2021  PUGLIA

Puglia… e non solo!

 

 Anche questa estate non ce la siamo sentiti di viaggiare all’estero, nonostante fossimo vaccinati, la possibilità che la nazione ospitante effettuasse restrizioni durante il nostro soggiorno ci ha consigliato di ripiegare ancora su un viaggio italiano. E che viaggio, oserei dire! Partenza alle 3.30 dell’8 agosto, col proposito di evitare le code in prossimità di Bologna, e in effetti così è stato, nonostante il gran numero di automobili in autostrada.

Dopo 800 chilometri eccoci arrivare, in anticipo, a Caserta, e dato che la visita alla Reggia è prenotata per le 15.00, abbiamo tutto il tempo per una puntata a Caserta Vecchia, un borgo medievale a poca distanza dalla città dove passeggiamo gradevolmente fra strade che ricordano lo splendore che ebbe nel periodo longobardo. Oltre a quel poco che resta del Castello, è da citare il Duomo, con la sua facciata a salienti e la navata centrale, coperta a capriate. Tracce di affreschi qua e là, ma nulla che sappia colpirmi in modo significativo. Tornati in città prendiamo possesso della nostra camera all’hotel Little Sweet Escape e ci dirigiamo quindi all’ingresso della celebre Reggia. Dopo il controllo rigoroso del Green Pass e aver ammirato dall’esterno quella che è la Residenza Reale più grande del mondo, commissionata nel XVIII secolo da Carlo di Borbone, re di Napoli e Sicilia, accediamo al vestibolo e allo splendido scalone reale a doppia rampa, con i due bei leoni in marmo ai margini del primo pianerottolo. In giro per l’Italia e l’Europa ho ammirato diversi Palazzi Reali e fantastiche residenze, in ultimo il Palazzo Ducale di Venezia, e mi sento di affermare che, al di là della sua maestosità, le varie stanze che abbiamo visitato non mi hanno entusiasmato come mi sarei aspettato. Gli arredi non stupivano quasi mai per preziosità o originalità, i soffitti affrescati in modo ordinario, e i dipinti appesi alle pareti, di autori mediocri. Dopo il lungo viaggio in auto eravamo davvero stanchi, ma credo di affermare in maniera oggettiva di non aver notato nulla che mi abbia fatto restare a bocca aperta. Bella la prima sala degli Alabardieri, come la seconda, intitolata ad Alessandro Magno, ma la Sala del Trono, dove il re riceveva ambasciatori e delegazioni straniere me l’aspettavo più sfarzosa. Discorso a parte merita invece il bel parco della Reggia che si estende per tre chilometri, con pregevoli fontane. Una navetta ci porta fino alla Grande Cascata, dove una notevole mole d’acqua precipita in un bacino adorno del celebre gruppo di Diana e Adone. Ripercorrendo a piedi il percorso inverso, incontriamo altre belle fontane, come quella di Venere e Adone, di Eolo e dei tre delfini. Sono davvero cotto dalla fatica, quasi non mi riconosco, ma si decide comunque di fare un giro fra le vie centrali, peraltro prive di interesse come lo sarà il Duomo cittadino. Su consiglio di un cliente di origine casertana, ci dirigiamo alla famosa pizzeria Sasà Martucci dove gusteremo la più buona pizza mai assaggiata, una vera prelibatezza, che sembra essere apprezzata persino dagli stessi napoletani. Alle 5.00 di lunedì partiamo in direzione della costiera amalfitana, e dopo un percorso tutto curve, immersi in un contesto montagnoso, scendiamo a Rovello, sede di un importante Duomo purtroppo ancora chiuso. Durante questo viaggio abbiamo dovuto accettare alcuni compromessi per via dei diversi orari di apertura degli edifici religiosi, privilegiando alcuni a scapito di altri, e in questo caso si è deciso di favorire la ben più nota località di Amalfi, fiorente Repubblica Marinara in epoca alto-medievale, che raggiunse il suo massimo splendore nell’XI secolo. Alle 7.30 parcheggiamo fronte mare e ci addentriamo nel centro storico. La splendida Cattedrale, dedicata a Sant'Andrea, fu costruita nel IX secolo, quando la Repubblica marinara ha cominciato ad affermarsi come potenza commerciale. L’impatto visivo è stupefacente, ma il mio binocolo non mente, ed evidenzia una notevole approssimazione musiva in facciata. Anche l’interno, rimaneggiato in forme barocche, non mi entusiasma. Da vedere sarebbe il Chiostro del Paradiso, ma apre alle 10.00 e decidiamo di sacrificarlo, per avere in seguito più chance di visita a Salerno, dove ci dirigiamo dopo quattro passi nelle vie principali del centro ed aver ammirato, in piazza del Duomo, la fontana di Sant’Andrea. La giornata soleggiata ci offre continui scorci