1990 SUDAFRICA

 Il tramonto dell'apartheid in Sudafrica e Swaziland

.

Johannesburg - Sanlam centre

Che viaggio!. Per chi vuole visitare l’Africa e le sue atmosfere forse non c’è porta d’ingresso migliore. Lo shock viene attutito e ci si può permeare meglio nell’ambiente. Il Sudafrica consiste in una serie esagerata di aspetti sempre differenti nel clima, nella civiltà, nei paesaggi. L’Africa nera è qui ma non ce se ne accorge quasi. Se uno la vuole eccola, dietro l’angolo altrimenti, se si desidera una spruzzata di civiltà ci si può servire. Una società come quella sudafricana ha ben poche eguali al mondo. Regna una organizzazione ben radicata che ha creato gli automatismi necessari. Certo anche qui ci sono delle note stonate e prima fra tutte la questione della segregazione razziale ma ora non  è più presente come 10 - 15 anni fa  anzi i negri sono sempre più integrati. Chiaro però che la situazione evolverà a netto favore dei neri che reclamano per intero la loro terra. Eccoci a Linate in orario il 22 Luglio da dove raggiungiamo Roma con un volo dell’Alitalia. La coincidenza per l’Africa sarà un aereo della compagnia Air Zambia che ci porterà prima nella sua capitale Lusaka e quindi ad atterrare a Johannesburg. Ritiriamo l’auto, una City Golf già prenotata dall’Italia. Il traffico è ordinato e la guida a sinistra. Ecco la sagoma della città con i suoi grattacieli. Prima della city notiamo i rifugi dorati dei benestanti sudafricani e quindi avvistiamo il nostro Protea Garden, l’albergo che ci ospiterà per tre notti. Sistemate le nostre cose vogliamo sfruttare l’ora di sole rimasta e ci dirigiamo verso il centro cittadino. Joburg è stata costruita 100 anni fa e le strade sono tutte parallele. Non possiamo fare a meno di notare la moltitudine di neri presenti ovunque. Ora infatti, in tutto il paese, il nero non è più obbligato a tornare la sera nelle sue township prima del calar de sole e in ogni caso alla fine della sua giornata lavorativa. Ora possono entrare nei locali che desiderano sempre che non siano clubs e che abbiano i denari per farlo Una volta Joburg era una città per bianchi ed i neri ci venivano solo per lavorarci mentre adesso invece, camminando nelle sue vie ci si rende conto che non è più così. Oltretutto la situazione attuale non è tranquillissima e si vive quell’atmosfera di transizione politica che potrebbe sfociare in ogni momento in disordini. Passeggiamo fra le arterie più importanti come la Commissioner, la Marshall ma più si avvicina la sera più si chiudono i battenti. Ceniamo in uno steak house per poi ritornare in albergo a riposarci. L’indomani ci si alza piuttosto presto e dopo colazione riprendiamo la visita della città interrotta ieri per l’oscurità. Raggiungiamo la piazza del Sanlam Centre con il bel Cape Sun hotel. Una moltitudine di persone di colore si sta recando  a lavoro ma sentiamo anche delle urla e del vociare. Notiamo che si sta svolgendo una manifestazione dell’ANC (African national congress), il partito dell’opposizione di Nelson Mandela. Vi entro nel mezzo filmando e fotografando i partecipanti. I neri dell’ANC appartengono quasi tutti all’etnia xhosa come pure il suo leader Mandela. Verso la metà del nostro viaggio vi saranno molti scontri tra loro e il partito degli zulù, Inkata. La questione tribale è incandescente in Sudafrica. Ora i neri incominciano ad avere più spazio e potere. Buthelezi, il capo dell’Inkata non vuole certo stare a guardare mentre gli xhosa entrano nel palazzo del potere. Gli zulù, nativi dello Zululand nel Natal sono sei milioni e vogliono giustamente la loro fetta di torta. Il risultato sono degli asprissimi scontri tribali nelle township fra le due fazioni. A tutt’oggi 10/10/90 sono circa 900 i morti che si contano fra i due gruppi rivali.  Potrebbe essere che fra qualche anno il Sudafrica  faccia la fine del Mozambico e della Rhodesia che sono paesi ora gestiti da neri in continua lotta fra loro. Ora intanto siamo nel più famoso store della città, il Carlton centre da dove con un ascensore raggiungiamo l’ultimo piano godendo  della migliore vista sulla capitale. Mentre pranziamo al pianterreno veniamo a sapere che è sconsigliabile avvicinarsi a Soweto dato che è una metropoli violentissima piena di rancori per i bianchi. Andarci, ci dicono è una pazzia. Usciti dal Carlton decidiamo di visitare la famosa Gold reef city. E’ un antica miniera ormai esaurita intorno alla quale è stato ricostruito l’ambiente dei primi pionieri boeri. Entriamo anche nella miniera d’oro, ormai esaurita dove con in dotazione un elmetto seguiamo un itinerario prefissato con le spiegazioni del caso. Ci mostrano come viene pompata l’acqua e il carrello con le pietre aurifere dalle quali si estraggono 4 grammi d’oro per carrello. Terminato il tour sono le 15.00 e decidiamo di andare verso la periferia di Soweto, una metropoli di due milioni di persone dove è stato