2013  GRANADA & MALAGA

Gioielli andalusi

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Granada - La Madraza - Il Mihrab

 

Granada e Malaga sono state due piacevolissime esperienze, diverse e con specifici caratteri distintivi. Se la prima può orgogliosamente offrire al viaggiatore lo splendore dell'Alhambra, uno dei capolavori assoluti dell'arte islamica e dell'intera umanità, la seconda lo coccola con il suo splendido centro, illuminato di sera dalle luci di centinaia di negozi, con i suoi bei parchi, col suo porto turistico che ospita navi da crociera gigantesche e yacht da sceicchi. Se Granada può completare la sua offerta artistica con lo straordinario Monasterio de San Jeronimo, la iglesia de San Juan de Dios  e il pittoresco quartiere Albayzin, Malaga allieta le giornate con le note dorate delle sue spiagge, specie quella della Malagueta, con lo stupendo panorama che si gode salendo al castello de Gibralfaro. Con un volo Easy Jet atterro dopo due ore e dieci all’aeroporto Pablo Picasso di Malaga e alle 10.45 prendo un pullman dell’Alsa che mi porta direttamente a Granada attraverso un paesaggio collinare punteggiato qua e là da piccoli villaggi. Un salto all’hostal Dos Montes scelto dall’Italia e ubicato in una traversa della centrale Calle Gran Via de Colon e do subito inizio alle visite cominciando dalla pittoresca calle Oficios dove è la Madraza, l’antica università araba, poi divenuta municipio e quindi edificio per congressi. Una guida mi accompagna mostrandomi per primo la sala della preghiera, sormontata da una cupola con merletti di stucco, i famosi capolavori di yeseria arabi e graziose piastrelle. Nel piano di sopra c’è una grande sala con un tetto ligneo molto bello ed elaborato. Il mondo arabo in Andalusia e a Granada in particolare ha lasciato un impronta che si può riconoscere ancora in molti edifici, persino in quartieri interi, come l’Albayzin. D’altronde per 750 anni la città fu sotto il dominio dei Mori, anni prima della Riconquista nel 1492, data della scoperta delle Americhe. Granada fu l’ultimo regno musulmano d’Europa. Uscito dalla Madraza ammiro, uno di fianco all’altro, la grandiosa cattedrale e la Capilla Real, entrambi commissionati dalla regina Isabella. Mi ci dedicherò in seguito. Ora passeggio lungo l’Alcaceria, il mercato arabo della seta, prodotta nella regione dell’Alpujarras. Stradine strette piene di negozi per turisti, perciò ha perso il suo fascino. Sbuco nella piazza più bella della città, la Plaza Bib-Rambla che accoglie bar e ristoranti e una piacevole fontana nel centro. Percorro la graziosa calle pedonale Pescaderia dove sono presenti svariati ristoranti specializzati in pesce, fino alla plaza Romanilla, anch’essa ricca di locali. E’giunto il momento di entrare nella maestosa cattedrale, un enorme edificio a cinque navate, tutto dipinta di bianco e sostenuto da policolonne corinzie. Nella controfacciata alcuni tondi policromi. Al termine della navata centrale ci sono due grandi organi barocchi dirimpettai. Il presbiterio è straordinario, con un altare sormontato da ciborio. Dalla base alla cupola (46 metri) si sviluppano quattro ordini, i primi due con dipinti dei padri della chiesa e gli altri due con vetrate istoriate che illustrano la storia di Cristo. La navata di sinistra presenta alcune belle cappelle come la Capilla de la Virgen de las Angustias con opulenti marmi rossi e la capilla de Nuestra Sra de la Antigua, la più barocca. Grandioso l’ambulacro, che corre tutto dietro l’altare, ma la parte più affascinante la si ammira nella navata di destra dove, nei pressi della capilla de la Trinidad, sono presenti numerosi dipinti del grande José de Ribera, un