2008  CUBA

Magiche atmosfere

.

Varadero - Famiglia in spiaggia a Punta Hicaos

 

E’ stato un viaggio dell’ultimo minuto. Una settimana a Cuba è di certo poco, tuttavia il meteo particolarmente favorevole e una certa disponibilità di Gosia a viaggiare, ci ha consentito di conoscere buona parte della zona centro-occidentale dell’isola. Di certo è poco, ma sufficiente per poter dire d’aver assaporato le atmosfere, luoghi incantevoli e l’affabilità proverbiale dei cubani. Un aereo della Blue Panorama, dopo undici ore di volo ci porta a Varadero dopo uno scalo a Freeport, nelle Bahamas. Mezzora di pullman ed eccoci al nostro Coralia, playa de oro. E’ sera ormai, perciò dopo l’assegnazione delle stanze abbiamo solo il tempo della cena, rigorosamente a buffet. Il mattino seguente, sveglia alle 7 e, dopo colazione, via subito alla bella spiaggia del villaggio. E’ un autentico piacere immergersi in acque calde e cristalline. Alle 9.00 mi reco al banco del rent a car. Purtroppo non ci sono auto disponibili di piccola cilindrata, ma riesco a farmi dare l’indirizzo della Cubacar, a pochi chilometri da qui. Mi ci reco, e riesco a concludere il noleggio di una Hyundai Athos per 5 giorni. La ritirerò già questo pomeriggio, così potremo vistare la penisola di Varadero. Dopo la piacevole attività balneare, alle 15.30 vengo in possesso dell’auto e tutti insieme partiamo alla scoperta di altre spiagge. Varadero occupa un lembo di terra lungo 19 chilometri, collegato alla terraferma da un ponte levatoio. E’una zona per stranieri, completamente colonizzata dai complessi turistici che di fatto impediscono ai non residenti l’accesso al mare. La spiaggia è di tutti, questo è vero, ma per godere delle bianche spiagge, si può accedere da pochi punti. E’ questo che vogliamo fare questo pomeriggio, scoprire altri scorci, altri tratti di questa affascinante località. Ne ammiriamo prima il lato orientale fino in fondo e ricco di mangrovie, un ecosistema ideale per la fauna avicola. La punta Hicacos è una riserva ecologica e comprende varie grotte tra cui la Cueva de Ambrosio, con pitture rupestri precolombiane. Una strada punta dritta verso il mare e restiamo per un ora a godere di un ambiente incantevole. In seguito, discendiamo fino alla cittadina di Varadero, luogo dove sono presenti numerosi locali per turisti. Rapido giro del luogo e una puntata alla locale spiaggia, condivisa con cubani e villeggianti. Tornati al villaggio, ci sistemiamo per la cena e poi rigorosamente a dormire. Giorgio e Paolo sono già cotti e domattina partiremo presto per l’Avana. Devono riposare. Partiamo alle 6.15 del mattino. L’alba non è ancora sorta, ma voglio arrivare nella capitale il più presto possibile. So gia che con la famiglia al seguito non riuscirò a visitare tutto quello che vorrei, perciò con più tempo a disposizione avrò maggiori chance di coprire l’itinerario previsto. Si percorre una ampia strada a due corsie che non mi da alcun problema nella guida. Il sole sta già definendo tutti i contorni del paesaggio. Ogni tanto qualche carrozzone anni 50-60 che sparge il suo inquinamento tutto intorno. Molti fanno l’autostop. Qui è una consuetudine. Anche i turisti caricano la gente, ma sembra che questo sia vietato al contrario. Passiamo la città di Matanzas, situata su di una ampia baia. Lasciatoci alle spalle anche il centro di Santa Cruz la strada percorre la costa rocciosa dove si scorgono dei piccoli pozzi di trivellazione. Da quando l’Unione Sovietica si è disgregata, anche quel poco di petrolio che riescono ad estrarre è utile per far andare avanti la scalcagnata società cubana. Finalmente ecco l’Avana. Raggiungiamo la zona del Parque Central dove troviamo un parcheggio