2012  SEGOVIA - EL ESCORIAL

Gioielli di Castiglia

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Segovia - Iglesia de San Martin

In due ore di volo da Orio al Serio raggiungo l’aeroporto internazionale Barajas di Madrid. Velocemente verso la metro 8 fino a Nuevos Ministerios e quindi la 10 fino alla fermata di Principe Pio dove è il bus terminal della Sepulvedana. Compro un biglietto di andata e ritorno per Segovia dove giungo alle 13.20, gratificato da una stupenda giornata di sole. Check in all’albergo e poi subito in strada, dando inizio alle visite. Tra tutte le città spagnole, Segovia ha la posizione più spettacolare. L’antica città si trova su uno sperone roccioso cinto dai rios Eresia e Clamores. Poco lontano si ammirano i primi rilievi innevati della Sierra de Guadarrama. L’hotel è situato in una delle più affascinanti piazze della città: la plazuela de San Martin dove ammiro la bella statua di Juan Bravo e la chiesa omonima, ora chiusa, con la sua svettante cuspide barocca.. Definita da un triplice porticato sorretto da colonne e tre absidi, possiede un’interessante torre mudejar, uno dei due stili ricorrenti in questa città con il mozarabico, creato quest’ultimo dai cristiani che vivevano nella Spagna islamizzata, i quali avevano l’abitudine di decorare le loro abitazioni con motivi floreali in rilievo. Percorrendo la centrale Juan Bravo giungo allo straordinario acquedotto romano di cui parlerò in seguito, dato che è mia intenzione ora salire fino alla parte nord della città. Una rapida occhiata alla chiesa di San Juan de los Cabaleros, chiusa, ma comunque trasformata in museo e poi, percorrendo una strada ai margini nord est, godo di un bel panorama sulla pianura sottostante dove si erge il monastero di Santa Maria del Parral. Attraverso la porta della Claustra e scendo fino alla piccola iglesia de la vera Cruz. Sembra sia stata fondata dai Cavalieri Templari nel XIII secolo. In stile romanico, ha la pianta di un poligono di 12 lati. Al suo interno possiede tre cappelle e due facciate con archivolti. Il tempio si ispira alla struttura del Santo Sepolcro di Gerusalemme dove fu istituito l’ordine dei Templari. La singolare stanza a due piani della navata circolare è il luogo in cui i cavalieri montavano la guardia per vigilare sulla Santa Reliquia. Per lungo tempo, infatti, ha conservato un frammento della vera Croce di Cristo. Mi dirigo quindi al vicino monastero dei Carmelitani scalzi. Una scalinata di pietra, che simboleggia l’ascesa al Monte Carmelo, da accesso al convento fondato da San Giovanni Croce nel 1586. Si può visitare solo la chiesa, ad una navata con volta a botte e con una pala d’altare in stile moderno assolutamente ridicola. Il pregio di questo luogo è costituito dallo stupendo sepolcro marmoreo che contiene le spoglie del santo. E’ giunto il momento di andare all’altro famoso monastero della zona, quello di Santa Maria del Parral. Dopo una breve salita giungo di fronte alla chiesa del monastero. La facciata non fu terminata per mancanza di denaro, dopo la morte del fondatore, Juan de Pacheco, marchese di Villena. Vi risaltano gli stemmi dei Pacheco e una superba torre campanaria sormontata da merlature plateresche. Dopo un’attesa di mezzora le porte del monastero si aprono e ne esce una guida che mi consente, insieme ad altri di effettuare una visita guidata. Si comincia dalla bella chiesa, ad unica navata, con cantoria e matroneo superiore e volte a crociera. Il suo pregio maggiore è dato dalla stupenda pala d’altare in legno e le due tombe laterali del marchese e della moglie, realizzate in alabastro come gli altorilievi che le abbelliscono.  