caravaggista che amo particolarmente. Anche nella capilla de San Miguel è presente un pezzo notevole, il bassorilievo di san Michele. Dopo la gratificante visita con audioguida della cattedrale, entro ora nella Capilla Real, il mausoleo dei re cattolici, Isabella e Ferdinando. Dopo l’ingresso si passa attraverso un ampia sala con due cappelle laterali e un bellissimo soffitto a costoloni con disegni floreali. Una superba cancellata di ferro traforato la separa dall’ambiente che custodisce i sepolcri di marmo intarsiato con figure di apostoli della regina Isabella e del re Ferdinando a sinistra e, a destra della loro figlia, chiamata Juana la loca (Giovanna la pazza) e di suo marito Filippo il Bello. Di fronte un grande retablo barocco in legno dorato. Non posso non accorgermi di una tela straordinaria rappresentante la deposizione di Cristo, è una copia d’accordo, ma del grande Roger Van der Weyden. Una breve scalinata porta alla cripta con le tombe dei quattro. Prima di uscire visito il locale museo dove sono custoditi lavori di arte fiamminga , la spada di Ferdinando e la corona di Isabella oltre ad alcuni dipinti straordinari fra i quali vorrei citare: la Vergine col Bimbo e 4 angeli di Dierick Bouts, due capolavori di Van der Weyden, la Natividad e la Pietad, alcuni dipinti di Hans Memling fra cui la Vergine col Bambino sul trono, la Deposizione di Cristo e le Sante Donne e per ultimo una pregevole Orazione nell’orto di Sandro Botticelli.  La giornata radiosa mi mantiene di buon umore, così decido di completarla con un’altra chicca assoluta, l’iglesia de San Juan de Dios. Superato l’ingresso e la sagrestia con la volta pregevolmente affrescata e molte cassettiere intarsiate entro nella chiesa, barocca, sfavillante. Un tripudio di decorazioni che lasciano incantati, come nelle cappelle di San Raffaele e di San Giovanni di Dio, con i loro magnifici retablos. Ma l’altare maggiore… che splendore! Alto una ventina di metri e ricco di decorazioni e statue della Madonna, presenta in alto un’apertura dalla quale si ammira un sarcofago d’argento intarsiato che conserva le spoglie del santo. Con una guida salgo fino ad ammirarlo da vicino, con di fronte lo straordinario scenario della navata della chiesa, vista dall’alto. Davvero superlativo. In una teca è conservato anche il tesoro della chiesa, candelabri, incensieri, reliquiari. Dopo questa visita sono soddisfatto, ormai è calata la sera, così decido di fare una sosta alla chocolateria Alhambra nella plaza Bib-Rambla concedendomi la specialità locale: chocolate con churros(una frittella di forma allungata coperta di zucchero). Me ne sto una mezz’oretta ad ammirare le luci della piazza finché delibero che è ora di recarmi al quartiere arabo Albayzin, il miglior esempio di quartiere moresco conservato in Spagna. Attraverso la plaza Isabela la Catolica, con una bella fontana centrale e poi raggiungo plaza Nueva, cominciando a salire le stradine del quartiere, immerso nella luci delle insegne di negozi, bar e ristoranti. Di sera ha un fascino suggestivo ma mi riservo di visitarlo meglio domani pomeriggio, ora voglio solo raggiungere il Mirador San Nicolas da dove dicono si ammira una stupenda vista della città e dell’Alhambra. E’ così infatti, e dopo averne goduto il panorama ridiscendo a plaza Nueva dove mangio una pizza prima di fare ritorno all’ostello. Il giorno seguente è dedicato alla grande visita dell’Alhambra. Ho già acquistato il biglietto on line per non rischiare l’entrata, dato che il numero di visitatori giornalieri è limitato per non compromettere l’ambiente delicato dei celeberrimi palazzi Nazares. Dopo colazione in un bar di calle Gran Via de Colon mi incammino verso