custodito. Il traffico è aumentato e l’inquinamento è maggiore. Colazione al famoso hotel Inglaterra, un edificio neoclassico della fine dell’800 dall’anima moresca, con un bel salone dove consumiamo il nostro desayuno fra preziose maioliche ocra, verdi e oro. All’uscita, ci dirigiamo verso il vicino Gran Teatro dell’Habana uno dei più capienti teatri lirici del mondo. La facciata è impreziosita da 4 gruppi scultorei dell’italiano Giuseppe Moretti. Subito dopo è il grosso complesso del Capitolio, simbolo della città ed inaugurato nel 1929 dal dittatore Machado. E’ una imitazione del Campidoglio di Washington del quale risulta persino più grande. Sede del Parlamento fin dal 1959, oggi è ministero della scienza, tecnologia e ambiente. Aperto normalmente alle visite, purtroppo oggi è chiuso. E’un peccato, così torniamo sui nostri passi fino all’inizio del Paseo del Prado che comincia dal Parque Central e termina al Malecon. Conosciuto come il più suggestivo viale della città, è all’ombra degli alberi e bordeggiato da bei palazzi. Giunti al mare scorgiamo dall’altro lato del canale de entrada al porto, il Castillo del Moro, dopodichè torniamo verso il centro dove giungiamo al Museo de la Revolucion. La scelta di ambientare il museo all’interno dell’ex palazzo presidenziale del dittatore filo americano Fulgencio Batista, ha un chiaro intento simbolico. Qui si espongono documenti, fotografie, cimeli che danno una visione completa delle lotte cubane per l’indipendenza, dall’età coloniale fino alla rivoluzione capeggiata da Castro. Ammiriamo anche il famoso salone degli specchi, un tempo luogo dei ricevimenti. Usciti, attraversiamo la città vecchia, approdando nella Plaza de la Catedral. E’ lungo queste via che si ammira la vera Avana. Donne sedete sullo scalino di casa a chiacchierare con l’amica di turno. Alcune di loro col sigaro in bocca, con il rum imprescindibile tradizione a Cuba. Alla plaza ammiriamo subito la bella facciata barocca della Catedral de San Cristobal, considerata fra le più belle del continente americano. La visitiamo internamente ammirandone l’altare maggiore, fabbricato nell’800. Attraverso una porta laterale, saliamo fino al campanile, dal quale si gode una bella vista della piazza e oltre. Discesi, ce ne stiamo un po’ seduti ad ammirare la vita che vi ci si svolge intorno. La rivoluzione di Castro ha sradicato l’analfabetismo del paese e portato istruzione fino alle campagne e questo è ciò di cui Cuba deve andare fiera. Come la sanità, l’istruzione è un diritto garantito a tutti. Lo stimolo alla cultura gli viene alimentato di continuo dai numerosissimi musei sparsi sia per le vie della capitale che per le altre città del paese. Naturalmente la classe media è stata vaporizzata, portandola in uno stato di semi povertà. Si dice che quasi tutte le famiglie cubane abbiano almeno un componente fuggito all’estero. Nessuno se la passa bene, a meno che non faccia parte della gerarchia governativa o militare. Almeno non esistono più condizioni subumane come nell’epoca coloniale e della dittatura! Oggi chiunque ha un tetto sulla testa. Malato e forse incapace di prendere le decisioni importanti Castro non è più il capo popolo. Alla guida del paese è suo fratello Raul, che con Che Guevara resterà anch’egli e per sempre nella storia dell’isola. Ciò che si nota camminando per la strada è il loro grande orgoglio d’essere cubani. Non importa se non hanno grandi libertà e non si possono concedere molto del superfluo, ma la gioia di vivere dei cubani si percepisce e le loro donne, belle o meno che siano hanno una gran voglia di apparire, di mostrarsi al mondo. Il caldo è molto forte, ed entrare in un altro museo sarebbe persino