1993 EQUADOR & ISOLE GALAPAGOS

 La natura ... prima di tutto

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Quito colonial dalla cima del Panecillo

Sono le 20.30 del 20 Dicembre ed un volo della KLM ci porta all’aeroporto internazionale Schipol di Amsterdam dove un breve lasso di tempo ci separa dal volo intercontinentale che dopo uno scalo tecnico a Curacao ci fa toccare per la prima volta il suolo equadoregno. Con un taxi raggiungiamo il nostro hotel Tambo Real di Quito già prenotato dall’Italia. Ci rechiamo subito dopo in un agenzia di turismo locale dove riserviamo quello che sarà il climix del nostro viaggio, las islas encantadas (le isole Galapagos). Scegliamo un opzione di  otto giorni così da avere la chance di conoscerle in modo più completo. Raggiungiamo quindi il centro coloniale, in un traffico caotico, quasi infernale per poi, attraverso una strada panoramica arrivare alla vetta del Panecillo, una collinetta proprio sopra Quito da dove svetta la Virgen del Panecillo, l’unica vergine rappresentata con le ali al mondo. La vista spazia lontano verso i vulcani più alti del paese. Ecco l’Illiniza (5.263 m.), il Cotopaxi(5.897 m.), il Cayambe (5.796 m.). L’Equador è terra di vulcani attivi come il Sangay, ai confini dell’Amazzonia ed in continua attività o come il Reventador che una decina di anni fa provocò nella foresta uno sconquassamento gigantesco. La zona sfuggiva ad un preciso censimento e non si seppe mai il numero preciso dei morti. Tutta la zona, con incluse le isole Galapagos è a rischio di eruzione. Dal Panecillo intanto godiamo di una bella vista sulla capitale per poi  ridiscendere al centro colonial e fermare alla plaza del Teatro da dove pensiamo di iniziare il tour cittadino. Prima sosta alla chiesa di S.Agustin dove il custode ci consente di visitare solo la famosa Sala Capitular, luogo dove si firmò su di una mesa ancora presente l’atto di indipendenza del paese. Ci sono quadri e affreschi di pregevole fattura e per molti decenni questo fu il luogo più rappresentativo della capitale. Raggiungiamo la plaza de la Indipendencia circondata da numerosi palazzi importanti. Visita alla Cattedrale, al Sagrario e poi alla vecchia iglesia de S. Francisco de Quito, fatta costruire da Benalcazar nel 1534. Stanchi, dopo 13 ore di aereo, ritorniamo in albergo per recuperare un po’ di forze. L’indomani via subito in direzione dell’aeroporto dove noleggiamo una Suzuki Forsa puntando la bussola a nord verso la località chiamata la mitad del mundo. La strada presenta crateri pericolosissimi ai quali bisogna prestare continua attenzione con in alcuni casi dei tombini mancanti che potrebbero creare sconquassi al semiasse. Il sito che raggiungiamo non è altro che un lungo viale  ai lati del quale ci sono busti di uomini famosi ed alla fine una grande stele per ricordare che da calcoli precisi qui passa la linea dell’Equatore. Attraverso la Panamericana  e paesaggi maestosi con costante la sagoma del vulcano Cayambe incontriamo un curioso pueblo con le indicazioni per le lagune di Mojanda. Dopo aver chiesto informazioni sullo stato della strada incominciamo  a salire lungo le pendici di un antico vulcano estinto fra rocce e lava. Manti erbosi omogenei in un atmosfera spettrale molto suggestiva fino ai laghetti vulcanici denominati appunto lagune di Mojanda. Siamo circa a 3.800 metri e scendiamo ora fino alla riva di uno dei tre laghetti permeati da una solitudine maestosa. Circumnavighiamo il lago scendendo in seguito verso il paesino indio di Otavalo, molto noto per ospitare di Sabato il mercato forse più variopinto di tutto l’Equador. In esso gli indios Otavalenos vendono i prodotti del loro artigianato locale come manufatti tessili ed altro. Le donne vestono camicette colorate con vistosi monili intorno al collo. Dopo aver soddisfatto le nostre aspettative gastronomiche con un piatto navideno come i tomales(foglia di banano con all’interno mais mojado e uvette) bagnato con un buon Casillonero del Diablo, rosso cileno, proseguiamo la visita fino a raggiungere la chiesa principale. Ritornati all’auto direzioniamo verso la laguna di San Pablo, un lago intorno al quale gravitano numerosi pueblos otavalenos che ammiriamo nello svolgersi della loro vita quotidiana. Dopo un ulteriore puntata prima all’abitato di Cotacoche, notissimo per la produzione di articoli di cuoio e alla laguna