2025 Georgia
Tra Nazione e Nazionalità.
Prima volta nella regione del Caucaso, linea convenzionale di separazione tra l’Europa e l’Asia. La Georgia occupa un territorio che nel corso della storia è stato raramente unito. Spartito e controllato da potenze straniere, come la Russia, che ancora oggi ha una presenza militare importante in Ossezia del Sud e Abkazia. Non è stato un viaggio semplice, dato il poco tempo a disposizione (7 giorni pieni), ma sono riuscito comunque a portare a termine tutto l’itinerario che mi ero prefisso, spesso fagocitato in paesaggi naturali mozzafiato, come nello Svaneti, a nord-ovest del paese. Ho guidato per 2.000 km, su ogni genere di strade, e sempre con un attenzione particolare rivolta agli animali, che spesso la attraversavano o la occupavano (cani, mucche, pecore, cavalli) e visitato una quantità di chiese e monasteri ortodossi, assistendo spesso, e con piacere, al loro fervore durante le funzioni religiose e non. Non mi aspettavo dei climax di livello mondiale, ma ho apprezzato comunque la libertà che molti suoi luoghi incontaminati hanno saputo offrirmi.
Domenica 15 giugno – Parto da Malpensa alle 18.45, con un ora di ritardo, dopo che mi hanno obbligato a consegnare il trolley, affinché fosse imbarcato in stiva. Giunto allo scalo viennese mi sono informato sulla presenza del bagaglio sull’aereo per Tbilisi, ricevendone risposta positiva.
Lunedì 16 giugno – Atterro al Shota Rustaveli di Tbilisi alle 4.20 ora locale, ed è subito dramma, il mio trolley non è arrivato. Dopo aver compilato il modulo al Lost and Found, ritiro l’auto, una Hyundai Solaris con cambio automatico, fuori dall’aeroporto, con 15° e solo una camicia mezze maniche, consapevole che il viaggio mi avrebbe riservato modifiche impreviste. Mi armo di volontà, ma col morale a pezzi e parto verso ovest e il lago Paravani (a 130 km), il più grande del paese, circondato dalle montagne del Caucaso. Proseguo raggiungendo il castello diroccato di Khertvisi, all’ingresso della strada che porta alla mia principale destinazione di giornata: Vardzia, un monastero risalente al XII secolo d.C., situato sulle rive del fiume Mtkvari, e uno dei siti storici più importanti della Georgia. La posizione, nel mezzo di un'enorme gola, offre viste indimenticabili. Ancora oggi alcuni monaci vivono in quelle grotte. Il monastero rupestre si è sviluppato in un complesso che si estende lungo il fianco della montagna per una lunghezza di 800 metri, fino a una profondità di 50 metri. Ospitava circa 2.000 monaci, con oltre 13 chiese, 25 cantine, bagni, biblioteche e numerose abitazioni collegate da tunnel e scale. Dal parcheggio, devo sobbarcarmi una ripida salita per giungere alle numerose grotte, collegate fra loro da passerelle agevoli. Terminata la visita, proseguo verso la mia destinazione di giornata, Akhaltsikhe, ma prima di entrare in città salgo al monastero ortodosso di Sapara, che esiste almeno dal IX secolo e annovera tra i suoi monaci molte figure importanti nella storia ecclesiastica georgiana. Comprende più chiese, ma l’unica davvero menzionabile è quella di San Saba, ricca di affreschi al suo interno, e di decorazioni all’esterno. Distrutto dalla fatica fisica, ma più ancora psicologica (dovuta al trolley non arrivato), raggiungo il mio alloggio, l’hotel Rabat, dove trattengo a stento un grido di giubilo, quando la proprietari mi mostra il trolley, giunto poco prima con un taxi dalla capitale. Non riesco a immaginare come sia potuta accadermi questa fortuna, ma ora il morale mi si è riposizionato in funzione “schiacciasassi”. Esco subito verso il vicino castello di Rabati, climax della città, e non solo. Costruito nel XIII secolo, si è sviluppato sotto l’influenza di differenti culture nel corso dei secoli successivi, il che si riflette nella sua architettura. All’interno del complesso del castello di 7 ettari c’è una chiesa, una moschea, un minareto e una sinagoga. Nei secoli XII-XVI il castello e la sua città di Akhaltsikhe furono la residenza dei principi Jaquelis. Nel corso dei successivi due secoli fu parte dell’Impero Ottomano e nei secoli XIX-XX divenne parte dell’Impero Russo. Nonostante il mio fisico mi stia avvertendo per un alt perentorio, mi voglio concedere comunque la cena, e scelgo il ristorante Kossane, dove ordine i khinkali (sorta di ravioloni ripieni di carne e brodo) che hanno un curioso modo d’essere mangiati e poi un Khachapuri Acharuli, una sorta di focaccia a forma di barca, con l’uovo intero sopra. Ritirata nella mia stanza, stravolto dalla fatica.