una scelta azzeccata se i figli non dessero già segni di cedimento. Giunti alla vicina Plaza de Armas, ne percorriamo l’intera perimetro. E’ circondata da palazzi barocchi come il Palacio de los Capitanes General, il museo de la cuidad. Un occhiata al Castillo de la Real Fuerca, un castello cinquecentesco e più antica costruzione militare dell’Avana. Attraverso la Calle de Oficios, giungiamo alla Placa de San Francisco. E’ già mezzogiorno e trenta. Non me la sento di chiedere alla famiglia d’accedere alla iglesia omonima, così dopo un rapido sguardo generale puntiamo in direzione della calle Obispo, percorrendola completamente fino al restaurante Floridita, il celebre locale, frequentato come il Bodeguita del Medio da Hemingway per i suoi celeberrimi cocktail. Nel suo bel ingresso, un lungo bancone e una decina di tavoli sempre pieni. L’odore di fumo impregna questo primo ambiente. Ci sediamo al salone ristorante, dove dopo un ottimo pranzo a base di pesce ci concediamo uno straordinario daiquiri frappe, un cocktail magico. Usciti dal ristorante, il parcheggio del Parque Central è molto prossimo. Ripresa l’auto, ci dirigiamo verso la Plaza de la Revolucion, parcheggiando proprio di fronte al ministero degli interni. Il tempo si è pericolosamente annuvolato e minaccia pioggia. Vogliamo salire l’imponente Memorial Josè Martì, che si innalza proprio nel cuore della piazza. Fu iniziato nel 1953 in occasione del centenario della morte dell’eroe nazionale di Cuba e terminato nel 1958. Comprende una torre di 109 metri con pianta a stella in marmo grigio. All’interno c’è un piccolo museo, ma noi saliamo fino in cima dove si ammira il più bel panorama della città. Tutto intorno volano molto vicini grandi uccelli spazzino simili agli avvoltoi. Ridiscesi, facciamo in tempo a raggiungere l’auto, prima che si scateni un acquazzone incredibile. Usciamo dall’Avana attraverso il tunnel sotto il canale del porto e, nonostante ci fosse l’intenzione di fermarci in qualche spiaggia per concederci una pausa balneare, non siamo riusciti a trovarne una adeguata e così abbiamo puntato nuovamente verso la penisola di Varadero. Il giorno successivo è di assoluto rilassamento. Bagni per tutta la mattina, mentre dopo pranzo si parte con l’auto alla volta di altri due punti della penisola da cui si accede al mare. Anche li buona esperienza balneare. Come spesso capita nel tardo pomeriggio il tempo peggiora ma quest’oggi non pioverà. Ritorniamo al villaggio soddisfatti e dopo cena saliamo subito in camera. Domattina infatti partiremo molto presto, alle 4.30, per raggiungere il lontano Cayo Santa Maria. Sarà la penultima escursione. Poche volte durante i miei viaggi mi è capitato di partire al buio così presto e per un percorso così complicato, privo della corretta segnalazione stradale. In breve giungo a Cardenas, mentre in auto sia Gosia che i figli dormono alla grande. I cartelli sono pochi, e per evitare di sbagliare percorso, sono costretto a chiedere più e più volte ad ogni villaggio che incontro. Dove posso accendo gli abbaglianti dato che la guida è pericolosa. Spesso mi ritrovo davanti carretti trainati da cavalli senza la minima segnalazione luminosa. In altri casi hanno nella zona posteriore una specie di portalume nel quale brucia qualcosa per segnalare la presenza. In altri casi, esseri umani che camminano a lato della strada, praticamente invisibili. E’ davvero difficoltoso guidare in questo stato, ma per fortuna incontrati i pueblos, trovo molta gente a cui chiedere, nonostante l’ora ed evito così di perdermi. Lo scopo è di raggiungere la carratera central, quella che ci porterà alla città di Santa Clara, ma per farlo sono costretto a guidare per circa