affascinanti sulla costiera, una bellezza naturalistica che incanta, con i suoi borghi caratteristici e il suo mare cristallino. Giunti a Salerno ci immergiamo subito nella sua migliore realtà, il corso Vittorio Emanuele, e in seguito svoltiamo verso il Duomo, la cattedrale di Santa Maria degli Angeli, la più bella chiesa cittadina. Il portale della facciata immette ad un ampio atrio, unico esempio italiano, insieme alla Basilica di Sant’Ambrogio di Milano. All’interno è presente il pregevole monumento funebre alla Regina Margherita di Durazzo, ma quello che mi ha spinto fino a Salerno sono in primis i due splendidi amboni sorretti da colonnine tipicamente bizantine, decorate con intarsi di pietre policrome. Sono l’ambone Guarna, del 1180 e il d’Aiello del 1195, entrambi abbelliti con mosaici e sculture e sormontati da capitelli figurati, due gioielli assoluti. Nei pressi del Duomo entriamo in seguito nel Museo Diocesano dove mi aspetto d’ammirare altre opere d’arte eccezionali; sono le famosissime tavolette eburnee, pregevolmente intarsiate con scene dalla Bibbia. E’ presente inoltre la preziosa Croce di Roberto il Guiscardo, del XII secolo. Raggiungiamo quindi un'altra perla di Salerno che è l’acquedotto medievale, per poi ritornare all’auto attraverso la bella passeggiata lungomare. Ci aspetta ora un lungo tragitto in auto attraverso un tratto della Salerno-Reggio Calabria e poi, superata Potenza e un percorso affascinante quanto brullo, eccoci giunti alla straordinaria Matera. Dopo aver sistemato le nostre cose al B&B Centrale, ci dirigiamo immediatamente in piazza Vittorio Veneto, cuore delle visite che diamo inizio con il Palombaro Lungo, delle cisterne sotterranee che permettevano ai materani l’approvvigionamento idrico. Matera è una città magica, circondata dal paesaggio aspro e brullo della Murgia. È conosciuta in tutto il mondo per gli storici rioni Sassi, che ne fanno una delle città ancora abitate più antiche al mondo. Fino a pochi anni fa considerata la vergogna nazionale, per la condizione in cui vivevano i suoi abitanti, nel 1993 compiva la sua trasformazione, in concomitanza della nomina a patrimonio dell’Unesco. Dalla piazza scendiamo verso il Sasso Barisano, il maggiore dei due Sassi, quello più esteso, con case e palazzotti sei-settecenteschi fabbricati su due livelli e con un cortile aperto davanti, molti trasformati oggi in ristoranti e negozi. Attraverso la sua dorsale, via Fiorentini, scendiamo fra scorci stupendi per poi dirigerci verso il complesso monastico di Sant’Agostino, ora chiuso, ma da qui si può ammirare forse il più bel panorama sui Sassi e sulla zona centrale della Civita. Ritorniamo per un tratto sui nostri passi salendo sotto un sole cocente, fino a piazza Sedile, da dove, poi, si susseguono i più importanti palazzi nobiliari della città. Poco distante entriamo nella chiesa barocca di San Francesco d’Assisi con niente di particolare da menzionare, e poi, attraverso la via del Duomo raggiungiamo la Cattedrale, in stile romanico-pugliese, dominata da un bel rosone a 16 raggi. Al suo interno è presente un affresco bizantino risalente al 1270, la Madonna della Bruna. Ridiscendiamo verso la via Fiorentini, per raggiungere l’inizio della via panoramica che immette sul Sasso Caveoso, quasi interamente scavato nella roccia, dalla particolare forma ad anfiteatro. Da qui la vista spazia sull’altopiano delle Murge e sul ponte tibetano che attraversa il torrente Gravina. Alla fine del percorso sono presenti delle chiese, due delle quali visitiamo. La più interessante è San Pietro Caveoso che risale al 1218. Giunto in via Buozzi ci sediamo al ristorante prenotato, la trattoria del Caveoso, dove gustiamo, in un ambiente forse troppo turistico, degli strascinati con cime di rapa, cavatelli con peperoni cruschi e una tagliata di manzo podalico e funghi. Il tutto bagnato da un Aglianico del Volture, tenuta Eleano del 2019, 14°. Una giornata notevole! Martedì 10, come spesso mi capita, mi sveglio presto, e alle 5.45 sono già in splendida solitudine a vagare per i Sassi. L’atmosfera che si gode, di primo mattino, con le città ancora deserte è unica ed impareggiabile, pare di esserne i padroni. I negozi turistici sono ancora chiusi, la gente non invade i vicoli e i luoghi di interesse, e i siti si offrono come vergini, incontaminati. Solo provando queste sensazioni ci si rende conto di quanto si venga ripagati dalla levataccia che si deve sopportare.