Martedì 17 giugno – Parto alle 5 del mattino , salendo prima alla bella località montana di Borjomi a 820 metri d’altitudine. La città è famosa per la produzione di acque minerali, un tempo molto apprezzate dai capi sovietici, e che al giorno d'oggi sono la principale merce d'esportazione per la Georgia. È nota anche per la residenza estiva dei Romanov e per il suo Parco Nazionale che invita a lunghe passeggiate. La Borjomi, l'acqua minerale georgiana scoperta dai militari dello zar dopo la conquista del Caucaso nell'800, la si trovava storicamente sempre a tutti i tavoli delle decisioni che contavano, alle riunioni altolocate. Stalin, ovunque si trovasse, se ne faceva portare scorte direttamente dalla Georgia per le sue proprietà uniche al mondo. Cappuccino e biscotti, gustati durante la guida, e passo Khashuri, giungendo alla mia destinazione di Kutaisi verso le 8.30. Prima visita al monastero di Motsameta, su un promontorio sopra un’ansa del fiume Tskhaltsitela. Oltre alla sua piacevole posizione, circondato dalle foreste, in verità non offre momenti artistici rilevanti, come li avrebbe forse concessi il vicino monastero di Gelati, eretto tra il 12° e il 17° secolo, che era un centro molto importante per la religione, la cultura e l’educazione dell’intera Georgia. Purtroppo è chiuso per ristrutturazione, e apre solo la domenica per la funzione religiosa. Scornato, mi dirigo allora a Kutaisi, alla famosa cattedrale di Bagrati, un edificio a cupola, che si erge su quattro grossi pilastri, e Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. La struttura è notevole, ma si deve pensare che è stata completamente ricostruita, e questo le fa perdere un po’ di fascino. Prendo quindi la strada a nord fino ad arrivare alle Grotte di Prometeo, dove partecipo al tour organizzato con guida all’interno delle grotte. Devono il loro nome ad una leggenda secondo la quale Prometeo fu incatenato proprio al loro interno. Le grotte sono un tripudio di stalattiti, stalagmiti, laghi e fiumi sotterranei, formazioni rocciose alternate a formazioni calcaree. In tutto sono 16 grotte distribuite in oltre un chilometro di sentieri, percorribili a piedi. Al termine del percorso salgo su un imbarcazione che, attraverso altre grotte, porta all’uscita dalle stesse. Pausa pranzo acquistando in una bancarella un ottimo kachapuri imeruli (una sorta di focaccia tonda ripiena di formaggio). Il meteo alterna molto nuvoloso a pioggia ed è inutile che prosegua fino al vicino Okatse Canyon, perciò decido di tornare a Kutaisi ed effettuare un primo tour cittadino, anche se non c’è gran che da vedere, tranne la fontana Colchide nella piazza principale, al termine di un piacevole parco. Per cena opto per il ristorante Baraqa, molto prossimo alla fontana, dove gusto un'altra specialità georgiana, lo Sh kmeruli (pezzi di pollo in salsa all’aglio, serviti in una ciotola di terracotta).