plaza Nueva da cui parte il lungo tratto in salita di calle de Gomerez fino all’entrata. Alle otto ritiro il biglietto dall’agenzia di viaggi a fianco del cancello e alle 8.30 comincio la visita. L’Alhambra era un palazzo fortezza che gli emiri nasridi trasformarono in una piccola città. Dopo un percorso fiancheggiato da un lato da giardini e dall’altro dalle mura e dalle torri di guardia, giungo al palazzo di Carlos V dal nome del re di Spagna che nel 1626 lo fece costruire. E’ un edificio rinascimentale all’interno del quale è presente il museo dell’Alhambra e quello delle belle arti, oggi chiusi. Mi dirigo perciò a visitare prima l’Alcazaba, la parte più antica del complesso. Possiede grandi mura e sei torri e si allunga fino all’apice della collina, dove la Torre della Vela(torre di controllo) fa da guardia alla città sottostante consentendo al visitatore scorci magnifici su Granada. Prima di entrare nei palazzi Nazares, vero gioiello del luogo faccio un salto ai giardini del Generalife, abbastanza distante dai palazzi del potere e dove ci si poteva rilassare in un contesto di verde magnifico. Molto particolare è la escalera del agua, costituita da un ruscello ingegnosamente diviso a fianco dei due corrimano. E’ ora di entrare ai palazzi e la prima sala che si visita è quella del Mexuar, sede del tribunale reale. Giungono subito all’occhio le splendide realizzazioni degli artigiani arabi: soffitti lignei policromi, piastrellature moresche come il celebre alicatado, una sorta di intarsio con pezzi di ceramica ritagliati e incastrati a forma di puzzle che abbellivano la parte inferiore di alcuni muri. Stupende sono le strette colonne dotate di capitelli di muqurnas che sono essenzialmente degli elementi di stucco, a sezione triangolare o prismatica, che possono essere combinati fra loro in infiniti modi. C’è da restare incantati dai lavori di yeseria. L’arte nasride rifiutò l’uso della pietra a favore del mattone, del legno e del gesso, molto più facili da lavorare. Si ammirano decorazioni incredibili, in prevalenza ispirate al mondo vegetale, floreale. Nell’oratorio del Mexuar e nel patio ammiro colonnine di marmo, capitelli d’alabastro. Le colonne sostengono pilastri sui quali si appoggiano architravi dove spesso sono presenti lunghe fasce epigrafe, scritture realizzate in materiali diversi e in stili differenti, con intento simbolico ed estetico. La calligrafia è la manifestazione artistica più importante dell’islam, da forma alla parola divina e possiede la medesima funzione iconografica che nell’arte occidentale è svolta dalle immagini. Noto gruppi di turisti con guide al seguito che sfilano lungo le sale con una velocità inconcepibile, io starei ore ad ammirare queste opere di arte sopraffina, sosto ad ammirare ogni volta i minuziosi lavori di intarsio, le ceramiche, i tetti lignei straordinari. Al termine della visita considererò l’Alhambra come uno degli edifici più belli del mondo, al pari di Versailles, del Taj Mahal di Agra. Passo alla Stanza Dorata che possiede un incredibile soffitto ligneo a travi angolari e poi ancora la facciata de Comares con una ricchezza di lavori d’intarsio tutto intorno alla coppia di bifore da lasciare incantati. E poi il patio de los Arrayanes, il centro dell’attività diplomatica e politica dell’Alhambra, il luogo dove si celebravano i grandi ricevimenti per le ambasciate con siepi piantate attorno alla piscina centrale. Incantevoli portali, zoccoli di ceramica moresca, i tipici archi a ferro di cavallo. Nella Sala de la Barca  è presente un incredibile soffitto ligneo policromo. Giungo al celeberrimo salone degli ambasciatori dove noto per la prima volta le tacas, nicchie di marmo