costruito il più grande ospedale dell’emisfero australe. Questa città è tristemente nota per essere stata sede della più cruente repressione della polizia sudafricana tanti anni fa. A manifestanti neri fu risposto con le armi da fuoco ad altezza d’uomo. Per arrivare qui dobbiamo percorrere una ventina di chilometri in direzione sud dopodiché una freccia indica la sua l’ubicazione. Non siamo ancora entrati nella vera e propria cerchia cittadina ma l‘atmosfera che pervade tutta la zona non ci fa stare tranquilli e preferiamo tornare sui nostri passi. E’ già da mezzora che non vendiamo in giro bianchi, qui siamo nel bunker dei neri e non è salutare rimanerci. Se accadesse qualcosa all’auto o ci inseguissero avremmo poco scampo. Ritornati a Joburg facciamo una capatina all’Oriental Plaza, il più grande mercato orientale della città. Torniamo in albergo e ci prepariamo per l’uscita serale che consumiamo al Gramadoelas, uno dei più famosi ristoranti di Johannesburg. In un ambiente coloniale con quadri antichi alle pareti gustiamo un game pie(pasticcio di selvaggina) bagnato da un Nederburg Edelbrod del 79. Torniamo al Protea felici della giornata trascorsa splendidamente.  La mattina seguente si parte presto in direzione dell’altra grande città del Transwall, Pretoria. Divisa da Joburg da una quarantina di chilometri la capitale amministrativa del paese ubica la sede del governo, dove si sta tuttora cercando di trovare una soluzione all’integrazione dei neri. Prima però sostiamo ad uno snake park dove assistiamo ad un esibizione con dei serpenti e possiamo anche ammirare molti esemplare come lo sputting cobra, il mamba e la vipera del Gabon. Ripartiamo entrando in Pretoria dove parcheggiamo nel centro cittadino. La città non è niente di eccezionale. La piazza principale si chiama Church square ed in mezzo si erge la statua del primo presidente del Sudafrica, Paul Kruger. Visitiamo le vie intorno al Municipio e nel pomeriggio saliamo fino all’Union building da dove si gode una bella veduta della città. E’ ora di ritornare, ma decidiamo prima di fare un giro con l’auto nei sobborghi borghesi dove fanno bella mostra ville bellissime, parchi, prati ben curati. Notiamo li vicino anche l’università dell’Unisa, l’ateneo per corrispondenza più grande del mondo. Pare di essere nei dintorni di Beverly Hills. La sera è già calata e seguendo in parte l’autostrada e poi la statale arriviamo ad Olifantsfontein. Qui è presente un locale molto famoso, il Pastridge. C’è un ampio parcheggio all’esterno di fronte ad una grande villa in stile decadente. Sarà una delle esperienze culinarie più entusiasmante mai fatte in giro per il mondo. Una lista di vini trasuda nobiltà. Si comincia con ostriche  e terrine di impala e quindi filetto di Kudù e di Eland ingioiellati da un vino rosso, un Delheim Pinotage dell’87 che accarezza il palato lasciandolo in estasi perenne. Ritorniamo a Joburg e subito a letto. Domani è in programma l’escursione alle Victoria falls. Lasciamo l’auto all’Avis e si parte in volo verso lo Zimbabwe. Si atterra per scalo tecnico a Bulawayo  ma appare subito strano che ci facciano scendere infatti c’è uno sciopero  del personale e risulta impossibile ripartire per le cascate. Insieme ad altri si decide per l’opzione del treno . Ci portano alla stazione dove sembra che il treno partirà in serata. Sono preoccupato perché in questo modo arriveremo alle Victoria falls alle 7.30 del mattino e ci salterà l’appuntamento che avevamo fissato con un autista che avrebbe dovuto aspettare all’aeroporto e portarci al mitico Victoria falls hotel. Vedremo!. Lo Zimbabwe non è altro che la vecchia Rhodesia che fino a qualche anno fa era controllata dal Sudafrica come del resto anche lo Zambia, l’Angola e la Namibia. Ora, con il suo corrotto presidente Mugabe, è una nazione allo sfascio senza alcun programma valido di governo. Ecco il treno  dove abbiamo  due posti in un vagone letto. La locomotiva è a carbone  e fa un fumo dell’accidenti. La notte trascorre comodamente e svegliandomi talvolta ammiro la savana africana tutto intorno Alle 7.30 arriviamo alla piccola stazione ferroviaria di Victoria falls e subito dopo ci facciamo portare al Victoria falls hotel. In lontananza si ha già un idea dello spettacolo naturale a cui assisteremo  e si vede chiaro anche il bel ponte sullo Zambesi che fa da confine fra lo Zambia e lo Zimbabwe. Attraverso un sentiero che parte dall’albergo arriviamo fino all’entrata del parco e in breve siamo proprio di fronte alla cascata. C’è un sentiero che corre lungo tutto lo sviluppo delle stessa  e noi lo cominciamo a percorrere dal principio. Ogni tanto, delle brevi deviazioni portano alla vista di questa meraviglia naturale. Lo Zambesi si allarga fino a 1.800 metri e cade con la più grande tenda d’acqua del mondo giù nel canyon sottostante. L’ambiente è selvaggio e naturalmente a proprio rischio è possibile sporgersi fino a rappresentare  l’ultima barriera prima del vuoto di fronte alle cascate. Il vapore che sale dal canyon è enorme e talvolta non si vede quasi niente bagnati da miliardi di goccioline ma le sensazioni sono uniche. In fondo, il sentiero termina. Qui si ha una vista suprema  sulle Raimbow falls, le Eastern falls ed il ponte sullo Zambesi. Questo luogo  raggiunge l’apoteosi della bellezza.  