Mercoledì 18 giugno – Parto come al solito presto, alle 5, percorrendo la strada più breve consigliatami dal navigatore, per raggiungere la lontana località di Mestia, ma in breve mi rendo conto della difficoltà del percorso. Molti tratti sono pieni di buche, e nei dintorni di Martvili mi ritrovo bloccato in sentieri sterrati che rischiano di danneggiare la mia auto. Il mio Maps Me mi manda continuamente in sentieri improponibili, e a nulla serve chiedere qualche informazione ai locali. Mi trovo immerso nelle campagne georgiane, in minuscoli villaggi di contadini che non conoscono in massima parte alcuna parola di inglese. Vivo per alcuni momenti attimi di panico, perché non so come uscirne. Solo per fortuna noto un cartello che indica la direzione per una località più grande, Senaki, che riconosco sulla mappa, e decido di allungare il percorso fino a lì, e proseguire poi verso Zugdidi, ai confini con la regione autonoma dell’Abkazia. In questo modo aumenterò di molto i chilometri, ma almeno non ci sarà pericolo di perdersi nuovamente! Da Zugdidi proseguo verso nord, e quasi subito sono come fagocitato in una campagna sterminata che pian piano si apre a montagne ammantate da foreste sconfinate. Il piacere di guidare in queste condizioni di libertà assoluta è impagabile, anche se l’attenzione deve sempre restare alta, per la presenza continua di animali sulla strada. Il paesaggio diventa sempre più interessante sino al bacino idrico di Enguri, lungo 30 km, creato per la regolazione del deflusso del fiume Enguri e per scopi energetici. Il percorso diviene sempre più interessante, a poca distanza, ad ovest la regione dell’Abkazia, e 15 km più a nord le montagne del Caucaso russo. Lo Svaneti è un territorio antico, talmente isolato da non essere mai stato sottomesso da alcun dominatore. Dopo un altro centinaio di chilometri, giungo finalmente a Mestia, mia destinazione finale di giornata, dopo più di 300 km percorsi. Sono solo le 14.00, e ho tutto il tempo di visitare questa piccola cittadina nella regione dello Svaneti, dove si ergono le pittoresche torri svani (koshi), torri difensive in pietra, progettate per accogliere gli abitanti dei villaggi in caso di invasioni o disordini. Mi inerpico su stradine in salita, per poterle ammirare meglio e per godere di un più ampio panorama, poi riprendo l’auto e mi dirigo alla vicina stazione di partenza di Hatsvali, dove prendo una seggiovia che mi da modo di assaporare l’ascensione fino alla stazione di arrivo, immersa nei prati di alta quota, per poi ridiscendere ammirando dall’alto il panorama più bello su Mestia. Dopo aver preso possesso della mia stanza all’N&N Guest house, percorro per un po’ le vie cittadine fino a cenare al ristorante Seti, dove ordino una modesta trota grilled con patatine e birra locale.
Giovedì 19 giugno – Ci sono meno di 10 gradi quando riparto, alle 5.45, direzione la mitica località di Ushguli. I video visionati in Italia mi avevano un po’ preoccupato, per via della strada che si affermava fosse un po’ pericolosa, con strapiombi laterali da paura, e una sede stradale stretta che imponeva manovre ardite, in caso di incontro con vetture provenienti dal senso inverso. Informazioni prese a Mestia mi avevano un po’ rassicurato, anche se due poliziotti dicevano che era una strada solo per jeep. Niente di tutto questo, i 47 km si riveleranno assolutamente sicuri. Non sono mancati tratti di sterrato, e il pericolo frane era presente, come dimostravano i molti lavori in corso per liberare la sede stradale, ma nel complesso è stato un tragitto sicuro, accompagnato per molti tratti dal fiume Enguri, che ruggiva a lato strada. Ripeto ancora il piacere assoluto di guidare immersi in una natura sterminata, dove su prati immensi pascolano felici mucche e cavalli, quest’ultimi spesso rincorrendosi felici nell’ambiente a loro più consono. E finalmente eccomi ad Ushguli (2.100 