Tornato all’alloggio partiamo alle 6.45 per Altamura. La Puglia offre al visitatore decine di località interessanti da visitare, in questo caso ho scelto Altamura per la presenza di una cattedrale davvero singolare. Sebbene l’interno sia anch’esso pregevole, con un ambone in pietra del 1535 e una tela di Domenico Morelli raffigurante la Conversione di S.Paolo, oltre ad un presepe in pietra policroma del 1587, ciò che mi ha portato fino a qui è lo straordinario portale del trecento. Sugli archi della porta sono scolpite 22 scene della vita di Gesù, dalla nascita fino alla morte, resurrezione, mentre sull’architrave si ammira una splendida Ultima Cena. La cittadina non offre molto altro, e dopo la visita anche della chiesa di S.Nicolò dei Greci ci concediamo una specialità del luogo: la “tetta della monaca”, un dolce soffice di pan di Spagna ripieno di crema Chantilly e spolverato di zucchero velato. E’ giunto il momento di concederci la prima esperienza balneare, e così scendiamo verso sud, fino a Marina di Ginosa, con la sua pineta di arbusti di macchia mediterranea che incornicia per chilometri di sabbia tutto il litorale. Un fondale basso che digrada dolcemente dove trascorriamo quattro ore in completo relax. La giornata prosegue raggiungendo la città di Taranto, tristemente nota per la contaminazione dell’aria prodotta dall’acciaieria Ilva, nella sua periferia. Preso possesso della stanza all’hotel Taranto Puglia Holiday, nella zona nuova, ne usciamo subito dirigendoci verso il borgo antico. Attraversato il ponte girevole che separa la città nuova da quella vecchia, ecco alla nostra sinistra il Castello Aragonese, seguito dal tempio Dorico. Ma il motivo della nostra venuta è essenzialmente la Cattedrale di San Cataldo, che raggiungiamo dopo aver percorso la stretta via del Duomo. La zona vecchia risulta essere un po’ fatiscente, i vicoli sono stretti e le abitazioni mal tenute, non è piacevole passeggiare qui, si avverte un spiacevole senso di oppressione. Nell’attesa che nel Duomo termini la cerimonia di un matrimonio, ne approfittiamo per visitare la chiesa di San Domenico Maggiore, ma sarà in Cattedrale che mi dirigerò impaziente al celebre Cappellone di San Cataldo. Preceduto da un vestibolo quadrangolare, ai lati ecco già due delle otto statue di Sammartino: il S. Giovanni Gualberto a destra e il S.Giuseppe con il Bambino sulla sinistra. Per chi non lo conoscesse, Sammartino è lo scultore che ha realizzato un opera assolutamente incredibile nella Cappella San Severo di Napoli: il Cristo Velato. Rappresenta, a mio modesto parere uno degli artisti più talentuosi del panorama scultoreo italiano. E in questo cappellone, oltre a queste due prime opere, ci sono anche le statue di S.Francesco di Paola, S.Francesco d’Assisi, Sant’Irene, Santa Teresa, San Domenico e San Filippo Neri, una più bella dell’altra. Fulcro della cappella è anche l’altare maggiore, riccamente decorato con lapislazzuli e madreperla, e contiene anche il sarcofago del Santo, oltre a una statua d’argento, in una nicchia. Dopo una così bella esperienza artistica ci aspetta la cena alla trattoria Gente di Mare, dove gusteremo un ricco antipasto di mare, pasta fresca allo scoglio e linguine ai ricci di mare, bagnati con un ottimo Fiano del Salento di 13°. Ritornando soddisfatti all’alloggio percorreremo l’affascinante zona pedonale di via D’Aquino, ritrovo della gioventù tarantina. Mercoledì 11 agosto decidiamo di partire comunque presto, alle 6.00, con l’intenzione di arrivare alla spiaggia di Piri Piri per le 7.30, in modo da godercela senza l’affollamento che naturalmente si produce già dopo le 10.00. Nel prosieguo del viaggio opteremo spesso, quando possibile, per questa soluzione, al fine di godere appieno il luogo, almeno in prima mattinata. La spiaggia si erge su un promontorio da cartolina che guarda dall’alto uno spiaggione dorato protetto da una scogliera di arenaria. Lunghi tratti di spiaggia libera, con un mare trasparente dal fondale sabbioso. La spiaggia successiva sarà a Punta