E’ d’obbligo una sosta più prolungata per poi ritornare indietro  fin dove è stata eretta una statua in onore dell’ esploratore Livingstone che le scoprì nel 1855. Dopo aver acquistato una straordinaria statua in iron wood che rappresenta un vecchio re di una tribù locale riposiamo un po’ nel giardino dell’hotel. Alle 16.30 partiamo per una crociera sul fiume e la sera assistiamo ad uno spettacolo folkloristico di danze rituali tribali. Lo show è bellissimo e variegato nei costumi. Il mattino seguente abbiamo un altro climax infatti un pulmino della United air ci porta al piccolo aeroporto locale da dove decolliamo con un minuscolo aereo da turismo per ammirare lo spettacolo delle cascate dall’alto. Si volteggia visionando la manifestazione naturale da tutte le angolazioni fino a provare orgasmi emozionali. Alla fine il pilota fa persino una picchiata che termina ad una decina di metri dal fiume dove Gosia intravede persino un coccodrillo su una delle molte isolette nel fiume. Si entra  anche nell’entroterra scorgendo un gruppo di elefanti. Magnifica esperienza che rimarrà di fronte ai nostri occhi anche durante il volo di ritorno verso Johannesbug del pomeriggio. Riprendiamo la City Goal raggiungendo nuovamente il Protea Garden hotel. Stasera andiamo a cenare al noto Fisherman Grotto, uno dei migliori ristoranti della città. All’interno del locale stanno in bella mostra centinaia e centinaia di bottiglie di vino e liquori. Il vino per la cena me lo fanno scegliere in cantina e io mi oriento su un bianco sudafricano delicatissimo ed equilibrato, un Vineyard selection 1989 Sauvignon blanc. Ci ricorderemo per sempre di questa cena dato che il piatto che gusteremo sarà uno straordinario granchio alla moda mozambicana servito in una ciotola di 30 centimetri. Per impedirci di macchiare i vestiti ci offrono anche un grembiulino. Ci impiegheremo un ora per mangiarlo e le chele saranno piene di polpa saporitissima. In albergo il sonno si impossessa di noi con più soavità. La sveglia ci informa che dobbiamo alzarci. Molti chilometri ci separano dal Kruger park dove siamo diretti  e per primi ci presentiamo nel salone per la colazione. Si percorrono poi campagne infinite con grandi campi coltivati. Raggiungiamo Nelspruit che è la porta d’ingresso ai bellissimi Monti Drakensberg che visiteremo in seguito. Numerose fattorie ed infine ecco l’ingresso del parco. Il Kruger è uno dei più grandi parchi del mondo e senza dubbio uno dei più organizzati. All’interno ci sono dei campi  come Skukuza e Satara dove abbiamo già dall’Italia prenotato il soggiorno. Questa è la stagione migliore per ammirare i mammiferi dato che l’erba bassa favorisce un ampia visuale. Appena entrati ecco subito gli impala, delle simpaticissime antilopi, numerose in tutto il parco quindi dei facoceri e dei waterbucks che quando sono attaccati molto spesso si rifugiano in acque infestate dai coccodrilli. Sembra infatti che questi rettili non gradiscano troppo la sua carne  e loro possono stare così al sicuro. Avvistiamo anche un grosso rapace che tiene ben stretto in volo un serpente che ha appena catturato. Si posa poi su un albero e banchetta. Gli orari del parco sono inderogabili  e alle 18.00 bisogna  essere all’interno dei campi. In prossimità di Skukuza siamo gratificati da una presenza inconsueta quanto entusiasmante. Uno splendido leopardo sta muovendosi fra i cespugli a non più di sette metri da noi. Riesco a filmarlo e sparisce subito dopo fra la boscaglia. E’ una cosa straordinaria vedere un animale così perché di solito si muove solo di notte ed è pressoché impossibile scorgerlo. Vicino all’entrata poi alcuni babbuini ci allietano questi ultimi momenti prima di entrare nel campo. E’ stata una giornata bellissima, costellata da esperienze tutte nuove per noi. Il bungalow assegnatoci è confortevole. Cena a buffet e poi in una postazione sopra il fiume con le torce per avvistare i coccodrilli. La mattina seguente ecco nuovamente i babbuini, poi anche i bufali e più avanti le prime giraffe, zebre, un esemplare di sable antilope e persino uno struzzo anche se da lontano. Dalle otto, ora in cui siamo usciti dal lodge di Skukuza alle 18 quando entreremo in Satara sarà un susseguirsi incredibile di avvistamenti in mezzo a silenzi che riempiranno l’anima. Qui si contempla la natura, la si capisce e il comparire di una giraffa o di un antilope ingigantisce la sensazione fino all’estasi. Siamo noi due soli ad ammirare gli animali nel loro habitat immersi