m.). Sotto il massiccio del monte Shkhara (il più alto di Georgia, 5.193 metri), Ushguli è un luogo incredibilmente pittoresco che, grazia alla sua ventina di torri svani, è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. E’ formato da quattro minuscoli villaggi, considerati i più alti insediamenti umani d’Europa, e sono Murameli, Chazhashi, Chvibiani e Zhibiani. Li ammiro tutti, passeggiando più approfonditamente in quello di Zhibiani, dove in una affascinate locanda guest house, mi faccio preparare un caffè con latte. In tutta la Georgia, come a Mestia e Ushguli, sono centinaia le minuscole guest house che accolgono turisti nelle loro semplici strutture. Goduto piacevolmente il paesaggio incredibile di alta montagna, coi suoi pascoli infiniti, giunge il momento di ripartire. L’opzione più sicura, per ritornare a Kutaisi sarebbe stata quella di ripercorrere la medesima strada fino a Zugdidi, ma il gestore del mio 1870 hotel mi aveva consigliato di scendere dall’altro versante, quello orientale, che però non avevo tenuto in origine in considerazione, dato che la strada mi appariva proibitiva. Al contrario si dimostrerà un percorso assolutamente sicuro, certo da affrontare però con la necessaria prudenza. Dopo 80 km giungo alla cittadina di Lentekhi, dove mi faccio preparare un succulento kachapuri imeruli che gusto proseguendo il percorso verso Kutaisi. Il tragitto da Ushguli è stato di per sé entusiasmante ma, approfittando del meteo favorevole, mi dirigo verso l’Okatse canyon, che due giorni prima non ho visitato a causa del pericolo pioggia. Tuttavia, una volta giunto al sito, la presenza di molte sanguisughe locali, mi impongono un pedaggio molto caro per farmi portare ad un certo punto del canyon che mi avrebbe permesso solo un percorso di 1.500 metri invece dei 6.000, senza il loro intervento. Il tragitto affermano non essere adatto ad una auto normale, perciò sarebbe obbligo farsi turlupinare. Io non accetto questa soluzione, anche perché, dai video visti della zona non mi pare davvero una escursione imperdibile. Certo, sarebbe stato ideale per completare la giornata, ma ho comunque deciso di soprassedere, ritagliandomi un po’ di riposo all’alloggio di Kutaisi, prima di recarmi, per cena, al famoso ristorante Sister’s dove, vezzeggiato dalle note di una pianista e una violinista, ho assaggiato un fantastico chakhokhbili (stufato di pollo con pomodoro, cipolle ed erbe aromatiche) accompagnato da un buon calice di vino rosso georgiano. Degna conclusione di giornata.
Venerdì 20 giugno – Parto alle 5.15, direzione est, a Zestaponi, per poi risalire a nord per una trentina di chilometri fino al minuscolo villaggio di Katskhi, dove è mio progetto osservare la chiesetta appollaiata su un monolite calcareo naturale. Incredibilmente, mi compare solo un monastero a Katskhi, peraltro chiuso, anche se ne riesco a varcare la porta di ingresso ed entrare nel cortile. Ma possibile che non riesca a vedere questo benedetto monolite? Alla fine lo scorgo in lontananza e mi ci reco. Il luogo è venerato dalla gente del posto come “Pilastro della Vita” e simbolo della Vera Croce, ed è circondata da leggende. Faccio ritorno a Zestaponi, dove per fortuna comincia l’autostrada che mi consente un veloce arrivo alla mia seconda destinazione di giornata, Gori, dove entro nel celebre Museo Stalin. Ci si domanderebbe, come sia possibile intitolare addirittura un museo ad un simile dittatore sanguinario. E’ presto detto. Stalin è nato qui, a Gori, e in questo museo a lui intitolato si documenta la sua vita e le sue attività politiche. Fondato nel periodo dell'URSS, il museo custodisce oggi oltre 40.000 reperti, suddivisi in diverse sale espositive che ne illustrano il percorso personale e storico. La prima sala è dedicata agli anni giovanili di Stalin, compresi il periodo antecedente e quello durante la Rivoluzione bolscevica. La seconda