2010  SIVIGLIA

Gioiello dell' Andalusia

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Santa Cruz - Iglesia del Salvador

 

Raggiunto l’aeroporto di Orio al Serio, parto con un volo Ryan air, destinazione Siviglia, dove atterro dopo due ore e trenta di volo. Un pullman mi conduce sino alla bus station in plaza San Sebastian dove percorro a piedi la lunga calle de Menendez Pelayo fino all’ostello dove mi registro. Riparto subito dopo, entrando nel quartiere di Santa Cruz, in centro città. Sulla calle Esteban entro nella mia prima chiesa, nemmeno segnata sulla guida, la iglesia gotica di San Esteban. Interessante il retablo di Figueroa con pitture del grande pittore spagnolo Zurbaran e il soffitto in legno. Poco dopo mi reco nel vicino monastero di S.Maria Jesus dove delle monache, separate dai fedeli da una cancellata, stanno officiando la Santa Messa. Anche qui apprezzo un bel retablo. Giungo alla fine della via, in plaza del Salvador, sede della chiesa omonima, ma gli orari di apertura sono diversi da quelli indicati dalla guida cosicché posso solo ammirarla dall’esterno, per ora. Il tempo è molto nuvoloso. Come previsto dai siti di meteorologia, oggi dovrebbe piovere. Per questo ho costruito un itinerario che non mi impedirà di ottenere le mie meritate gratificazioni in quel caso. Mi dirigo speditamente al Real Alcazar, senza dubbio uno dei due must in Siviglia. Fu nel 1346 che Pedro I ordinò la costruzione di questa residenza reale in mezzo ai palazzi edificati dai sovrani arabi almohadi, l’ultima dinastia mora che governò la città prima della reconquista da parte degli spagnoli. Nel giro di due anni, gli artigiani di Cordoba e Toledo crearono un vero gioiello di cortili e saloni mudejar. Questo stile architettonico, già ammirato ampiamente nell’affascinante città aragonese di Saragozza è prodotto dagli artigiani mori che lavoravano sotto i cristiani conferendo alle loro costruzione un impronta ibrida cristiano-musulmana con l’uso di mattoncini rossi di piccolo formato. Entro nel complesso insieme ad una guida con la quale bypasso la lunga fila dell’ingresso ed eccomi nel patio de la Monteria, proprio di fronte al palacio Pedro I. Il portico è fantastico, con gli archi in stucco traforato e a ferro di cavallo, le piastrelle azulejos che decorano la parte inferiore dei muri. Le tipiche finestre arabe con gelosie, realizzate in modo che la donna possa guardare all’esterno senza che da fuori la si scorga. Stupefacente sono anche i soffitti che ammirerò durante la visita. Nei palazzi arabi c’è sempre una cura particolare per questa sezione architettonica dato che, stando seduti sul pavimento e guardando spesso in alto devono poter ammirare il bello anche sopra. Per questo motivo le luci sono sempre puntate verso l’alto, mentre da noi è il contrario, verso il basso. Da brivido è il salon de embajadores con la sua cupola in legno di cedro scolpito e decorato. Era questo il salone che doveva impressionare gli ambasciatori. E ne avevano motivo, le finestre traforate per la ventilazione, gli archi, gli azulejos (letteralmente azzurro-lontano, il cielo). Si sale poi nel salone Carlo V dove enormi arazzi decorano le pareti. Si pensi che una donna per realizzare un metro quadro impegnava tre mesi di lavoro per dieci ore al giorno. La sua capilla, dove sentiva la Messa. Si scende nuovamente al patio de las Donzellas, ricco anch’esso di elaborati stucchi. Siviglia è la zona delle arance amare infatti, ovunque si possono vedere alberi con le tipiche foglie doppie. La visita è stata molto ben condotta e decido di assoldare questa guida anche per la cattedrale, dandoci appuntamento per mezzogiorno. Ho il tempo di tornare all’iglesia de San Salvador che, infatti, è aperta. Ne varco l’ingresso percorrendo quella centrale delle tre navate fino al transetto che presenta due magnifici retablos dorati e uno nell’altare. Bella