nella natura fin quasi a farne parte. E’ un emozione estatica. Tutto il giorno a percorrere sterrati, piccoli e grandi  senza fretta e poi uno spuntino in mezzo alla savana. Questa giornata la ricorderò per sempre. Ecco un suni, una piccola antilope molto simpatica e veloce. Si arriva al Satara lodge alle 17.30. Il giorno dopo sveglia prestissimo alle 5.30 perché si vuole uscire subito alla ricerca dei predatori che al mattino presto si ha più chance di avvistare. E’ nuvoloso e cominciamo ad andare verso nord lungo il fiume Olifant. Subito ci imbattiamo in due elefanti che ammiriamo mentre si nutrono di erba e ramoscelli. Ecco in lontananza la sagoma di un predatore. Dovrebbe essere un wild dog o una iena. Va verso sud e metto quindi la retromarcia. Ora si vede meglio!. E’ una iena, sta venendo verso la strada e perciò verso di noi. Non è sola però  ma ce n’è altre e sono ormai vicinissime. Eccole  che ci attraversano la pista a turno fermandosi addirittura. Sono terribili nell’ aspetto e sono considerate forse i più temibili predatori in natura. Hanno uno sguardo terrificante. Si cibano di tutta quanta la preda ingerendone anche le ossa. Il loro metabolismo poi utilizza tutto ma non l’eccesso di calcio che viene in seguito eliminato con le feci. Ecco perché il passaggio delle iene si riconosce dalla loro feci bianche. Incontriamo poi giraffe, zebre, dei suni, bufali e waterbucks. Il sole ora è alto. Attraverso il ponte sul fiume Olifant ecco un primo coccodrillo disteso sulla riva a poca distanza dall’acqua e dal lato opposto altri due. Vicino, dei buffi ippopotami che si sa convivono con loro in tutta tranquillità. Siano arrivati all’estremo nord del parco e perciò riprendiamo la pista verso sud costeggiando i monti Lebombo che dividono il Kruger dal vicino Mozambico  e quindi dalla guerriglia della Renamo, finanziata dalla RSA. Durante le ore più calde è più raro vedere animali perché si riposano oziando. Verso le 17 ecco le vervet monkey, simpaticissime scimmiette che ci hanno fatto molto divertire durante tutta la nostra permanenza nel parco ed anche fuori. Si raggiunge nuovamente Satara e stasera al self service ci sarà una gradita sorpresa: la carne di bufalo. Ultimo giorno di parco prima di salire sui monti Drakensberg ed ecco un bello struzzo proprio di fronte a noi che ammiriamo per un quarto d’ora. E’ un uccello velocissimo e può raggiungere i 70 Km/h. mantenendo la velocità per molto tempo. Usciti dal parco la savana continua ancora per una cinquantina di chilometri. Si cominciano a vedere le propaggini orientali dei Drakensberg. D’ora in avanti non abbiamo più appuntamenti prefissati e ci fermeremo dove vorremo, quando vorremo. Saliamo verso i monti fra spettacoli sempre più entusiasmanti. I Drakensberg sono una catena montuosa di origine geologica recente e non ha forme particolarmente complesse. Non c’è gente in giro. Ecco un luogo di notevole interesse: il Blyde river canyon. Se ne gode una vista spettacolare con il Blyde river che taglia tutto il paesaggio in fondo alla valle. Ci sono luoghi in cima a rocce sporgenti dai quali  sembra di dominare la natura. Giungiamo ad un paesino tranquillo di nome Graskop dove scoviamo un campeggio con casettine e ne affittiamo una per due giorni. C’è anche un fornello perciò compriamo un po’ di cibarie per pranzare in casa. C’è ancora un po’ di luce perciò optiamo di visitare il famoso Pinnacolo, un crostone di roccia che si alza nel bel mezzo di una vallata. Successivamente ci rechiamo alle God’s windows da dove si ammira un bel panorama sulla vallata sottostante. Ciò che più colpisce è la tranquillità, la serenità che permea questi luoghi. Torniamo a Graskop cucinandoci dei filetti di kingklip. La mattina seguente si riparte questa volta per le Lisbona falls dove vorremmo fare il bagno ma sebbene il posto sia davvero bello questa non è davvero la stagione giusta per fare certe cose. Proseguiamo poi fino alle Mac Mac falls con vicine la Mac mac pool dove trascorriamo due ore in completo relax. Il sole non scalda molto ma è sufficiente per crogiolarcisi. Ritorniamo a Graskop sostando in un delizioso ristorantino dove gustiamo una trota ed un pollo ambedue assolutamente ruspanti il cui gusto lo assaporo ancora oggi mentre scrivo. Semplice ma eccezionale pasto. Si riparte verso Pilgrim rest. Qui vicino, molte tempo fa c’erano miniere d’oro e ora anche un museo che spiega tutto a riguardo con vari negozi di antiquariato. Vi compriamo una lastra di un materiale che esiste solo qui di nome verdite. Di mattina salutiamo questo grazioso paesino ed in mezzo alla nebbia scendiamo fino a Sabie e alla pianura di Nelspruit. Si prosegue per Bemberton in direzione del mitico regno dello Swaziland. Si percorrono strade impervie e sterrate su per montagne di conifere fino alla frontiera RSA e Swazi. Il momento è emozionante perché stiamo per entrare in uno dieci paesi per me