documenta la storia dell’Unione Sovietica tra il 1925 e il 1940, ponendo l’accento sul consolidamento del potere da parte di Stalin e sull’evoluzione dello Stato sovietico. La terza sala raccoglie fotografie relative a eventi storici significativi, legati alla figura del dittatore. La quinta presenta una collezione di doni ricevuti dal leader nel corso della sua vita pubblica. La sesta sala riproduce fedelmente l’ufficio in cui Stalin lavorò tra il 1918 e il 1922, offrendo una rappresentazione concreta del suo contesto lavorativo. All’esterno del museo è conservata la carrozza ferroviaria (a prova di proiettile) con la quale Stalin si recò a Yalta (lui non amava l’aereo) nel 1945. Nella piazza antistante, sotto una sorta di tempio, è conservata la casa dove i genitori di Stalin affittavano una sola stanza. Proseguo in autostrada per poi prendere la strada verso nord, quella denominata Strada Militare, un antico passaggio attraverso il Caucaso, in direzione del confine russo. La strada appare subito più trafficata delle altre, d’altronde porta a delle famose località montane, oltre ad essere battuta dai camion che vanno verso la Russia. Giungo finalmente al lago artificiale di Zhingali, che oltre ad essere un luogo incantevole alla vista, sulla sua sponda orientale presenta la Fortezza di Ananuri, davvero superba, un colpo d’occhio magistrale. All’interno della fortezza sono presenti due chiese, anche se quella più famosa è quella dell’Assunzione, che ha i muri ornati da splendide sculture in pietra, con una grande croce su ogni lato. Tra gli affreschi dell’interno spicca quello del Giudizio Universale, mentre sono testimone della cerimonia del battesimo di un giovane, da parte di un vecchio prelato ortodosso. La giornata è già stata ricca, ma mi attende ancora la parte montana, che si apre una volta giunto alla località sciistica di Gudauri, la più famosa del paese, e dove sono presenti strutture alberghiere di elevato livello, quasi fosse una località alpina italiana. Purtroppo la funivia che speravo di prendere per salire in altura è chiusa e mi trovo così costretto a proseguire. Pochi chilometri dopo sono attratto da una strana struttura che richiama una moltitudine di turisti. E’ il monumento dell’amicizia Georgia – Russia, eretto nel 1983 per celebrare l’amicizia tra i due paesi. Si tratta di una costruzione circolare in cemento, composta da piastrelle decorate che ricordano i 200 anni della loro amicizia. Da questo sito si gode una magnifica vista sui campi e le valli circostanti, ma il paesaggio sarà anche più maestoso in seguito, quando proseguirò ancora a nord, dopo aver ammirato su un prato sconfinato un enorme gregge di pecore (forse migliaia), pascolare liberamente sui prati. Lungo questa “strada militare” dovrò anche sorpassare centinaia e centinaia di camion e Tir, parcheggiati a lato strada, in attesa probabilmente di espletare qualche formalità burocratica, prima di salire verso il confine russo. Giungo infine alla mia destinazione finale di Kazbegi, dominato dal profilo del monte omonimo (5.047 m.) che spicca dal cielo terso fino all’inverosimile. E già si vede il profilo della celebre chiesa di Tsminda Sameba, che raggiungo tramite una comoda strada, 7 km da Kazbegi. In cima al colle dove è situata, il luogo pare idilliaco. Salgo a piedi alla chiesa, parzialmente in ristrutturazione, ma visitabile. Resto quassù per una mezz’oretta, a godere della frescura del luogo e da una vista che spazia a 360 gradi sui prati immensi circostanti. Ridisceso a Kazbegi voglio percorrere ancora la strada verso il confine russo, per poi tornare e prendere possesso della mia stanza all’Archil and Nino Gigari Guest House, per poi terminare la bellissima giornata al ristorante Kazbegya, dove provo un’altra specialità georgiana, il Chakapuli (stufato di agnello con dragoncello e prugne, patatine, e un calice di vino rosso georgiano).