un ora e mezzo al buio e col continuo rischio di mezzi, persino camion senza gli adeguati segnali. Dopo Carlos Rojas e Jovellanos sembra che la traccia stradale sia più semplice, e passato Colon è tutta strada dritta. La carretera taglia la campagna, ricca di coltivazioni di banane, mais e canna da zucchero. Poco prima delle otto raggiungiamo Santa Clara. Nelle intenzioni avremmo dovuto visitarla al ritorno, ma decidiamo di farlo subito, anche perché l’unico monumento degno di nota, ci compare alla periferia della città. Vi ci dirigiamo e lo ammiriamo da più punti. Il complesso scultoreo di Plaza de la Revolucion è dedicato al comandante Ernesto Che Guevara. E’ a Santa Clara infatti che si consumò la battaglia che decretò la vittoria della rivoluzione e per il 30° anniversario di questo evento fu costruito il monumento per commemorare colui che sarebbe diventato un mito in tutta l’America Latina, simbolo della libertà e dell’emancipazione dalla tirannia. Fu ucciso all’età di 39 anni in Bolivia su mandato della CIA. Qui sono conservati i suoi resti e molti cimeli nel museo sottostante che però apre alle 9.00 e perciò decidiamo di non visitare. Da nessuna parte è possibile fare colazione perciò proseguiamo per Remedios, parcheggiando nella principale Plaza Martì. Delle biciclette taxi attirano la nostra attenzione, come la curiosa farmacia di fronte, dove conto non più di 30 prodotti sugli scaffali. L’atmosfera è piacevole e dopo il desayuno, visitiamo la iglesia de San Juan Bautista, fondata nel 1514 e considerata una delle più belle di Cuba. Ammiriamo il bel altare e ripartiamo in direzione di Caibarièn da dove parte il terrapieno che ci porterà a Cayo Santa Maria. Paghiamo il pedaggio di 2 CUC (pesos convertibles) e guido in un contesto davvero unico. Questa strada taglia il mare, collegando molti cayos (isolotti) e consentendo ai turisti di raggiungere i resort e le spiagge senza voli aerei. Sono 50 chilometri di percorso, ammirando uccelli marini fra la vegetazione di mangrovie dei vari cayos. L’idea originale è quella di godere di qualche bella spiaggia, ma su proposta di Gosia, eccitata all’idea, si pensa di trovare alloggio qui. Le strutture però sono poche, costose o al completo, perciò si pensa di optare per un overnight a Caibarièn o Remedios, certamente più abbordabili. Nel frattempo cerchiamo qualche spiaggia, ma anche questo sembra non facile. Sono colonizzate dagli alberghi, e solo verso la fine dei cayos riusciamo, attraverso una pista nella vegetazione, riserva naturale, a raggiungere un sito da dove si gode di un mare bellissimo in un contesto davvero entusiasmante. Ci è costata molta fatica, la spiaggia è stretta, ma quel che importa è che sarà un ora e mezzo di piacere indiscusso in un contesto unico. Torniamo al parcheggio, dove è presente una casupola dove si prepara del pesce fritto ai pochi avventurosi. E’ qui che mi informo col gestore e maturo l’idea di pernottare a Trinidad, sulla costa caraibica, dopo aver ottenuto garanzie che è raggiungibile in circa tre ore. Sembra un idea azzardata, ma riesco a convincere Gosia della bontà di visitare quella cittadina, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Giunti nuovamente a Caibarién osserviamo  molti complessi abitativi che ci ricordano l’edilizia della Polonia comunista e quella che ho già ammirato in Uzbekistan. Attraversate stradine in mezzo alla campagna, giungiamo a Placetas, ed è bellissimo nutrirsi della vera vita quotidiana dei cubani. Carri trainati da cavalli, gente che chiacchiera piacevolmente sui gradini si casa, una atmosfera carica di intimità e tranquillità, lontana miglia da quelle artificiali turistiche come Varadero o i cayos dove i