di Quincocha, riprendiamo la strada per Quito fermandoci per un gradevole spuntino nei pressi di Cayambe, famosa per il suo formaggio abbastanza cremoso chiamato queso di hoya che gustiamo con una birra locale di nome Club. Non l’avessimo mai fatto!. In albergo, verso le due di notte, un tonfo mi sveglia. Gosia è appena caduta in bagno dopo aver provato fitte terribili allo stomaco ed ora sta tentando di ritornare a letto barcollando in modo pauroso. Del sangue gli cola dal volto dato che svenuta dal dolore è caduta sul portasciugamani producendosi un profondo taglio al mento. Non è una ferita da poco cosicché scendo alla reception ma incredibilmente nessuno può fare qualcosa e varie telefonate ad ospedali locali non producono risultato. Sembra che nessuno possa venire in soccorso e questo ha davvero dell’incredibile. L’unica opzione è quella di portarcela io personalmente perciò ci rechiamo in un vicino ospedale militare. Quando entriamo nell’ambulatorio medico per terra è sporco di sangue e l’ambiente non mi conferisce fiducia ma il medico appare professionale e la prende subito in cura. Gli verranno praticati numerosi punti di sutura dopo aver disinfettato profondamente la ferita ed aver anestetizzato la parte. Gosia non ha emesso un grido con una forza d’animo ammirevole. Era un taglio profondo quasi un centimetro ma ora sembra risolto e si può tirare un sospiri di sollievo. Sei grande Gosia!. Torniamo in albergo con la speranza che questo incidente non ci obblighi a modificare i nostri progetti di viaggio. Di mattina, mentre lei riposa tranquilla in camera io mi reco prima in farmacia per acquistare la medicina che stanotte non siamo riusciti a trovare e poi all’agenzia di viaggio per tentare di risolvere se possibile il problema dei punti che Gosia dovrà togliere in corso di viaggio alle Galapagos. Per fortuna durante la settima di navigazione sosteremo sull’isola di Santa Cruz dove c’è un comprensorio medico. Pranziamo in albergo con llapingachos(polpette di patate, uova e formaggio con contorno di avocado) e poi ancora riposo fino alle 15.30  quando decidiamo di visitare le chiese del centro coloniale e poi a cenare al Choza con un buon locro de queso(zuppa di patate e formaggio) e llapingachos bagnati con un ottimo vino rosso cileno di 12°, il Canepa cabernet sauvignon. Domani si parte!. Consegna della Suzuki all’aeroporto e via verso l’arcipelago atterrando nell’isola San Cristobal dopo uno scalo nella città costiera di Guayaquil. Pagata la tassa spropositata del parco(80US$) ecco Jorge, la nostra guida. Il nostro gruppo è composto da due ragazzi svizzeri, due francesi, un gallese ed un canadese. Con un camioncino raggiungiamo la nostra imbarcazione. Si cena facendo conoscenza per poi scendere a visitare la capitale dell’isola: Puerto Baquerizo Moreno, pueblo di 2.000 anime, tranquillo e sonnolento, consapevole di essere a 1.000 chilometri dalla civiltà. Sul molo abbiamo già ammirato due leoni marini, dominatori di questo straordinario arcipelago incantato. Di notte si parte verso Espaniola, l’isola più lontana e forse la più bella di tutte. Dopo sei ore di navigazione sbarchiamo sull’isola dove già alcuni lobos de mar(leoni marini) bofonchiano sulla riva. E’ molto pericoloso nuotare in tratti di costa così piccoli perché il maschio potrebbe prenderla come un invasione del territorio. Si parte lungo un sentiero che dobbiamo rigorosamente seguire. La legge del parco è molto ferrea per poter salvaguardare questo ecosistema, patrimonio di tutto il mondo. Espanola è una delle più affascinanti isole dell’arcipelago ed a una fauna avicola unica unisce coste meravigliosamente aspre e frastagliate. Camminiamo lungo un sentiero pieno di uccelli. Sono sule, le affascinanti sule di tutti i depliants turistici. Ci sono quelle dalle zampe azzurre e quelle mascherate, molti piccoli e tutti loro creano situazioni sempre diverse che rapiscono continuamente la nostra attenzione. Vicino alla riva prima abbiamo ammirato alcuni fringuelli di Darwin che hanno ispirato appunto il famoso esploratore sull’evoluzione della specie. Ci sono iguane marine, esseri davvero preistorici che non si spostano nemmeno a cannonate e che se infastidite emettono dal naso degli sbuffi salini. Possono stare sott’acqua anche un ora e arrivano sino ad otto metri di profondità. Nelle sule invece notiamo che alcune hanno le