I finestroni dell’abside e le sculture degli apostoli completano il valore di questo luogo. Usciti dalla chiesa si entra nell’edificio monasteriale visitando il chiostro intorno al quale sono le residenze dei monaci di clausura dell’ordine di San Girolamo. Dopo quest’interessante visita, risalgo le scale fino al casco viejo, giungendo di fronte all’Alcazar, preceduto da giardini ben curati. E’ ormai sera, perciò m’incammino sulla Duez fino alla plaza Mayor, la principale di Segovia, dove si erge la famosa Catedral. Le luci artificiali avvolgono già il luogo con il loro affascinante velo, che emoziona e suggestiona, mentre siedo ad un bar a sorseggiare un invitante cioccolata calda. Ancora una passeggiata fra le vie del centro e mi dirigo al ristorante che ho scelto già al mio arrivo. E’ il Casa Duque, il ristorante più antico di Segovia, dove assaggerò il famoso cochinillo asado (maialino arrosto) bagnandolo con un importante bicchiere di rosso spagnolo, il Ribera del Duero di 12.5°. Ritorno in albergo estremamente soddisfatto per l’andamento della giornata. Il giorno seguente si presenta radioso come il precedente. Dopo colazione, ritorno all’acquedotto, passando dalla casa mozarabica Cascales condes de Alpuela e dalla Casa de los Picos, con la sua caratteristica facciata ricoperta da pietre di granito tagliate a punta di diamante. Verificato che le condizioni di luce non sono ancora ottimali per delle belle foto dell’acquedotto, proseguo per l’iglesia de San Millian che si trova nel sobborgo musulmano della città. E’ stata eretta nel XII secolo in stile romanico, a spioventi. Purtroppo, dato che non è visitabile internamente, sono costretto ad apprezzarne solo i capitelli delle colonne esterne e gli archi rialzati, oltre alla slanciata torre campanaria. Attraverso la Juderia(la zona degli ebrei) giungo alla plaza Mayor e alla Catedral nella quale entro. Una delle ultime cattedrali gotiche di Spagna e d’Europa, fu costruita nel XVI secolo e dedicata all’Assunzione della Vergine. Fu eretta sotto il regno di Carlo V e presenta una pianta a tre navate. Nelle due laterali sono presenti cappelle molto belle, come quella della Concezione, di San Biagio o della Deposizione, molte in uno sfarzoso barocco. Pale d’altare lignee e alcuni dipinti che tuttavia non m’impressionano. Le vetrate, specie quelle del cleristorio sono istoriate ed interessanti, con episodi biblici, ma alcune sono mancanti e semplicemente bianche. La sezione più affascinante è quella del coro, gotico e proveniente  dalla cattedrale vecchia. Ci sono due organi barocchi con originarie canne rivolte verso l’interno dello spazio. Belli anche gli stalli lignei. Dopo il retrocoro, dove ammiro una bella pala d’altare di Antonio de Herrera, esco nel chiostro da cui si accede alle sale museali. Osservo con attenzione i molti oggetti religiosi presenti, come ostensori e calici e molti bei tapices(arazzi), quasi tutti di scuola belga. Completo quindi la visita della cattedrale con l’altare maggiore, opera di Francesco Sabatini e dedicato alla Regina della Pace e del deambulatorio, forse la zona più illuminata dell’edificio. Mi dirigo quindi di buon passo verso la iglesia de San Martin che dovrebbe essere aperta. Infatti vi si sta celebrando la Messa. La navata centrale è strana ed interrotta da tre archi. L’altare barocco è sorretto da colonne a torciglione e, a sinistra, c’è un prezioso trittico di un pittore fiammingo ma, la cappella chiusa, non consente di ammirarlo in modo appropriato. Ritorno all’acquedotto, ora che il sole lo illumina nel modo giusto. E’ l’emblema della città e una straordinaria opera di ingegneria, se si pensa poi che fu realizzata dai romani nel I° secolo  a.c. Lungo 728 metri, è una poderosa struttura in blocchi di granito formata da 163 arcate che sta in piedi