cubani non possono neppure entrare. Sterminate coltivazioni di canna da zucchero e bananeti. Da Placetas, altra immersione totale nella cubanità fra campagne e piccoli pueblos, fino alla città di Sancti Spiritus dove il tempo muove al brutto. Spesso, nel pomeriggio, arrivano acquazzoni che per fortuna durano un quarto d’ora, ma poco fuori la città si scatena un nubifragio che mi impedisce la corretta guida. Ai lati della strada l’acqua scorre come in un ruscello e il cielo nerissimo, proprio nella direzione sud verso Trinidad, non lascia ottimisti su possibili schiarite che invece ogni tanto arrivano, dando una tregua alla mia guida. Dopo altri 50 chilometri si apre un panorama migliore. Gli sporadici raggi di sole regalano alle campagna incredibile variazioni di verde. Siamo arrivati alla famosa valle de los Ingenios, dove il profilo delle campagne è appena mosso dalle colline verdi della Sierra de l’Escambray. Il nome Ingenios deriva dai mulini per lo zucchero che vi furono costruiti nel XIX secolo. Molte rovine architettoniche testimoniano l’epoca di maggior fioritura dell’industria zuccheriera. Dobbiamo raggiungere in tempo Trinidad, per trovare una sistemazione. So che sarà complicato ed è già tardi. Dopo un primo tentativo infruttuoso, si riesce nell’impresa e caricato in auto un locale, cerchiamo con lui la possibilità di pernottare in una delle “casas particulares”. Dopo alcuni tentativi a vuoto, accettiamo l’unica opzione di una camera con due letti da una famiglia gentile ed affabile. Sistemate le nostre cose, ci rechiamo subito a cenare in un restaurante particolar, anche qui una semplice abitazione adattata a ristorante per turisti (solo 3 - 4 tavoli).  L’aragosta per soli 12 dollari sarà fantastica e così i camarones, grossi e sodi. Torniamo in casa anche se avrei preferito terminare la serata in un locale a gustare la bevanda locale (canchanchara) a base di miele e rum, ma è vietato l’ingresso ai bimbi, così decidiamo di ritirarci a dormire. La notte trascorre gradevolmente e dopo colazione all’interno della casa particolar, usciamo alle 8.00 per visitare il suggestivo centro storico. In un attimo raggiungiamo Plaza Mayor, attraverso stradine di ciottolato che mantengono intatto, con le case di color pastello, il fascino coloniale di questa città.  Saliamo i gradini fino alla “casa della Musica” da dove ieri sera si diffondevano le note del travolgente ritmo cubano. Entriamo nella iglesia de la Santissima Trinidad. L’interno a cinque navate presenta un prezioso altare dedicato alla Madonna della Misericordia. Quindi ammiriamo la facciata esterna del Palacio Brunet che ospita il museo Romantico, dopodichè saliamo sulla torre del campanile della Iglesia de San Francisco. Si gode il miglior panorama della città e la sua campana pesa ben 1200 chili. Girovaghiamo per un'altra mezzora nella plazuela del Jigue, nella calle Villana. Certo sarebbe bello disporre di più tempo, purtroppo non possiamo rimanere qui troppo a lungo. Ho promesso ai figli anche il mare, e se vogliamo stralciarcelo, dobbiamo abbreviare i tempi delle visite. Comunque sia, tutto ciò che stiamo facendo è un fuori programma da quello che ci si può aspettare da una settimana di viaggio. Pagati i proprietari della casa particolar e caricata in auto la nostra roba, ci dirigiamo verso la peninsula Ancon, sul mar dei Caraibi. Lungo la strada che ci separa dal luogo, incontriamo due ciclisti locali, uno dei quali ci da una dritta per trovare una spiaggia idonea. Lo seguiamo fino ad un paradisiaco tratto di mare turchese, orlato da una bella spiaggia. E’ il punto ideale per fare snorkelling. Ci indica lo scuro del mare, segnale della presenza corallina. A turno entriamo