Prosciutto, che quando arriveremo sarà già satura di gente. Famosa per essere considerata una delle più belle del Salento, con tutta quella gente perde di fascino, sebbene la sabbia sia fine e bianca e l’acqua cristallina. Di pomeriggio diamo termine alla giornata balneare a Torre Lapillo, bella anch’essa, ma congestionata da una folla rumorosa. Alle 16.00 giungiamo al nostro quarto alloggio, il Palazzo Baffa, dove resteremo due notti. Doccia, e poi subito fuori, direzione centro, dove ci aspetta l’ennesima esperienza artistica nella Basilica di Santa Caterina d’Alessandria, realizzata nel XIV secolo. L’interno è completamente affrescato verso la fine del trecento da maestranze locali e anche se una attenta analisi col binocolo rivela un talento approssimativo, l’impatto visivo è comunque notevole, tanto che ammiriamo con diligenza i vari affreschi, specie quelli di matrice giottesca delle vele della seconda campata, raffiguranti i sette sacramenti. Per la vastità dei cicli pittorici, la basilica galatinese è considerata seconda solo alla basilica di S.Francesco ad Assisi. Percorriamo quindi le altre vie centrali, entrando anche nella Chiesa Madre, barocca, con alcune opere pregevoli come una tavoletta raffigurante il Cristo Pantocratore del XIV secolo e una statua in marmo con la Madonna e il Bambino del XIII, entrambi di ignoti. Per la cena opteremo per un ristorante di alto livello: l’Anima & Cuore, segnalato anche nella guida Michelin. In un ambiente elegante gusteremo un mezzo pacchero integrale con tocchetti di spada, pomodori di Pachino e olive, ravioli di burrata con tartare di scampi e crema di stracciatella con glassa di soia e per secondo tocchetti di tonno con granella di pistacchi, senape, cavolo cappuccio marinato, stracciatella al nero di seppia. Il tutto bagnato da un Njere di 12.5° con uve Chardonnay e Verduco. 12/8 Giovedì – Si parte ancora presto, alle 6.00 in modo da raggiungere la lontana Marina di Pescoluse abbastanza presto per godercela appieno, sebbene siano comunque quattro chilometri di sabbia bianca, dal fondale basso. Considerata la Maldive del Salento, è davvero un luogo superlativo che godiamo per molte ore, grazie ad una giornata splendida di sole. La spiaggia successiva sarà quella di Torre Mozza e anche qui sabbia bianca e bellezza delle acque. Per finire decidiamo di salire fino alle spiagge a sud di Gallipoli, dove però restiamo intrappolati in un inferno di auto e genti. Riusciamo a parcheggiare con fatica dirigendoci verso la spiaggia libera più vicina, a Baia Verde. Nonostante venga dipinta come una distesa di sabbia fine, almeno la parte dove siamo noi risulta di difficile accesso, per via di rocce affioranti. Non sarà comunque questo fatto che riuscirà a rovinarci la giornata, e dopo alcuni bagni e una doccia salutare, ci dirigiamo verso Gallipoli. Dalla parte nuova ci avviamo verso il borgo antico ammirando per primo la Fontana Greca e, superato il ponte, il bel Castello. Le vie del centro sono piacevoli da percorrere, con i soliti negozietti, bar e locali che invitano ad una sosta, ma il nostro primo pensiero è raggiungere la Cattedrale, nel cui interno è conservata una vera pinacoteca con grandi quadri che impreziosiscono le due navate laterali. Il protagonista indiscusso è il pittore napoletano Nicola Malinconico, autore di pregevoli tele come quella che occupa l’altare maggiore: il martirio di Sant’Agata. E poi la cacciata dei mercanti dal Tempio, in controfacciata e il martirio di S.Sebastiano nel braccio destro del transetto. Una bella chiesa è anche quella della Purità, proprio di fronte alla spiaggia omonima, dove si ammira una tele di Luca Giordano, appunto la Madonna della Purità tra i Ss. Giuseppe e Francesco. Bighelloniamo per le vie centrali ammirando il bel mare che circonda la penisola, sostando ad un locale dove gustiamo una specialità salentina: la puccia, una sorta di pan pizza cotto al forno ripieno di ciò che si desidera. E si ritorna quindi al nostro alloggio di Galatina.Il 13/8 venerdì, partenza