senza che sia stata usata nemmeno un grammo di malta. Mangio un panino e poi ritorno nei pressi della cattedrale dove ammiro anche la iglesia de Sant’Andres. E’ giunto il momento di andare all’Alcazar, l’altra chicca di Segovia, preceduto dal monumento eretto in memoria degli eroi dell’indipendenza Daouiz e Velarde. A sinistra è presente la casa della chimica, centro di ricerca di Louis Proust. Attraverso un ponte levatoio entro nella fortezza situata in posizione privilegiata. Edificato sui resti di una precedente fortificazione romana, fu sottoposta a diverse modifiche e trasformata in fortezza e residenza reale nel XIII secolo. Fu prigione di stato nel XVIII secolo e poi continuamente ristrutturato e restaurato fino ad ora. Ne visito le numerose stanze, ammirando fregi e soffitti, mobili e dipinti di notevole pregio. Fra queste citerei la sala del trono del soglio col suo soffitto ligneo, la sala della galera col suo soffitto a carena e i fregi mudejar in gesso, la stupenda sala delle pigne che deve il suo nome alla decorazione del soffitto con 392 motivi simile a pigne e con arazzi e damaschi alle pareti. Ed ancora la sala dei re, con dipinti di Vejarano, la sala del cordone e poi la Cappella dove si celebrò lo sposalizio di Filippo II con Anna d’Austria. Nei pressi del cortile dell’orologio si entra nella sala d’armi che ospita una collezione di armi di diverse epoche, fra cui una straordinaria balestra da caccia con intarsi d’avorio. Terminata la visita degli ambienti interni, comincia la salita dei ripidi scalini che mi portano in cima alla Torre di San Giovanni, da cui si gode il miglior paesaggio sulla città vecchia di Segovia, le mura che la circondano e la cattedrale. E’ stata una giornata interessante e, dopo un ulteriore puntata all’acquedotto romano per altre foto, me ne ritorno un po’ in albergo a riposare, doccia e poi via a plaza Mayor, con la speranza di trovare aperta la iglesia de San Miguel, dove Isabella fu incoronata regina di Spagna. Sarò fortunato. Ad una navata, presenta una pregevole pala d’altare barocca in legno intarsiato sorretta da colonne a torciglione, mentre i dipinti alle pareti laterali non sono in ottime condizioni. E’ ora di cena, ma il ristorante che sceglierò non mi farà impazzire perciò non lo citerò. L’indomani, la sveglia è all’alba. Devo riprendere alle 6.00 il pullman per Madrid, questa volta fermata Moncloa. Una volta lì, ne prenderò un altro, il 661, per la seconda destinazione che ho intenzione di visitare: il monastero dell’Escorial, fatto costruire da Filippo II come residenza e pantheon dei re di Spagna. Dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1984, vi giungo alle 8.50. L’enorme costruzione, che si presenta in forma quadrangolare con quattro torri angolari, è lunga 208 metri, larga 162 e costruita in granito grigio. L’impressione che se ne ricava è di austera bellezza. Filippo II amava riposare in questo luogo e vi volle trascorrere gli ultimi giorni fino alla morte. A costruzione ultimata vi furono chiamati gli artisti più accreditati del tempo, Pellegrino Tibaldi, Alonso Coello, Leoni, Tiziano, El Greco, Velasquez, Luca Giordano, Luca Cambiaso e molti altri. Faccio il mio ingresso alle 9.30, dotandomi ovviamente della necessaria audioguida.  