o stucco delicatamente scolpite negli stipiti degli archi, che servivano per mettervi brocche d’acqua, ovunque lavori di intarsio quasi in miniatura, fasce epigrafe. Era questo il centro del potere nasride, in esso si concentrava la magnificenza dell’ultima corte musulmana d’Europa. Tutto qui è pervaso di raffinatezza e splendore. Il soffitto del salone è la meraviglia degli artigiani carpentieri del regno. E’ formato da 8.017 pezzi con rilievi sovrapposti di legno di cedro chiuso da un cubo di muqurnas, magnifico. E le iscrizioni epigrafe, le stelle intrecciate, tutto cattura l’attenzione, attira e fa spalancare la bocca dalla meraviglia. E che dire del patio de los leones, che era il nucleo della casa privata del sultano. Un insieme di portici dai quali non ci si vorrebbe allontanare per ammirare una ad una le decine di colonnine, i capitelli, gli archi di ingresso alle sale decorate con muqurnas e la ripetizione ritmica degli arabeschi. Che non avevano lo scopo di incatenare lo sguardo, ne attrarlo verso un mondo immaginario, ma volevano liberare da tutti i legami del pensiero come accade contemplando lo scorrere delle acque, le spighe mosse dal vento. Al centro del patio è la fontana dei leoni, dove dodici leoni di marmo bianco avvolgono con lo sguardo ogni angolo di questo spazio straordinario. Proseguo con la sala degli Abencerrajes con il suo grandioso soffitto a cupola ottagonale e la sala de los Reyes che si affaccia sul lato est del patio. E poi ancora la sala de dos Hermanas dove le parerti sono arricchite con motivi della flora locale, pigne e ghiande. Una banda posta ad altezza d’uomo su cui si leggono i versi di un poema scritto in onore di una vittoria conseguita dal grande sovrano Muhammad V. Questa sala è la più antica fra quelle che circondano il patio de los Leones. La cupola di muqurnas presente in questa sala è a dir poco straordinaria, un prodigio compositivo con i suoi 5.416 pezzi. Termino la visita giungendo alla Loggia di Lindaraja dopo un percorso che rifarei per intero ancora se non fosse che devo dedicarmi anche ad altre visite, ma ricorderò questi palazzi come tra le massime realizzazioni dell’uomo che abbia mai ammirato nei cinque continenti. Ripercorro la lunga calle de Gomerez fino a tornare in plaza Nueva dove ammiro ora la iglesia de Santa Ana, in stile mudejar, con un piacevole portale bordato da due colonne corinzie scanalate e con una torre campanaria suddivisa in quattro ordini con monofore e bifore, nella quale è incorporato il minareto di una moschea. Sull’altro lato è la Real Chancilleria, un bel palazzo rinascimentale ricco di semicolonne corinzie. Mi dedico ora alla visita del quartiere dell’Albayzin, girovagando nei suoi vicoli fino al mirador San Nicolas dove contemplo per un po’ la stupenda vista della collinetta dell’Alhambra. Quindi salgo ancora fino alla plaza Larga che ospita al mattino un mercato locale e circondata da bar caratteristici. Girovago senza meta precisa fra vicoli e stradine tortuosi per poi ridiscendere in città nei pressi della plaza del Triunfo. Sono stanco morto ma non posso rinunciare al cinquecentesco monastero de San Jeronimo qui vicino. Vi entro percorrendo per intero il portico. Qui le monache recitano ancora il vespro nella chiesa che sarà la degna conclusione di questa giornata fantastica. In una pace paradisiaca mi dedico a questo luogo. La navata centrale è ampia, col soffitto basso, a crociera. Sopra, infatti, c’è il matroneo. Dalla metà si raddoppia l’altezza e da questo punto è tutto un affresco, sul soffitto, sulle pareti laterali, in monocromatico sotto i due splendidi organi laterali, persino sulle possenti semicolonne ai lati delle varie