in acqua godendo di una vista sottomarina incantevole. Certo non è il mar Rosso, ma comunque non è male concedersi parentesi di questo tipo durante semplici escursioni. Qualche corallo cervello e molle, ma così tante gorgonie da ricordare di non averne viste tante che in Venezuela, durante la navigazione a Los Roques. Ripartiamo, dato che vorremmo approfondire la conoscenza della zona recandoci anche alla celeberrima Baia Cochinos (baia dei porci). Ci dirigiamo perciò verso la città di Cienfuegos. Anche questa località meriterebbe un paio d’ore di visita, ma non ce lo possiamo permettere. Dobbiamo proseguire. Lungo la strada però abbiamo la possibilità di ammirare il variegato paesaggio delle campagne che si infiltra fino in quello marino, pueblos interessanti e rincon caratteristici, dove i locali si concedono piacevoli momenti balneari. Anche noi vorremmo approfittare e tuffarci in quelle acque invitanti insieme a loro, ma abbiamo già programmato la sosta a Playa Giron e Playa Larga, entrambe nella famosa baia. Raggiunta Cienfuegos abbiamo le nostre difficoltà a trovare la strada per Baia Cochinos. Si deve sempre domandare all’interno dei pueblos come proseguire, paese per paese. Comunque, alla fine e dopo una lunghissima e sconnessa strada in mezzo alla vegetazione, ecco Playa Giron. Siamo all’entrata della famosa baia dei Porci, che acquistò fama internazionale nel 1961. Il 14 aprile di quell’anno infatti, in piena guerra fredda, un gruppo di 1400 esiliati cubani istruiti dalla CIA in Guatemala, con il consenso di Kennedy mosse dal Nicaragua verso Cuba a bordi di sei imbarcazioni. Il giorno dopo, sei aerei statunitensi bombardarono le tre basi aeree dell’isola. Il 16 aprile, il gruppo dei controrivoluzionari sbarcava a Playa Giron e Playa Larga. A riceverli però c’erano le forze governative di Fidel Castro. La battaglia durò tre giorni e si concluse con la disfatta degli invasori. I responsabili furono processati e condannati. Venti mesi dopo, furono rispediti negli Stati Uniti in cambio di tonnellate di viveri e medicinali. Trascorriamo un oretta in questa playa che ci regala stupendi colori, ma molta difficoltà di accesso al mare, per via delle rocce presenti nei pressi della riva. Me l’aspettavo meglio così decidiamo di ripartire per raggiungere prima possibile la playa Larga, considerata dai libri una delle migliori di Cuba. Per questo evitiamo di sostare ad altri due siti che potrebbero essere idonei, come ad esempio la cueva de los Peces, dove dicono che si possa fare un buon snorkelling. La speranza di concederci più tempo alla playa Larga, ci spinge a continuare. Il tempo però non è dei migliori. In lontananza compaiono inquietanti nuvoloni. Confidiamo nella nostra buona stella ed ecco finalmente la playa. Sembra un luogo turistico anche per i cubani, togliendogli francamente un po’ di fascino. La spiaggia non ci appare così straordinaria. Nemmeno il mare ci sembra invitante. Tuttavia non si può sbagliare, è proprio lei, ma è uno schifo che ci ha completamente deluso. Il contesto naturale in qui è posta la spiaggia, su una fascinosa baia, potrebbe donare un bel colpo d’occhio, ma i locali non hanno alcuna attenzione alla pulizia della stessa, gettandovi bicchieri di plastica e lattine. Amareggiati, ripartiamo proprio mentre si scatena un acquazzone che rovescia sulle nostre vettura tonnellate d’acqua, impedendomi quasi per completo la visuale. Riesco a malapena a stare in strada. Poche volte mi è capitata una cosa simile. Archiviata la brutta esperienza con playa Larga, cerchiamo di dare un senso alla nostra presenza qui e optiamo per fare una visita al “criadero de los crocodilos” dove si dice sia possibile avvistare, all’interno