Prima visita al museo de pintura dove potrò ammirare molte pregevoli tele fra le quali, quelle che più mi hanno impressionato, sono il Davide e Golia e la discesa di Cristo dalla croce del pittore fiammingo, favorito di Filippo II, Michael Coxcie, il cambista e sua moglie di van Reymerswaele, il San Michele arcangelo di Cambiaso, la Santa Margherita di Tiziano e la bellissima decapitazione di Santiago del Navarrete. Suo è anche il San Geronimo penitente e poi ancora il ripudio di Agar di Mattia Preti, l’incoronazione di spine e il Lot e le sue figlie del Guercino. Come non nominare poi il San Geronimo penitente e l’Esopo del grande De Ribera. Percorro ora l’itinerario che mi porta a visitare le varie sale del palazzo, quelle aperte al pubblico. Non dimenticherò mai alcune porte intarsiate donate dagli artigiani della città tedesca di Augsburg, tra i migliori ebanisti d’Europa, che mi hanno incantato per minuti. Scendo al Pantheon sotterraneo che contiene i sepolcri dei re di Spagna e delle regine che sono state madri di re. In una stanza poligonale, impreziosita da lesene corinzie, ci sono 26 sepolcri stupendi. Ancora più superbo è il successivo pantheon de los infantes, cioè dei principi reali e delle altre regine. Si potrebbe restare ore ad ammirare le magnifiche tombe di marmo con fregi e bassorilievi, come anche l’eccelsa sala circolare dove riposano i principi morti prima della pubertà. La visita prosegue con l’originale Sala Capitular, aule per la seduta del Capitolo che presenta soffitti stupefacenti decorati con grottesche di artisti genovesi del XVI secolo. Nelle diverse sale bellissime tele fra le quali l’ultima cena e San Geronimo penitente del Tiziano, la moltiplicazione dei pani di Patinier, la creazione, il carro di fieno e l’incoronazione di spine del grande Hieronymus Bosch. Giungo al chiostro principale dove ci sono affrescati dal Tibaldi i 46 episodi della redenzione. Ci si sente circondati da opere d’arte, come quando salgo parzialmente la scalinata principale per ammirare meglio possibile lo straordinario affresco sul soffitto di Luca Giordano, intitolato la gloria della monarchia spagnola. Gli ci vollero sette mesi per realizzarlo. E poi ancora, in un'altra sala, la Santissima Trinità, ancora del Ribera. Giunge il momento della classica ciliegina sulla torta: la basilica, una delle maggiori opere dell’architettura spagnola, a tre navate ed una grandiosa cupola. Ciò che fa restare basiti è la grandiosa pala d’altare, disegnata da Juan de Herrera, disposta su quattro livelli e alta 26 metri. E’ sostenuta da colonne di marmo ed impreziosita da nicchie e statue di santi, dipinti di pregevole fattura.del Zuccaro e del Tibaldi, mentre le sculture in bronzo sono di Pompeo Leoni. Bellissimo il dipinto centrale raffigurante il martirio di San Lorenzo. Nell’edificio ci sono 42 altari e 38 dipinti di grandi artisti dell’epoca come Diego da Urbina, Luca Cambiaso, Navarrete, Pellegrino Tibaldi e Coello. Ogni quadro meriterebbe una particolare attenzione, ma non posso non contemplare a dovere, in una cappella a sinistra, uno straordinario crocifisso di Benvenuto Cellini. Da lui realizzato per essere collocato sulla sua tomba, fu poi ceduto a Francesco I de Medici, il quale lo regalò poi a Filippo II. Percorro le navate laterali col concreto rischio di sbattere contro le colonne, tanta è la tendenza ad alzare gli occhi sulle volte e agli affreschi del Giordano che le impreziosiscono. L’importante pittore barocco italiano fu così veloce nell’affrescare il soffitto della basilica che fu soprannominato el rapido. Per finire, entro nella famosa biblioteca di Filippo II, dove teneva la sua collezione privata. Arrivò a contenere ben 40.000 volumi fra cui il De Bactismo del V secolo e un numero eccezionale di manoscritti. Stupendi sono anche gli affreschi sul soffitto del Tibaldi. Sono molto stanco, ma soddisfatto e dopo un veloce sandwich alla locale stazione dei bus, ritorno a Madrid Moncloa e con la metro di nuovo a Nuevos Ministerios e all’aeroporto.  Il viaggio è terminato, accompagnato da un meteo talmente favorevole da considerarsi quasi imbarazzante.

 

 

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