la capilla sacramental con un altare in argento sbalzato e una statua: Gesù della Passione. Raggiungo quindi il paseo de Colon dove ammiro la Torre del Oro, all’epoca dei Mori, parte della città muraria. Fu eretta come vedetta quando Siviglia era sotto il controllo degli Almohadi  e c’era una torre gemella sull’altra sponda del rio Guadalquivir che taglia la città. Fra le due torri veniva attaccata una robusta catena per impedire alle navi di risalire il fiume. Faccio ritorno in plaza del Triunfo dove c’è la guida con la quale do inizio all’esperienza più entusiasmante del viaggio: la celeberrima cattedrale, che è sita dove un tempo sorgeva la grande moschea Aljama, eretta dagli almohadi. La famosa Giralda e il patio de lo Naranjos è ciò che resta dell’antica struttura moresca. E’ la più grande cattedrale gotica e cristiana del mondo ed il terzo edificio religioso per dimensioni dopo la basilica di San Pietro e la cattedrale di Saint Paul a Londra. Esternamente m’ispira giudizi contrastanti: indubbiamente grandiosa nelle sue dimensioni, non suscita ammirazione nella struttura che m’appare approssimativa. Il colpo d’occhio istantaneo impressiona, d’accordo, ma un analisi più approfondita dei particolari rivela una povertà di dettagli. I doccioni, le poche statue, i pinnacoli sono sculture di poco pregio. Che risalta è la straordinaria costruzione della Giralda, torre e campanile della cattedrale, alta 104 metri. Venne costruita basandosi sul progetto della moschea Kutubia di Marrakech in Marocco. In cima c’è un giramento  in bronzo, il Giraldillo, che raffigura la fede. Intorno alla cattedrale, molto belle sono le porte, come quella del Bautismo e de la Asuncion. Si entra!!. I numeri di questo luogo di culto sono impressionanti: patrimonio dell’umanità per l’Unesco dal 1987, 5 navate, 32 colonne, 80 vetrate, 45 cappelle. Una citazione particolare merita la grandiosa capilla mayor, chiusa da una cancellata in ferro battuto. In cima, il retablo mayor con raffigurata Santa Maria de la Sede, santa patrona della cattedrale, che siede sull’altare maggiore sotto una cascata d’oro, sono 1700 kg. di foglie d’oro che coprono 1100 figure che rappresentano la vita di Cristo. A sinistra l’altar de plata realizzato con 700 kg. d’argento, del 1688 serve per officiare le funzioni più importanti. Altro complesso maestoso è il monumentale coro della cattedrale realizzato in legno di Cuba, con due organi straordinari, altri due si trovano lateralmente. In questa cattedrale s’è svolta la cerimonia del matrimonio della coppia reale. Molto belle sono, inoltre, le vetrate policrome lungo tutto il perimetro interno, la fonte battesimale con un pregevole dipinto di Murillo: Sant’Antonio. La porta principale, dietro il coro si apre solo per il Papa e per il Re. Monumentale è anche la tomba di Colombo, il cui sarcofago è sorretto da figure che rappresentano i regni di Castilla, Leon, Aragona e Navarra. Curioso che anche Cuba e la Repubblica Dominicana affermino di possedere, in una tomba, i resti del grande navigatore genovese. Entriamo quindi nella sacrestia maggiore dove è un ratablo d’argento di 840 kg. raffigurante la patrona dei malati: Santa Rosalia. Ultima visita, al salone del tesoro, dove ammiro ostensori e  reliquari, tutti preziosissimi e, infine, la magnifica corona realizzata da Manuel de la Torre con 11.000 pietre preziose costata qualcosa come le attuali 6.000 euro nel 1904. Saluto la guida e mi dirigo da solo lungo il percorso circolare che mi conduce in cima al campanile della Giralda. Lungo il tragitto posso ammirare da diverse angolazioni il panorama sulla città e della sottostate plaza de la Virgen de los Reyes. Il tempo s’è guastato e ora piove, cosicché la vista che mi viene concessa non è impreziosita dalla magia che solo i raggi solari sanno conferire all’architettura. Sceso nuovamente, visito l’intera cattedrale con più