più mitici della Terra. Da sempre ho immaginato di poter visitare questo luogo dal nome così strano e così lontano da noi. Dopo le formalità burocratiche siamo ora in terra Swazi, uno dei soli tre regni presenti in Africa dopo il Marocco ed il Lesotho, anch’esso all’interno del territorio sudafricano. La gente qui è chiaramente tutta di razza nera dell’etnia swazy e qualche bianco di origine inglese lo troveremo solo a Mbabane, la capitale. Stiamo ora percorrendo una delle pochissime arterie asfaltate di tutto il regno. Il territorio è tutto collinoso e molto spesso ai margini della strada ci sono degli abili lavoratori del legno. A varie altezze, sulle colline ci sono capanne dove vive  la gente. In tutto lo Swaziland oltre a Mbabane e Manzini sede dell’aeroporto non sono molti i villaggi dove la gente vive in case come noi le concepiamo. La maggior parte vive in capanne a contatto con la natura. Eccoci arrivati a Mbabane. E’ una cittadina che non colpisce molto infatti sono semplicemente quattro arterie principali con un grande centro commerciale. La visitiamo dopo aver affittato un bungalow per due notti. Il pomeriggio lo trascorriamo a girovagare per la capitale fino a sera quando decidiamo di cenare in uno dei migliori ristoranti della città e del regno: il Red Father dove gustiamo un ottimo kingkplit. A Domani!. Purtroppo è una giornata di pioggia. Già ieri non era una giornata bellissima ma oggi sta rovesciando un bel po’ di acqua su queste lande desolate. Partiamo in direzione di Manzini, la seconda città del paese. Durante il tragitto deviamo per ammirare la Royal house e la sede del Parlamento nonché la biblioteca nazionale. Certo non sono delle costruzioni molto attraenti ma caspita, siamo nello Swaziland!. A Manzini facciamo un giro a piedi della città ma unica nota d’interesse è la stazione degli autobus con un sacco di gente che sale con bagagli e masserizie. Si torna nuovamente nella capitale cenando questa volta al famoso Lorenco Marques dove gustiamo una zuppa portoghese ed una ottima trota. Lorenco Marques era il vecchio nome di Maputo, capitale del Mozambico, ieri ricca di merci di ogni tipo e di sfarzo a tempo dei portoghesi ed oggi in rovina dopo l’indipendenza. Continua a piovere perciò torniamo al bungalow. Inizia il nostro quindicesimo giorno di viaggio e lo cominciamo di buon mattino. E’ nostra intenzione percorrere tutto il territorio dello Swaziland fino alla frontiera per poi entrare nel Natal e scendere finalmente verso il mare dove vorremmo trascorrere qualche giornata sulla spiaggia. Alle 5.45 si parte in un paesaggio brullo  tipo savana e verso l’alba, all’improvviso ecco i primi campi coltivati e distese infinite di canna da zucchero. Ogni tanto, poco lontano dalla strada agglomerati umani, gente povera, ai limiti della miseria che probabilmente lavorano come tagliatori di canna. Raggiungiamo la frontiera di Golena da dove rientriamo in Sudafrica. Quasi subito la strada muta aspetto  ma intorno non c’è un granché da vedere e solo qualche venditore zulù propone i suoi manufatti. Sappiamo che vicino a qui c’è la Steward farm, una fattoria dove si allevano coccodrilli e dove si può ammirare il tipico kraal zulù. Kraal è il villaggio zulù con le tipiche capanne coniche. Attraverso una strada tormentata vi arriviamo e veniamo accolti da una persona che ci accompagna all’interno della fattoria. Dopo un attimo, insieme ad un gruppetto di  quattro francesi iniziamo la visita cominciando dall’allevamento di coccodrilli. Alcuni esemplari sono davvero spaventosi!. Ci si avvicina al Kraal zulù dove incontriamo per prima una ragazza seminuda che porta un recipiente di ceramica sulla testa. Subito dopo ecco il Sangoma, lo stregone, che gettando degli ossicini su di una stuoia interpreta gli eventi e le cose. Si continua con esempi di vita di villaggio fino ad assistere a delle danze tradizionali. Le donne nubili hanno tutte il seno scoperto mentre quelle maritate hanno una capigliatura lavorata con l’argilla che conferisce ai capelli una forma solida, rigida. Gli zulù comunque sono l’etnia meglio inserita in Sudafrica e molti elementi appartengono alla ristretta cerchia della borghesia nera. Sono circa 7 milioni nel Natal ed il governo del Sudafrica ha tentato invano di convincerli a creare una nazione loro indipendente  con leggi proprie. La loro intenzione era quella di eliminare così numericamente più neri possibile. A parte i regni indipendenti del Lesotho e dello Swaziland, all’interno della Repubblica Sudafricana ci sono altri stati come il Venda nel Nord che raggruppa l’etnia Venda, il Trankey e il Cinskey dove è presenta gran parte dell’etnia Xhosa (quella di Mandela)  e poi i tanti staterelli denominati Bophutatwuana dove vivono gli appartenenti all’etnia Twana. Riuscendo a creare dal nulla questi stati che comunque non sono riconosciuti dall’Onu come da nessuno stato al mondo i bianchi sudafricani sono riusciti a togliere di mezzo un bel po’ di neri  che in questi territori ora hanno leggi e costituzione propri. Ecco perché gli zulù rifiutano lo stato indipendente ora che possono spartire il potere in un paese ricco come il Sudafrica. Proseguiamo lungo la strada che taglia il Natal fino ad Eshowe dove sostiamo in un take away di proprietà di un avellinese. Si fa quattro chiacchiere con lui ed ammette che solo fino a dieci anni fa i neri erano trattati davvero male. Scendiamo quindi lungo la costa orientale notando di tanto in tanto dei cartelli sulle spiagge che richiamano l’attenzione dei surfisti. “Non andate troppo al largo” dicono “altrimenti potreste fare brutti incontri con qualche squalo!”