Sabato 21 giugno – Dato che mi sono portato avanti nel programma, quest’oggi vorrei visitare un ultima valle laterale, che sale verso nord, a Shatili, villaggio che viene indicato molto caratteristico. Per realizzare questo mio ultimo progetto di viaggio, prima di riconsegnare in serata l’auto in aeroporto, sono partito alle 5.00, raggiungendo abbastanza in fretta Ananauri, e da lì risalire attraverso una valle secondaria nella regione di Khevsureti. La strada è abbastanza confortevole e sicura, perciò nutro ottime chance di arrivare a Shatili, nonostante debba percorrere 100 km. Questo è un distretto scarsamente popolato, infatti vi transitano pochissime vetture fino al minuscolo villaggio di 200 anime di Barisakho. Il paesaggio è magnifico, fatto di valli scoscese ammantate da foreste e pascoli montani. Mancano ancora circa 50 km a Shatili, ma ad un certo punto la sede stradale peggiora e mi trovo a guidare su uno sterrato a tratti tortuoso e sconnesso. Mancano ancora 40 km e non so cosa decidere. La voglia di proseguire è molta, ma la zona sta divenendo anche più misteriosa e selvaggia, addirittura svolazza un elicottero sopra la mia testa. Shatili è a pochi km dal confine ceceno, e non ho preso, sbadatamente, informazioni sulle condizioni della strada e della zona. Se accadesse qualcosa, credo che avrei grossi problemi per la riconsegna dell’auto, pertanto decido di assecondare il mio buon senso e lasciare perdere. E’ un peccato, d’accordo, ma talvolta si devono prendere delle decisioni difficili da digerire, privilegiando la prudenza e la ragionevolezza. Bene. È giunto il momento di ripartire per Ananauri e prendere l’autostrada per Mtskheta, località molto prossima alla capitale, e dove è mia intenzione visitare la celebre cattedrale di Svetitskhoveli, una maestosa chiesa dell’XI secolo, ornata da splendide sculture in pietra sia all’esterno che all’interno. Secondo la tradizione, sotto la navata centrale sarebbe sepolta la tunica di Cristo, sotto un pilastro decorato da affreschi un po’ sbiaditi. Il pavimento, nelle navate, presenta belle pietre tombali di diversi sovrani georgiani. Vorrei anche salire alla chiesa di Jvari, ma il percorso per arrivarci mi imporrebbe di rientrare in autostrada dal lato opposto, dopo migliaia di automobilisti si trovano in coda per raggiungere l’estremo est e le località del Mar Nero. Raggiunta Tbilisi, faccio lavare l’auto ad un car wash e faccio check in al mio Hotel Nata, per poi riconsegnarla in aeroporto. L’itinerario di viaggio è stato rispettato e non posso che ritenermi soddisfatto del suo andamento. Salgo sul bus 337 che in 40 minuti circa mi porta al centro della capitale, dove comincio a prendere visione della zona, delle vie, che comunque sono quasi tutte scritte anche in inglese. Dopo una cenetta volante in un bar, me ne ritorno in hotel a preparare il tour cittadino dell’indomani.
Domenica 22 giugno – Ed è giunto anche il mio ultimo giorno di viaggio, sebbene il volo di ritorno sia in programma solo alle 4.50 di domattina. Grazie alla programmazione di ieri sera, il mio tour di Tbilisi inizia nel migliore dei modi. Alle 7.10 ho già raggiunto in taxi la basilica della Santissima Trinità, o Tsmimba Sameda. Costruita tra il 1995 e il 2004 è la terza chiesa ortodossa più alta al mondo e la sua cupola dorata è visibile praticamente da ogni parte della città. Funge da sede del Catholicos Patriarca della Chiesa apostolica autocefala ortodossa georgiana. Al suo interno non c’è molto che solleciti il mio senso artistico, ma nel complesso è stata un ottima visita. Ridiscendo la collina passando dal Palazzo del Presidente, e giungendo ad Europa square dove parte la funivia che arriva alla fortezza di Narikala. Dopo l’anonima Armenian church ritorno in albergo per sistemare le mie ultime cose e lasciare il trolley giù in reception, quindi risalgo la mia Wine Rise fino al palazzo della Regina Darejan. Il complesso fortificato, che si affaccia sul