cappelle fino al presbiterio e all’abside, impreziosita da vetrate policrome. Lo stretto transetto è delimitato da alte lesene corinzie scanalate, statue nelle edicole. Sull’altare maggiore un retablo altissimo suddiviso in quattro ordini terminanti in una semicupola con lacunari. E’ una gioia per gli occhi mentre me ne sto seduto ad ammirarne le varie sezioni, tutta la chiesa è affrescata, mai visto nulla del genere. Straordinario il pulpito di marmo rosso dopodichè esco recandomi nuovamente in plaza Bib-Rambla dove mi concedo un altro chocolate con churros. Mentre torno in ostello dopo aver comprato qualcosa da mangiare assisto ad una manifestazione che sfila lungo la Gran Via de Colon contro la crisi e l’operato del governo locale. Martedì mi alzo prestissimo, non ci sono ancora i mezzi, perciò devo raggiungere la stazione degli autobus a piedi e dopo una colazione nel bar di fronte parto, sempre con un pullman dell’Alsa, verso Malaga dove giungo alle 8.30. Il meteo, anche oggi è perfetto, prendo il bus n°4 che mi porta in poche fermate al centro dove percorro la pedonale Marques de Larios. La città è ancora sonnolenta, i vari negozi sono ancora chiusi ma si capisce che questa è il fulcro della locale vita mondana. Giungo a plaza de la Constitution, con una fontana che si sviluppa su tre livelli. La vicina iglesia del Cristo de la Salud è chiusa per ristrutturazione, ma posso visitare la iglesia del Sacrado Coracon che presenta una facciata neogotica con arco cuspidato all’ingresso. L’interno è a tre navate, nell’ultima cappella di destra è una statua molto venerata:la Virgen del Pilar posta vicino alla tomba del celebre Arnaiz Munoz. Piacevole il cleristorio che possiede, come il rosone della controfacciata, piacevoli vetrate policrome. Un ampio matroneo corre lungo tutta la navata centrale. Mi reco quindi alla iglesia de los Martires, con un timpano all’ingresso realizzato con piastrelle che raffigurano angeli che tengono lo stemma di Malaga. A sinistra si erge la torre campanaria con la parte apicale di forma ottagonale. L’interno, barocco, a tre navate, con matroneo che corre lungo tutta la chiesa. Solo il transetto attira la mia attenzione per i due retabli lignei presenti, per le sue colonne a torciglione e le statue della Madonna. Ora mi reco in plaza Obispo, proprio di fronte alla celebre Cattedrale, la cui costruzione durò due secoli e il costo del progetto fu così elevato che nel 1782 si decise di fermare i lavori di costruzione. Una delle due torri campanarie fu lasciata incompiuta e ciò diede origine al soprannome La Manquita (la signora con un braccio solo). Dopo aver ammirato i tre portali di fronte alla piazza con due coppie di colonne corinzie che sorreggono timpani rotti, entro nella chiesa. L’impatto è emozionante. A tre navate alte 40 metri presenta un ampio ambulacro intorno al presbiterio sul quale è un semplice altare, ma impreziosito tutto intorno da formelle d’oro sbalzato e lavorato. Dietro, una statua del Cristo con ciborio sorretto da otto colonne corinzie verdi. Il presbiterio è imponente con le sue sei altissime policolonne che continuano nel secondo ordine con polilesene doriche che terminano nella semicupola. Al centro della chiesa c’è uno straordinario coro ligneo con due ordini di stalli lavorati e ai due lati si ergono maestosi due splendidi organi. La grandiosità della struttura cattura l’occhio in ogni direzione si guardi, ed anche l’ambulacro non è da meno, dove spicca, come prima la capilla de la Virgen de los Reyes, con una bella “ decapitazione di San Paolo” realizzata da Enrique Simonet e la capilla de la Encarnacion. La parte più pregiata dell’ambulacro è la zona alta del cleristorio