. Entriamo finalmente a Durban trovando alloggio in una bel residence di fronte al mare. Siamo molto stanchi dalla giornata di trasferimento perciò decidiamo di trascorrere una serata tranquilla. Il giorno dopo siamo di nuovo in forma per dedicare a questa città tutte le attenzioni che merita. Visitiamo la bella piazza con giardini e statue che fanno da contorno al bel municipio, copia di quello di Belfast. Ci rechiamo poi al quartiere musulmano dove c’è la Juma, la più grande moschea dell’emisfero australe. Ci rechiamo al Victoria Embakment, dall’omonimo lungo Tamigi dove prenotiamo l’escursione marina per questo pomeriggio. Qui è il Vasco de Gama clock, regalato dai portoghesi a Durban per ricordare la scoperta della citta (Port Natal) fatta appunto dal loro grande esploratore. E’ ora di pranzo e ci rechiamo al Porter House dove gustiamo la prima aragosta della nostra permanenza nel paese con un ottimo Nederburg Rhein riesling sauvignon blanc. All’uscita visitiamo il celebre Wheel, un grande store con divertimenti e negozi. E’ qui che acquistiamo una testa di impala imbalsamato che ora troneggia nella nostra taverna. Andiamo ora all’imbarcadero per l’escursione. Usciti in mare, per primo si ammira il lungomare famoso di Durban ma il mare è mosso  e veniamo sballottati da tutte le parti. Il capitano decide purtroppo di rientrare. Torniamo al Wheel fino alla cena che consumiamo al Blue Marlin dove andremo in paradiso gustativo. Due piatti di ostriche e poi i prawns con un ottimo Stellembosh sauvignon blanc dell’ 89. Usciamo felici percorrendo il celeberrimo Golden Mile, il lungomare di Durban, davvero unico. A parte le grande spiagge vicine, sul marciapiede sono state create decine di opere per allietare il tempo libero di questi fortunati abitanti. Non parliamo del Sea world che visiteremo domani, del minitown o di reptilia. Oltre a questo è proprio l’architettura del Golden Mile che stupisce e sorprende con scivoli, piscine etc. etc. Hanno creato in questo luogo un atmosfera da fiaba. Che stupenda serata!. L’indomani andiamo per primo al Sea world dove ammiriamo pesci di ogni genere in vasche enormi oltre ad uno stupefacente numero di delfini e foche come già abbiamo potuto ammirare in Brooklyn a New York. Dopo pranzo si ritorna al Golden Mile e poi a casa. Quest’oggi giornata di riposo che termina con un ulteriore uscita per la cena. Domani è in programma una grande sfacchinata con l’intenzione di raggiungere niente meno che Cape Town. Sarà uno sforzo notevole ma ricco di soddisfazioni. Si parte lungo la N2 che costeggia il mare  per un lungo tratto fino ad entrare nel territorio indipendente del Transkei. Qui abita la maggior parte dell’etnia xhosa ed il paesaggio è simile a quello dello Swaziland. Percorriamo la strada principale che comunque è zeppa di lavori in corso. Si fa una prima sosta ad Umtata, graziosa cittadina simile a Mbabane dove ci serviamo di un take-away per soffocare i rantoli della fame. Si riparte e talvolta lungo la strada si incontrano persone con della cenere sulla faccia. E’ una tradizione del costume xhosa. Si raggiunge nuovamente la frontiera sudafricana spingendoci fino alla bella città di East London. Subito dopo un altro Bantustan e questa volta è il Cinskei, anch’esso regno Xhosa. La luce solare sta scemando e perciò è difficoltoso dare connotati precisi al paesaggio comunque sono sempre le solite colline con qualche capanna anche se più rada. Usciamo anche dal Cinskei proseguendo fino a Port Elisabeth dove decidiamo di sostare per la cena. Siamo tutti e due stanchi morti perciò non ce la sentiamo di entrare in un bel ristorante. Ne troviamo uno in riva al mare riposandoci un po’. Ormai sono quasi 1.000 i chilometri percorsi quest’oggi  e sono davvero alla frutta. Ripartiamo  di nuovo lungo la N2 che purtroppo non si dimostra una bella strada alternando tratti scorrevoli ad altri con una sola corsia per carreggiata. Sarà massacrante la notte ma alla fine, alle sette del mattino incontriamo la periferia di Città del Capo. Non conoscendo la città ovviamente vi entriamo dall’arteria principale ed inevitabilmente siamo imbottigliati dal traffico della gente che si