pupille più grandi. Sono le hembras (femmine). I maschi infatti ci dice la guida le hanno più piccole. Vivono anche 15 anni e le zampe gli diventano azzurre a circa un anno mentre a sei mesi cominciano a volare. Non molto distante degli albatross che per scendere a terra hanno bisogno letteralmente di una pista di atterraggio. Vivono fino a 30 anni. Arriviamo alla costa  ammirando un paesaggio lunare da prima della creazione. Ci sono piccole pozze qua e la ed al loro interno alle volte lobos de mar. Le onde si infrangono sulle rocce ed in un punto l’acqua del mare entra in una caverna sotterranea producendo poi in superficie un soffione altissimo. E’ senza dubbio un luogo unico al mondo, pieno di una fauna endemica particolarissima come questi granchi rossi purpurei che impreziosiscono qua e la rocce nere vulcaniche. E’ un luogo eccitante, magico, straordinario!. Attraverso un altro sentiero si ritorna al punto di partenza sempre camminando fra sule bellissime, lucertole della lava e lobos marinos. A riva entro un po’ in acqua per filmare meglio ma un maschio mi si avvicina minaccioso ad un metro. Rimango paralizzato anche perché è meglio non scappare dinanzi ad una sua carica. Si ritorna in barca alle 13.00. Dopo pranzo via verso l’isola di Floreana e lungo il tratto di mare saremo accompagnati da alcuni delfini che sembrano giocare davanti a noi. Stiamo vivendo come all’interno di un sogno una magica esperienza!. Di sera, arrivati in prossimità dell’isola ceniamo in barca parlando dei problemi di questo arcipelago che vede il suo numero di coloni aumentare anno dopo anno mettendo a repentaglio l’intero ecosistema. Non bisogna dimenticare infatti che in molte isole abitate l’uomo porta con se animali che non fanno parte della fauna locale (gatti, cani, capre etc ) e tutto ciò crea dei problemi notevoli con la fauna autoctona. Il governo si disinteressa e pensa solo ad arraffare le tasse di entrata al parco senza adeguare di necessarie infrastrutture. In tutto l’arcipelago c’è un solo dispensario medico sull’isola di Santa Cruz e nessun elicottero per i trasporti di emergenza. Non parliamo poi della spazzatura che viene tutta convogliata a Santa Cruz e San Crostobal. Dopo una notte di buon riposo la mattina sbarchiamo a Floreana ed a riva il più bel spettacolo di granchi purpurei mai visto Si rimane affascinati da tanta grazia e bellezza nei movimenti. Poco distante ci sono i resti del barile che conteneva la posta che ognuno che passava doveva ritirare se andava nella direzione della corrispondenza. Era una regola rispettata da tutti per 200 anni e ancora oggi chiunque, anche turista voglia lasciare cartoline di saluti qui le vedrà recapitare nel paese di destinazione da altri che passeranno dopo di lui. Ci incamminiamo verso punta Cormoran ma i cormorani non ci sono più. Attraverso un percorso che si spinge all’interno si arriva ad una laguna con alcuni flamingos però abbastanza lontani da noi. Lungo il percorso diverse specie endemiche come le scalesie ed il palo santo, un arbusto spoglio al quale basta un po’ d’acqua per diventare verde di foglie. Il suo legno, bruciando produce incenso ed i suoi fiori (fiori di piretro) sono usati contro le zanzare. Attraverso un altro percorso arriviamo alla bahia de las tortugas dove abbiamo la fortuna di ammirare molte tartarughe marine accoppiarsi in acqua ed altre depositare  uova. Copulano specie di notte anche per cinque ore e molto spesso la femmina è montata a turno da molti maschi. Dopo tre mesi nasceranno i piccoli ma lei se ne sarà già andata e molti di loro soccomberanno ai predatori ma questa è la legge della natura. Raggiungiamo quindi in barca la località chiamata la Corona del Diablo, l’unico punto dove ci sono dei coralli. Facendo snorkelling notiamo qualche pesciolino interessante ma niente più. Nei pressi invece di una grotta sottomarina ecco due grandi squali tintorera (white tip sharks). Io li avvisto per primo e cerco di seguirli ma scompaiono per poi riapparire più tardi. L’adrenalina mi scoppia nel cervello e sebbene ci abbiamo avvertito della loro non pericolosità, vedere squali di due metri non è cosa tanto normale. Le sensazioni  salgono ulteriormente poi con il nuoto vicino ai lobos marinos. Ne vediamo alcuni qua e la e nuoteremo insieme ad alcuni di loro. Sarà un esperienza da delirio di felicità. E’ un esperienza esplosiva