fiume Kura, ed eretto su un enorme muraglia, fu costruito nel 1770 per la regina Darejan, moglie del re Erekle II. Nella parte anteriore del palazzo c’è un delizioso balcone circolare blu in legno dal quale si gode una magnifica vista sulla fortezza di Narikala e su buona parte della Tbilisi che conta. Entro nella minuscola chiesa presente, assistendo per alcuni minuti alla toccante funzione religiosa ortodossa. Quindi proseguo le visite con la vicina chiesa di Metekhi del XIII secolo, più volte rimaneggiata, e nei pressi della statua equestre di re Vakhtang Gorgasali. Guadagno ancora Europa square salendo sulla funivia per la fortezza di Narikala, vero e proprio simbolo di Tbilisi. Questo antico edificio difensivo, infatti, domina l’intera capitale georgiana dall’alto e offre il panorama più bello in assoluto sulla capitale.Venne edificata nel IV secolo, ma subì numerose modifiche, ristrutturazioni e ampliamenti nel corso delle epoche. Oggi è composta da due sezioni murate distinte, che appaiono entrambe come sospese su una ripida collina. Passeggiando lungo la fortezza giungo ad un altro simbolo locale: Mother of Georgia, ”, un’imponente statua in alluminio, un grande esempio di arte sovietica, alta 20 metri, non molto bella a dire il vero, ma con un enorme significato simbolico. Questa gigantesca opera raffigura una donna vestita con gli abiti tradizionali georgiani che in una mano tiene una coppa di vino e con l’altra impugna una spada. Il vino è il simbolo dell’accoglienza della città a chi entra come amico, la spada, al contrario, rappresenta l’intenzione di difendersi da chi, invece, arriva in città con intenzioni nemiche. La statua fu eretta nel 1958 in occasione del 1500° anniversario della fondazione di Tbilisi e nel 1997 fu sostituita con una scultura uguale, ma nuova. Ridiscendo ad Europa square entrando nel sotterraneo Meidan bazar, non propriamente un bazar, ma un piccolo labirinto di bancarelle che vendono prodotti tipici e souvenir. Uscendo dal lato opposto, mi ritrovo in una sorta di vie della movida. Ci sono una quantità di pub e locali, dove la sera si ritroverà la Tbilisi che vuole far festa e le ore piccole. Tornato sui miei passi, entro nella chiesa armena di San Giorgio, nel quartiere ebraico, dove assisto anche qui a qualche minuto di funzione religiosa. È una delle due chiese armene della capitale ed è la cattedrale della diocesi georgiana della Chiesa apostolica armena Come la maggior parte delle chiese di Tbilisi, è costruita in mattoni e presenta all’interno dei dipinti della fine del XVIII secolo. Nei pressi entro anche nella Grande Sinagoga di Tbilisi, assolutamente anonima, per poi percorrere la Kote Afkhazi street dove visito prima la chiesa Jvaris Mama. Nonostante la distruzione della chiesa originale da parte dell'esercito di Tamerlano nel XIV secolo, lo spirito di resilienza portò alla costruzione dell'edificio attuale nel XVI secolo. Sorge sul sito occupato da edifici di culto fin dal V secolo, ed all’interno presenta affreschi recentemente restaurati. Poco più avanti, la più famosa Cattedrale Sioni, la cui costruzione ebbe luogo tra il VI e il VII secolo. Diversi patriarchi sono stati sepolti a Sioni. La cattedrale funge anche da deposito per molti manufatti di inestimabile valore. La croce di Santa Nino è conservata a nord dell'iconostasi ed è la reliquia più sacra di tutta la Chiesa ortodossa georgiana. Santa Nino di Cappadocia fu la donna che portò il cristianesimo in Georgia nel IV secolo e si ostinò a farne la religione di stato. Dietro una griglia bronzea, a sinistra dell’iconostasi, si trova una riproduzione della Vera Croce che pare sia custodita al sicuro. All'interno del tempio si trova anche una pietra miracolosa della grazia portata da Gerusalemme da San Davide Garejeli nel VI secolo. Questa cattedrale contiene numerose icone, tra cui una raffigurante la Madre di Dio, dipinta nel 1762 e sopravvissuta a numerosi attacchi e furti. Uscito