reca a lavoro. Io sono distrutto dalla fatica e questa coda davvero non ci voleva. Oltrepassiamo la sopraelevata che ci regala una stupenda vista sulla città  Nella zona di Sea point troviamo una alloggio in un confortevole alberghetto. Molto spesso però capita che quando si è troppo stanchi il corpo genera nuove energie che permettono di continuare a macinare attività e così accadrà anche a me. Dopo la bellezza di 1.800 chilometri non avrei mai immaginato  di aver ancora le forze per visitare la città  invece eccomi in direzione della funivia per la Table Mountain. Citta del Capo è una delle più caratteristiche e belle città al mondo. Il mare la bagna per due terzi e poi subito i bei palazzi del centro mentre  dietro, di fronte al mare la natura ha costruito questo stupendo anfiteatro naturale della montagna della tavola, chiamata così perché in cima è un tavolato piatto, un parco nazionale  con la presenza di molte specie animali. Per arrivarci ci sono molte vie ma la più semplice rimane la funivia. Sfortunatamente oggi c’è vento e l’impianto è chiuso. Torniamo un po’ indietro per risalire a Signail Hill, una collinetta che domina la città dalla quale si gode anche un magnifico colpo d’occhio. Si pensi che da un unico punto si dominano i quattro punti cardinali con il centro cittadino, la table mountain, la spiaggia, il quartiere di Sea point e la catena delle sette cime chiamate dei sette apostoli. Anche qui molte villette stile olandese testimonianza della dominazione boera. E’ ora di pranzo e decidiamo per l’ Old Colonial in Barnet street, locale elegante con menu estremamente raffinato. Noi scegliamo lo stufato di gemsbok tanto per arricchire la nostra esperienza di selvaggina servito con boli di pasta bollita e porri in besciamella. Ottimo anche il vino rosso che l’accompagna, un rosso Landar di Stellembosh dell’87. Che pasto eccelso!. Usciti ci direzioniamo verso Adderly, la zona centrale dove parcheggiamo. Qui vicino c’è lo spettacolare Cape Sun hotel che visitiamo prendendo l’ascensore panoramico dal quale si gode una vista mozzafiato. Poi passeggiamo per le vie centrali ammirando la statua di Van Riebeek con tutto intorno giardini fioriti che incorniciano vie decisamente aggraziate come la Heirengracht. Torniamo nel nostro quartiere di Sea Point dove le onde poderose  mandano spruzzi persino sul lungomare e quindi in albergo a riposare e recuperare le forze per domani quando percorreremo la strada costiera fino a Hout bay dove è un importante porto di pescatori. Non è una giornata piacevole. C’è vento ed è nuvoloso ma è nostra intenzione recarci comunque al mitico Capo di Buona Speranza. Poco dopo Hout bay ecco l’entrata del parco nazionale. Tutto intorno è un silenzio  rotto solo dai lamenti del vento. Dopo qualche chilometro raggiungiamo un parcheggio. Da qui parte il sentiero che ci porta a Cape Point. C’è un bus navetta che si chiama flyng dutchman ma noi preferiamo arrivarci a piedi. Finalmente arriviamo al punto più meridionale del continente africano. Da qua sopra si può ammirare il famoso Capo di Buona Speranza chiamato così perché Diaz, quando lo sorpassò  si augurò in quell’istante di poter ritornare nel suo Portogallo e lo chiamo perciò così. C’è un vento fortissimo, il tempo è uggioso ma voglio percorrere il sentiero che porta al Capo e dopo un rapido consulto decidiamo di esporci al rischio di ricevere acqua a catinelle. Sull’estrema punta c’è un vento terrificante ed un blocco di pietra che raggiungiamo a turno. Contenti e soddisfatti ci rechiamo poi al ristorantino del Capo dove gustiamo un ottima zuppa di pesce ed un filetto di yellow tail, carne simile al merluzzo ma più tenera. Buono anche il bianco Boshendal riesling dell’89. Che giornata!. Percorriamo il parco in lungo e in largo e molto affascinante sarà il percorso in riva la mare fino al Capo  da dove si può salire sino al punto ventoso prima citato. Sarà una grande soddisfazione ammirare il Capo da così vicino scoprendo gli scorci del parco dove quasi pare di essere fuori dal mondo. Ci imbattiamo anche in uno struzzo che con cadenza accelerata saltella sul manto stradale allontanandosi da noi. Costeggiamo ora la costa fino a Simonstown, paese tranquillo sul mare con vecchie case in stile coloniale.  