calma, soffermandomi dove reputo più conveniente farlo.E’ già pomeriggio tardi ma, se sarò fortunato, potrò visitare il lontano convento di Santa Paula. A Siviglia ci sono molti edifici religiosi chiusi, ma alcuni sono accessibili come questo convento, istituito nel 1475 che tuttora ospita 40 suore. Lo raggiungo dopo una scarpinata notevole nel quartiere della Macarena, ma è chiuso e a nulla valgono le mie implorazioni fatte alla suora che mi risponde al citofono. Pazienza, se non fosse che anche la successiva basilica de la Macarena è chiusa, cosa che mi fa infuriare con la guida cartacea in mio possesso che, invece, mi indica diversi orari d’apertura. Raggiungo pertanto il rio Guadalquivir che discendo lungo la passeggiata laterale fino a rientrare in centro, in Alfonso II e la famosa calle de las Sierpes, la più importante arteria commerciale della città, riservata ai pedoni. Affascinanti lampioni sparpagliano tutto intorno una luce intrigante, mentre la discendo fino alla Cattedrale. Ma prima una breve deviazione per entrare nella capilla de San Jose, una piccola chiesa che si rivela un bijoux. Intorno alla sua navata unica è un tripudio di barocco, con lavorazioni in stucco dorato. Sebbene gli affreschi del soffitto necessiterebbero di un’adeguata opera di restauro, il retablo dell’altare maggiore è straordinario. Prima di raggiungere la plaza de la Virgen de los Reyes, attraverso la plaza de San Francisco, tutta illuminata e ospitante la Fiera de Belen de Sevilla, decine di bancarelle che vendono oggetti di richiamo religioso. Giunto quindi di fronte alla cattedrale, cerco di immortalarla meglio che posso avvolta dalle luci artificiali e quindi raggiungo il ristorante precedentemente prenotato: il bel Meson don Raimundo dove gusto il Gazpacho, tipica zuppa fredda andalusa e un’altra specialità locale che è la coda di toro stufata. Il tutto bagnato da un rosso Rioja Cune cianca 2007 di 13.5° . Ritorno all’ostello soddisfatto. L’indomani, parto di buon ora, alle 7.15, nonostante la città sia ancora avvolta dal buio. In plaza de San Salvador faccio colazione puntando subito dopo verso il quartiere El Arenal dove inizio il mio giro turistico dalla iglesia de la Magdalena, chiesa barocca dove assisto alla funzione religiosa, mentre ammiro la sua struttura a tre navate. Nella capilla de la Quinta Angustia, bei dipinti, cupole mudejar e azulejos. Le volte del soffitto devono essere sistemate, ma quasi tutti gli affreschi e gli stucchi sono in ottime condizioni. Abside molto bella e, a sinistra, un altare dorato dedicato alla Madonna. Raggiungo il rio Guadalquivir e percorro un itinerario nel centro del quartiere che mi fa conoscere il teatro de la Maestranza, sede dell’orchestra sinfonica di Siviglia. Raggiungo l’Hospedal de la Caridad, fondato nel 1674 e tuttora usato come ospizio per gli anziani. La facciata della chiesa è anonima, ma l’interno regala momenti artistici di estrema importanza. Dopo un primo cortile, con i muri decorati di azulejos, entro nella chiesa ad unica navata. Catturato dal bellissimo retablo maggiore non do sguardo subito ai magnifici quadri sul perimetro laterale. Tra tutti il Finis Gloriae Mundi e il Geroglifico della morte, entrambi di Juan de Valdez Leal, la moltiplicazione dei pani e dei pesci di Murillo. Uscito dal complesso mi dirigo verso la vicina plaza de Toros acquistando un biglietto per il tour guidato che parte proprio ora. Dapprima si entra sugli spalti dell’arena che appartiene ad una corporazione il cui presidente siede sul palco principale. Si fanno di solito una quarantina di corride per stagione che parte dopo Pasqua. La guida spiega come si svolge la corrida: dapprima il matador stimola il toro con il mantello per valutarne velocità e intelligenza, poi i picadores, a cavallo, lo pungolano con le picche per indebolirgli i muscoli delle spalle. Quindi entrano i banderilleros