da Sioni passeggio in una via piena di locali, all’interno di Old Tbilisi, in Erekle II street e dove pranzo con i classici khinkali, questa volta ripieni di funghi. Quindi proseguo, deviando sul lungo fiume per ammirare il Ponte della Pace, un elegante passerella in vetro e acciaio , progettato da un architetto italiano. Prossima visita alla basilica di Anchiskhati, la più antica chiesa sopravvissuta a Tbilisi, risalendo al VI secolo. La basilica fu danneggiata e ricostruita in diverse occasioni dal XV al XVII secolo, a causa delle guerre tra la Georgia e i persiani e i turchi. E’ una basilica a tre campate, divisa da due pilastri che formano conche a ferro di cavallo. L’interno non conserva opere antiche, per lo più sono del XIX secolo. Sulla Erekle II street ammiro anche la pittoresca Torre dell’Orologio. Costruita alcuni anni fa da un burattinaio, evoca non soltanto lo spirito fiabesco del vicino teatro delle marionette, ma anche l’atmosfera della Città Vecchia. La Torre è tutta storta, sembra sfidare la forza di gravità e dà idea che possa cadere da un momento all’altro, se non fosse per quell’unica, sola e semplice putrella di acciaio. Bene, decido di recarmi alla lontana funicolare che porta al Monte Mtatsminda, ma lungo la strada mi accorgo di un'altra chiesetta affascinante, che una signora seduta in una vicina panchina mi indica come Patara Tsameda. Raggiungo la più importante arteria della capitale, Shota Rustaveli, il salotto buono di Tbilisi. Ammiro il palazzo del Parlamento, le vetrine di molti negozi delle griffe più affermate e il museo Nazionale Georgiano che spero di visitare al termine del mio tour cittadino. Entro anche nella chiesa di Santa Marina, ammirandone la bella iconostasi in marmo, giungendo infine a restare affascinato dal bel Teatro dell’Opera. Raggiungere la partenza della Funicolare mi richiederà poi un faticoso percorso in salita, ma alla fine eccomi al ticket office. Nata nel 1905, collega in pochi minuti la stazione di valle situata a 460 m. a quella a monte che sorge a 727 m. Le cose da fare una volta arrivati in cima sono davvero parecchie, ma tra tutte la più famosa è sicuramente la visita al Parco Divertimenti. Tra le altre attrazioni per grandi e piccini le più celebri sono sicuramente la Ruota Panoramica Gigante che è alta ben 65 metri e promette un magnifico panorama su Tbilisi. Io passeggio fra le varie attrazioni e i locali di ristoro, concedendomi un gelato, prima di ridiscendere a valle e dirigermi al museo Nazionale, ultima tappa del mio tour. In questo museo sono molte le sezioni che salto in modo deliberato, come quello delle monete e delle armi antiche, ma ce n’è una che mi regala dei momenti di piacere culturale artistico notevole: quella del Tesoro, dove sono conservati i manufatti più preziosi e significativi, provenienti dalle varie regioni del paese. Bene, ora ho proprio terminato le visite, tramite la Shota Rustaveli raggiungo Freedom square. Il nome odierno di Piazza della Libertà le venne dato la prima volta nel 1918 con la fondazione della Prima Repubblica Georgiana dopo la fine dell’Impero russo e ritornò in un secondo momento con il crollo dell’URSS. Nella piazza si trovano il Municipio e il Monumento alla Libertà, che raffigura San Giorgio che uccide il drago. Nella Kote Afkhazi street, prima di risalire al mio Hotel Nata a ritirare il trolley, acquisto in una panetteria un kachapuri imeruli. Il viaggio è terminato. Non so che altro fare, e inoltre sono stanchissimo. Preferisco prendere il bus per l’aeroporto e attendere là il volo di ritorno, che comunque è previsto alle 4.50, tuttavia il tempo trascorrerà veloce, tra una lettura e l’altra. Il volo per Vienna partirà in orario, come quello successivo per Milano.
Nel complesso posso ritenermi soddisfatto delle esperienze fatte, e comunque era da tempo nei miei progetti un viaggio di esplorazione nella zona del Caucaso.
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