di alcuni recinti, i rettili ed addirittura gustarne le carni all’adiacente ristorante. La struttura tuttavia è chiusa e ci obbliga a proseguire verso Varadero, attraverso comunque numerosissime esperienze visive della campagna cubana, passando i pueblos di Agromonte e Jovellanos. Giunti di nuovo a Cardenas, il più è fatto e da qui a Varadero è un attimo. Siamo tornati nel tempio del turismo asettico internazionale. Per tutta la giornata di domani la famiglia potrà nuovamente godere del suo mare, degli innumerevoli servizi gratuiti del loro Coralia, playa de oro, fra cui la piscina, i cocktail, le patatine fritte, gli stuzzichini sulla spiaggia, i succhi di frutta, coccolati in una cornice ovattata che tanto li gratifica. Io invece ho già pianificato una nuova visita all’Avana. Per intanto doccia, cena a buffet e una buona dormita. Riparto alle cinque del mattino e attraverso la solita strada raggiungo senza problemi la capitale. Prendo la direzione che conduce al porto e parcheggio nel posto già utilizzato qualche giorno fa. Entro all’hotel Inglaterra, concedendomi la colazione in un luogo davvero originale, ma questa volta riesco a percepirne l’atmosfera, la magia del locale. Con tutta calma, all’uscita, ammiro il bel Palacio Asturiano, con le sue caratteristiche torrette agli angoli. Ora ospita il museo delle belle arti. Affascinante è anche l’hotel Plaza, costruito nel XIX secolo come residenza privata e aperto nel 1909. Molto vicino è anche il cinema Payret, che nel 1897, a un anno dalla presentazione a Parigi dell’invenzione dei fratelli Lumiere, ospitò il primo cinematografo di Cuba. M’incammino ora lungo la famosa calle Obispo. Posso finalmente soffermarmi ad ammirare i particolari dei palazzi dei negozi. In breve raggiungo la Plaza de Armas e notando il museo de los Capitanes Generales aperto vi entro. Il palazzo è un splendido esempio di barocco cubano. In origine residenza del governatore, divenne sede della Repubblica Cubana nel 1902. Nel 1967 assunse la destinazione attuale, come museo de la cuidad. Intorno al patio centrale si aprono alcune sale espositive che visito piacevolmente. Sono tantissimi i pezzi interessanti che vi sono esposti: calessi di diversa grandezza, una collezione d’armi dell’epoca coloniale, preziose ceramiche provenienti da vari continenti, doni di altri regnanti. Ecco nel patio il bassorilievo sepolcrale della Parroquial Mayor, posto nel 1577 nella chiesa che sorgeva qui prima di costruire il palazzo. E’ il più antico monumento coloniale che ricorda Cuba. Salgo al piano superiore, dove in una sala vengono conservate le mazze del Cabildo, cesellate nel 1631, considerate la più importante opera dell’oreficeria cubana. E poi ancora la sala degli specchi veneziani dell’800, dove fu proclamata la fine della dominazione spagnola nel 1899 e dove nel 1902 si insidiò il primo presidente della repubblica. Purtroppo la sala del Trono è chiusa per restauri, ma ammiro la sala bianca, ricca di porcellane stupende. Dentro ogni sala espositiva c’è una persona che controlla. E’ un gran spreco di personale, ma si conoscono bene quali siano alcuni errori del comunismo! Ripercorro la galleria del piano, dalla quale si accede alle varie sale. Ha proporzioni monumentali e comprende una collezione di personaggi illustri realizzati all’inizio del 900 da uno scultore italiano. Uscito dal museo, passeggio senza precisa meta nella piacevole Plaza. Venditrici ambulanti, stanno cominciando a sistemare i loro baracchini per vendere oggetti turistici e libri. Attraverso la bella calle Oficios raggiungo la Plaza de San Francisco. Prima però entro nel museo delle auto d’epoca. Peccato che vi hanno tolto il motivo per cui vi