Qui si vive ancora in un atmosfera d’altri tempi. Ritorniamo a Hout bay attraverso l’interno della penisola sostando per la cena al Mariner’s Wharf, il locale più tipico di tutta la provincia del Capo. Gusteremo un ottima zuppa di pesce ed una aragosta da leccarsi i baffi. Ottimo l’ Honterberg reasling dell’88, delicato ed armonico. Si torna in albergo certi di aver trascorso una giornata straordinaria. L’indomani sveglia alle 8.30 con partenza verso la cabeway per la table mountain. E’ aperta perciò saliamo su questa montagna incredibile. Il percorso è spettacolare e dopo una decina di minuti eccoci alla stazione in cima. C’è forte vento e fa freddo ma il panorama è eccezionale. Si intravedono in lontananza anche le due rive della penisola del Capo nonché la catena dei sette apostoli. Dopo una piacevole cioccolata si ridiscende andando a pranzare a Sea Point in un locale italiano. Di nuovo poi verso il centro cittadino visitando il Municipio, costruito in stile rinascimentale all’inizio di questo secolo. Cape Town è una città cosmopolita e le etnie che vi vivono sono molte come quella che vive nel quartiere malese che stiamo percorrendo ora in auto. Questo è una sorta di Bronx di Cape Town e vi usciamo il più in fretta possibile. Parcheggiato nei pressi del Parlamento passeggiamo lungo giardini piacevoli dove saltellano simpatici scoiattoli. Nei dintorni ci sono i palazzi del museo sudafricano e l’archivio di Stato. Si torna in albergo per vestirci meglio e ripartire nuovamente verso Hout bay cenando di nuovo al grande Mariner’s Wharf dove cominciamo con ostriche facendole seguire con zuppa di pesce e sole (sogliola)grilled. Che cena straordinaria!. Domattina saremo ancora qui, ad Hout bay al molo in attesa di imbarcarci  per l’ isola delle foche. Numerosi gabbiani dipingono un quadro molto caratteristico e con sorpresa avvistiamo anche una foca nella baia. Si esce dal porto e devo dire che navigare in mare aperto nei dintorni della penisola del Capo scuote di emozioni tutto il corpo. Non molto distante ecco l’isolotto a circa venti minuti di viaggio. Ci sono moltissime foche che paiono sonnecchiare mentre altre nuotano intorno alla barca. Al ritorno si costeggia l’altra parte della baia sino a rientrare nel porto. Pranziamo li vicino concedendoci una pizza e poi ritorniamo a Cape Town attraverso la zona di Good Costantia ricca di vigneti notissimi. La regione del Capo fornisce vini eccellenti in grado di confrontarsi con i migliori europei. Raggiunta la zona costiera di Mesemba sostiamo passeggiando in riva la mare e poi lungo la via parallela dove è una sorta di mercatino per ragazzi. Trascorriamo un paio d’ore in serenità per poi fare ritorno al nostre Sea Point. Domani si tornerà a Johannesburg con un cielo fortunatamente fattosi sereno. Si esce dalla città con fantastici colpi d’occhio. Niente di meglio per salutare  questa affascinante città. La strada è in ottime condizioni e tutto intorno la zona vitivinicola di Paarl che abbiamo intenzione di visitare come il Bonheur crocodile farm, una struttura che alleva coccodrilli.  Dopo un filmato che spiega la loro vita passeggiamo su pontili dai quali si possono ammirare rettili giganteschi. Peccato che non si può gustare il filetto di coccodrillo come speravamo. La signora ci dice che avremmo dovuto prenotarlo!. Il filetto lo ricavano dalla zona laterale dell’addome e noi invece ci dovremo accontentare di un pasticcio ricavato dalla zona della pancia. Il sapore  è un misto tra pesce e carne bianca. Via ora verso Joburg. La strada è lunga ma il primo pezzo sarà facile e gradevole. Il paesaggio è man mano sempre più spoglio mentre ci stiamo avvicinando al Karoo, l’anticamera del Kalahari. Il sole sta tramontando fra effetti spettacolari. Siamo entrati ora nel Karoo e avvisteremo anche degli struzzi di tanto in tanto. Ormai è scuro ma la strada è scorrevole così decidiamo di attendere per la sosta della cena. Io sono abbastanza stanco dopo novecento chilometri ma bisogna proseguire anche dopo una parca cena con burger e patatine. E’ il nostro 24° giorno di viaggio e ormai non ne posso più di guidare ma adempio al mio dovere anche questa volta. Eccoci alle cinque del mattino alla periferia di Johannesburg dopo la bellezza di 1.500 chilometri. Verso le 6.30, insieme a tutte le auto di pendolari  facciamo il nostro ingresso in città. Troviamo alloggio all’Harrison reef nella zona centrale della città. Riposiamo un po’ per poi recarci a pranzo da Gramadoelas, gia visitato durante i nostri primi giorni di permanenza e stavolta sarà un gran pranzo a base di carne di struzzo ed un rosso Neberburg Paarl Cabernet sauvignon dall’ ottimo corpo e raffinata stoffa. Ci rechiamo poi all’Avis a riconsegnare l’auto e poi a passeggiare nella parte nord della città. Anche l’ultimo giorno di viaggio bussa alle porte e dopo colazione via in taxi verso l’aeroporto dove un volo della SAA ci porta a Lusaka capitale dello Zambia e dopo una lunga attesa ripartiamo verso Roma e quindi Milano, in questa gabbia di matti del quale io ne sono componente a pieno titolo. Che voglia di buttare all’aria tutto e riprendere il primo aereo per ……ovunque!!!!

 

 

 

Proprietà letteraria riservata. Copyright © 2004 Daniele Mazzardi
 Grafica, layout e testi sono di esclusiva proprietà dell’autore. Tutti i diritti di riproduzione riservati. E' vietata la copia su altri siti Web, mailing list, riviste cartacee, cd-rom  e libri senza l'autorizzazione dell’autore. Da questo divieto è esclusa la duplicazione per utilizzo personale.