con i lobos che si avvicinano fin quasi a toccarci e sbattere contro di noi per poi scartare  e schivarci all’ultimo momento. Si lascia questo incanto ritornando in barca per navigare ancora 5 - 6 ore alla volta della più grande delle isole, l’isla Isabela. Nel cielo ci accompagnano uccelli bellissimi ed anche quest’ oggi siamo in compagnia per dieci minuti dei delfini. Arriviamo a Puerto Villamil, la capitale dell’isola. Dopo cena sbarchiamo assistendo ad una partita di basket all’aperto fra ragazzine. La calma che regna incontrastata intorno a noi ci fa lievitare dalla gioia. Trascorriamo un paio di ore per poi tornare in barca. La mattina seguente, con un camion raggiungiamo in 40 minuti le pendici del vulcano Sierra Negra, il più largo del mondo dopo il Ngorongoro in Tanzania. Isabela è un isola molto grande e ricca di vulcani che si sono resi protagonisti di eruzioni molto potenti in passato. Il paesaggio è arbustivo, con molti cactus opuntia sotto i quali le iguane aspettano che qualche foglia grassa cada. Arrivati alle pendici ci aspetta adesso un percorso in cavallo e trotterellando raggiungiamo il bordo del vulcano dove sostiamo per ammirare il bellissimo panorama. Più avanti lasciamo i cavalli proseguendo a piedi e scendendo verso il vulcano Chico attraverso un paesaggio di una drammaticità unica. Si cammina sulla lava dell’ultima eruzione del 1977 e da questo punto si può ammirare gran parte dell’isola. Due mesi dopo il nostro ritorno in Italia Isabella sarà colpita da un incendio disastroso e il fuoco si propagherà mettendo a repentaglio la vita di moltissime tartarughe terrestri. Intorno a noi ci sono molte bocche vulcaniche da alcune delle quali escono sbuffi di zolfo. E’ stata una bella escursione, in un isola che non ci ha regalato esperienze faunistiche anche se Isabella ne è ricca vicino alle coste ma paesaggistiche facendoci vivere in un ambiente unico al mondo. Arrivati al molo, un buon bagno ristoratore e quindi in barca. Di notte via verso l’isola di Santa Cruz. Sbarchiamo nella capitale Puerto Aroya sede fino a qualche anno fa dell’unico aeroporto. A piedi raggiungiamo l’entrata del museo Darwin dove si possono ammirare splendidi esemplari di cactus opuntia e a candelabro. All’interno del museo la storia del parco nazionale dall’arrivo di Darwin ai giorni nostri. Il centro Darwin, nel quale è situato il museo, studia l’ecosistema del parco e cerca di proteggerlo da tutti i problemi derivati dal massiccio afflusso turistico e dai nuovi coloni. Nel centro visitiamo la zona delle famose Galapagos dove sono seguite e curate varie specie di tartarughe giganti tra le quali quella a sella di cavallo, unico esemplare al mondo al quale si sta cercando di trovare un compagno. Terminata la visita al centro io e Gosia andiamo al dispensario medico dove gli toglieranno finalmente i punti che le hanno praticato per suturare la ferita al mento. L’operazione è eseguita in modo corretto e sembra che non si vedra in seguito alcun segno sul viso. Ritorniamo alla barca da dove ripartiamo alla volta di Plaza sud, un isola piatta su un lato della quale è una bellissima scogliera a strapiombo sul mare con parecchi nidi di uccelli marini come i gabbiani della lava, i tropic birds e le fregate. Questa è una piccola isola ma estremamente affascinante ricca com’è di fauna sia terrestre che avicola. Spendiamo molto tempo su di essa dato che siamo spettatori di molti scorci di vita animale particolari specie con lo spettacolo dei lobos de mar immersi completamente nelle loro mansioni di allattamento piccoli. Vedendo tanti leoni marini che nuotano qua e la chiedo alla guida se è possibile sguazzare anche noi con loro. La mia idea è piaciuta a tutta ed in breve eccoci in acqua. L’esperienza sarà a dir poco esplosiva e l’ adrenalina ci strapazza le vene nel vedere anche grandi leoni marini puntare verso di noi e schivarci all’ultimo momento. Sono letteralmente rapito in questa avventura giocando con i cuccioli di lobos marinos e nuotando anche in apnea in mezzo a loro. Talvolta qualche maschio sfreccerà vicinissimo facendo sobbalzare sia me che il canadese oramai gli unici rimasti in acqua a godere di queste emozioni impareggiabili. Torniamo quindi in barca cenando e terminando poi la serata con un gioco di carte spiegatoci dal nord americano.

 

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