della costa. Entro anche nell’adiacente moschea Kebir, assolutamente anonima. Per ultimo, la chicca di Larnaka, Agios Lazaros, al centro della zona più antica della città. Si dice che Lazzaro, dopo essere stato resuscitato da Cristo fu esiliato dai farisei che lo abbandonarono alla deriva su una barca che, grazie ad un miracolo, raggiunse la costa di Larnaka. Qui fu nominato primo vescovo della città da San Barnaba. Visito la bella chiesa che presenta un campanile che sviluppa su tre ordini, gli ultimi due impreziositi da semicolonne corinzie e monofore cieche. L’interno, in pietra, è splendido con tre enormi lampadari che illuminano un bel coro ligneo sul presbiterio e la meravigliosa iconostasi. Credo di aver ottenuto il massimo che potevo da questi tre giorni e mi dirigo soddisfatto all’Avis per la riconsegna dell’auto. Durante il volo di ritorno ripercorrerò le varie tappe di questo mio breve viaggio, consapevole dell’alto valore artistico di ciò che sono riuscito a visitare. Nuovamente un doveroso grazie alla mia buona stella.

 

 

Proprietà letteraria riservata. Copyright © 2013 Daniele Mazzardi
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