che lo colpiscono con le banderillas sulla schiena, infine il matador  esegue dei passaggi con il mantello e per ultimo fa piegare la testa al toro e lo uccide con la spada. E’ uno spettacolo cruento, vigliacco, ma in Spagna è ancora molto seguito. Lungo un percorso interno è il museo, con vari reperti come il vestiario e gli attrezzi usati durante la corrida. Curiosa la testa imbalsamata de la vaca Islera, la madre del toro che uccise il famoso Manolete. Quando un toro infatti ferisce a morte un torero, viene uccisa la madre che si pensa abbia dato la vita ad un assassino di uomini. Altra curiosità è che il toro non sembra distinguere il rosso, come si è comunemente convinti, ma solo il bianco e il nero. Lui riconosce infatti solo il movimento del mantello che carica. In ogni corrida si impiegano sei tori. Uscito, percorro la riva del fiume fino al quartiere Maria Luisa e il Palacio de San Telmo, patrono dei navigatori. Attualmente è la sede del governo regionale. Molto prossimo è lo straordinario hotel Alfonso XIII, il più noto albergo di lusso della città. Proseguo fino al parque Maria Luisa, il grande parco intitolato alla principessa Maria Luisa d’Orleans che nel 1893 donò alla città gran parte del palazzo di San Telmo. A dargli forma provvide Claude Forestier, direttore del Bois de Bologne di Parigi che creò tutto l’ambiente per l’esposizione iberoamericana del 1929. Bella la Plaza de Espana, semicircolare, come il museo delle arti e costumi popolari. Ritorno nel centrale quartiere di Santa Cruz fino alla pittoresca piazzetta Plaza de los Venerables dove è l’omonimo Hospital al momento chiuso. Proseguo perciò fino alla Casa de Pilatos, fatta costruire dal primo marchese di Tarifa . Il palazzo che visito in tour guidato è molto bello. Il patio principale in stile mudejar. Si sale ai saloni, alcuni dei quali ancora abitati dai discendenti. Sale con affreschi, arazzi, vasi cinesi e quadri di una certa importanza alle pareti, la stanza dei ritratti, il salone Francisco Pacheco con allegorie sul soffitto e il Prometeo di Luca Giordano. Visito quindi l’archivio de Indias che evidenzia il ruolo di primo piano che ebbe Siviglia nella colonizzazione e esplorazione del Nuovo Mondo. In origine una lonja (borsa) per le contrattazioni dei mercanti, nel 1785 Carlo III fece radunare tutti i documenti relativi alle Indie,  creando così  un affascinante archivio che custodisce lettere di Colombo, Cortez, Gorge Washington. Circa 86 milioni di pagine manoscritte e 8.000 fra carte geografiche  e disegni. Alcuni sono visibili in teche di vetro. Mi dirigo nuovamente all’Hospital de los Venerables. Entro. Dapprima, un portico ricco di preziosi intarsi e azulejos inferiormente. Poi la chiesa, con i suoi bei affreschi che paiono arazzi, l’altare dorato. In sacrestia, un affresco curioso, in trompe l’oeil di Valdes Leal intitolato il trionfo della croce.  All’interno del complesso c’è anche un salone dedicato ai grandi pittori spagnoli. Ci sono alcuni splendidi dipinti, come il Fray Pedro de Ono di Zurbaran, la Santa Rufina di Velasquez, la Santa Catalina di Murillo, l’Immacolata di Zurbaran. Bene, le visite sono terminate, è meglio che vada in ostello a sistemarmi. Ho acquistato infatti un biglietto per lo spettacolo di flamenco che si rappresenta al palacio Andaluz. Lo show sarà straordinario e le performances dei ballerini così entusiasmanti, ammirate poi da pochi metri, che non avrei potuto davvero reclamare di più da questa giornata. Nel ritornare all’ostello faccio una sosta in un locale dove gusto tre tapas, con jamon iberico, queso viejo e salsichon iberico. Siviglia è stata un’esperienza entusiasmante e la conserverò per sempre nel cuore, l’indomani mi dirigo a piedi in plaza San Sebastian, dove il pullman mi riporta in aeroporto e, da lì, in volo per Orio al Serio.

 

 

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