dove si apprezzano stupende vetrate istoriate. Dirigendomi verso la parte opposta della chiesa ammiro, in tre nicchie, tre bellissime statue di cui la Senhoras de las Angustias di Hermanos Pissano del 1802 è la più significativa. Fra le cappelle presenti nelle navate laterali è da citare la terza a destra con un dipinto di Alonso Cano;”la Virgen del Rosario”, mentre nella quarta è una:” Immacolata concezione” di Claudio Coello. Dopo aver visitato anche il piccolo museo della cattedrale, dove è presente però un eccezionale San Pablo Ermitano del grande Josè de Ribera esco dirigendomi verso il pittoresco mercato centrale. Ne ho visti di più caratteristici, così esco in fretta dirigendomi verso l’hotel Trebol qui vicino dove mi registro. Malaga è dominata dall’Alcazaba e dal Castello di Gibralfaro dove mi reco ora acquistando il biglietto combinato che consente la visita di entrambi. L’Alcazaba era il sontuoso palazzo-fortezza dei governatori musulmani della città. Dopo aver ammirato il teatro romano, all’inizio del percorso, salgo lungo strade acciottolate, attraversando archi a ferro di cavallo e ammirando corsi di acqua, terrazze dalle quali si gode uno straordinario panorama sulla città, accarezzata dal Mediterraneo. In realtà, oltre le imponenti mura difensive perimetrale, alcuni giardini e locali dove si intravede l’arte della yeseria musulmana non c’è molto di cui stupirsi così proseguo il mio itinerario salendo la ripida strada che porta al castello di Gibralfaro, forse il resto più significativo del passato arabo di Malaga, in cima alla collina che si affaccia sulla città. Eretto dall’emiro di Cordoba nell’VIII secolo, l’edificio è stato poi ricostruito nel XIV secolo quando Malaga era il porto principale dell’emirato di Granada. Le testimonianze all’interno del castello sono pressoché nulle, ma è straordinario il percorso che si può fare lungo l’intero perimetro delle mura difensive, passando da una torre di guardia all’altra, e ammirando dei panorami da delirio sulle colline, sull’Alcazaba, sulla cattedrale e sulla città, sul quartiere della Malagueta, una zona residenziale esclusiva situata su un istmo di terra che si protende nel mare, sulla plaza de Toros con la sua arena e la vicina fontana. Con un sole radioso che a novembre mi permette persino di restare a mezze maniche, termino il panino avanzato del pranzo e mi concedo ora un caffé e una sigaretta in un bar all’aperto. Che giornata magnifica, ma non finirà qui, infatti, una volta ridisceso, percorro il piacevole Paseo de la Farola da dove si gode la splendida vista sul porto dove è attraccata ora una splendida nave da crociera: la Silver Spirit e, proprio qui, uno yacht da sceicchi, la Ladi M, che cattura l’attenzione di decine di turisti. Percorro infine il lungomare con la spiaggia della Malagueta dove molti prendono addirittura il sole. Come posso evitare di farlo anch’io, così mi sdraio sulla sabbia concedendomi una mezzora di riposo. Ritorno attraverso il Paseo de las Curas che da sul porto, fiancheggiato dai Jardines de Luis Alonso e poi passeggio fino a che le luci dei lampioni inondano il bel centro pedonale di questa città di mezzo milione di abitante che tanto mi sembra a misura d’uomo. Ceno alla Taberna Mitjana, gustando una ottima fritura malaguena e poi ritorno al mio albergo. L’indomani mi sveglio alle 7 e, dopo colazione, raggiungo con il bus A l’aeroporto, il volo è in orario e atterro nel grigiore di una Malpensa ormai avvolta dal gelo novembrino che, tuttavia, è stemperato dal ricordo positivo del sole che mi ha coccolato per tutti i quattro giorni del mio soggiorno Andaluso.

 

 

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