sono entrato: la Chevrolet Bel Air del Che. La calle Oficios è molto bella e con la calle Obispo sono le vie più “in” della cuidad vieja. In piazza entro nella Iglesia de San Francisco, oggi non più tale da quando un tremendo uragano fece crollare la cupola sopra l’altare, distruggendo anch’esso. Nemmeno più convento, ora è stata adibita a museo, e nelle differenti sale ci sono varie mostre come quella d’arte contemporanea che però evito. Al secondo piano è una straordinaria mostra di giornalismo dove sono esposte decine e decine di fotografie scattate da reporter di fama. Si passa dall’Afghanistan alla Palestina, dal Brasile al Guatemala, dal Vietnam all’India e il comune denominatore è la guerra, la povertà e le condizioni in cui versano molti popoli della Terra. E’ scioccante e fa riflettere. Un inserviente mi accompagna alla terrazza da dove ammiro la bella piazza sottostante. Bella vista sulla vecchia Borsa valori e sulla vecchia dogana. Scendo e mi dirigo attraverso sempre la calle Oficos alla Plaza Vieja. Edificata nel 1559 e per molti anni adibita a parcheggio, dopo il restauro è tornata allo splendore originale. Vi si affacciano edifici di quattro secoli diversi ed è circondata da portici colonnati. Pian piano, attraverso molte vie minori, ma non per questo meno affascinanti, giungo nella Plaza de la Catedral. Bellissima, forse la più affascinate dell’Avana. Poco distante, in una calle laterale ecco il Bodeguita del Medio. Aperto nel 1942 da un commerciante di generi alimentari il locale fu presto dotato di un bancone per la mescita di bevande alcoliche. Il banco è piccolo e fumoso, ma non c’è momento della giornata che non sia pieno di avventori. I muri sono colmi di foto di Hemingway, che lo frequentava abitualmente. Lui stesso scrisse che il mojito si doveva berlo qui e il daiquiri al Floridita. Presto fatto e gusto questo cocktail nell’ambiente predisposto a farlo. Decido di pranzare alla sala superiore del Bodeguito, fra foto, disegni e graffiti che testimoniano la visita di personaggi eccellenti come Nat King Cole, Cladia Cardinale, Pablo Neruda e centinaia di altri. Con il sottofondo musicale di un gruppo locale, gusto un piatto crollo, come i filetitos con moros y cristiano(riso con fagioli neri). Sono più che soddisfatto. Questa seconda puntata all’Avana, mi ha consentito di approfondire alcuni aspetti che non sono riuscito a godere durante la prima visita. Percorro nuovamente tutta la calle Obispo e giungo al Floridita dove mi regalo un secondo cocktail, lo straordinario daiquiri frappe. E’ giunto il momento di tornare al villaggio. Potrei restare qui ancora, ma voglio sfruttare anche lo stupendo mare che abbiamo a disposizione a Varadero e concludere la giornata in bellezza. Così sarà e tornerò in tempo per trascorrere ancora quasi tre ore in un mare incantevole. Il viaggio è terminato. Domani è il nostro ultimo giorno e lo trascorriamo completamente a far bagni rigeneranti in un acqua straordinariamente tiepida. Nel pomeriggio tardi si partirà per l’aeroporto di Varadero. Quindi con un volo questa volta diretto, faremo ritorno a casa. Abbiamo potuto concederci solo una settimana, ma il sapore di Cuba l’abbiamo gustato in molte sfaccettature, dando come si dice un colpo al cerchio ed uno alla botte. Uno dei più affascinanti paesi che abbia mai visitato.

 

Proprietà letteraria riservata. Copyright © 2008 Daniele Mazzardi
Grafica, layout e testi sono di esclusiva proprietà dell’autore. Tutti i diritti di riproduzione riservati. E' vietata la copia su altri siti Web, mailing list, riviste cartacee, cd-rom  e libri senza l'autorizzazione dell’autore. Da questo divieto è esclusa la duplicazione per utilizzo personale.