presto, alle 5.30, destinazione Otranto, il comune più orientale d’Italia e dove, dopo colazione, ci inoltriamo nel caratteristico borgo antico attraverso la Porta Alfonsina. Si gira facilmente, percorriamo tante vie caratteristiche, molte delle quali convergono nella centrale Piazza del Popolo per poi raggiungere il limite del Castello Aragonese. La chiesa di S.Pietro è chiusa ma entriamo, appena apre, nella Cattedrale, fondata nel 1068 dal vescovo normanno Guglielmo. Notevole è la pavimentazione musiva, di grande impatto scenico con iconografia tratta dall’Antico Testamento. Da citare è anche la cappella dei Martiri, dove sono conservati i resti mortali degli 800 abitanti di Otranto massacrati e decapitati dai Turchi nel 1480. E ora via, verso la Baia dei Turchi, un piccolo gioiello alla fine della Baia di Alimini dove restiamo fino alle 13.00. Proseguiamo quindi verso nord fino alla celebre Grotta della Poesia, ricordando la storia di una bellissima principessa che veniva qui a rinfrescarsi, e dei poeti che accorrevano a guardarla per poi comporre versi in suo onore. In realtà il nome di questa grotta, in greco significa “sorgente d’acqua dolce”, perché un tempo una fonte scorreva al suo interno. Oggi è riempita dall’acqua di mare e regala uno spettacolo unico. Non si può tuffarcisi, ma nelle vicinanze, poco dopo, c’è un altro sito dove il mare si infiltra in una stretta ansa, molto simile, dove approfittiamo per fare un paio di nuotate. Bene, le esperienze balneari per oggi sono terminate e tiriamo dritti fino a Lecce dove prendiamo alloggio all’Urban Oasis hotel. Doccia e via alla scoperta di questa bellissima città barocca. Si presenta come un capoluogo godibilissimo, attraverso la Porta S.Biagio ci inoltriamo in centro, dove la ricchezza e l’esuberanza del barocco riempie gli occhi, anche se resto convinto che questa forma d’arte, specie negli edifici religiosi non offra opere d’arte di rilievo, sia pittoriche che scultoree. Certo è, che al primo impatto appaiono esteticamente appaganti, sia all’esterno che all’interno, con tutta quella profusione di stucchi e modanature. Raggiunta Piazza del Duomo acquistiamo il carnet delle quattro chiese più importanti di Lecce, cominciando proprio dal Duomo stesso. Come le altre, cattura con tutti quei dettagli estremamente decorativi realizzati nella pietra locale, e sono fiori, tralci, ghirlande, disposti su fregi e colonne tortili. Considerazione che mi sento di riproporre anche all’interno, dove ogni altare colpisce per la ricchezza di abbellimenti. Non mi sento, tuttavia di evidenziare una sola opera che meriti d’essere menzionata. Usciti, non si può che restare ammirati della piazza, che oltre al Duomo propone il Palazzo del Seminario, con all’interno il Museo Diocesano, e l’Episcopio. Raggiungiamo l’altra piazza principale della città, piazza Oronzo, forse il vero centro cittadino, con bar e ristoranti e, più a est il bell’Anfiteatro Romano, con il Castello non molto distante da qui. Non vogliamo perderci l’ingresso alle tre chiese del carnet, così ci dirigiamo verso la prima, la chiesa di Santa Croce, dove citerei, al suo interno il bel monumento funebre a Mauro Leonardo, null’altro, come niente mi viene da segnalare nelle due chiese successive, la chiesa di Santa Chiara e quella di San Matteo, nonostante , e lo ripeto, attirino l’attenzione della gente in modo ben maggiore che una austera chiesa romanica. Un ultimo giro nelle vie centrali, visitando anche una chiesa di Sant’Irene incredibilmente buia, impedendo per completo una visione almeno sufficiente. Non trovando un ristorante meritevole optiamo per una pizza, ritirandoci subito dopo in hotel. Il 14/8 sabato, scelgo ancora una volta la levataccia per godermi in beata solitudine la città, che ripercorro nei suoi luoghi simbolo, completando la visita di ieri con le belle vie Libertini e Palmieri, dove altre belle facciate di chiese, come Santa Teresa, Sant’Anna e del Rosario, ora naturalmente chiuse, abbagliano con i loro fregi e decorazioni. Ammiro Porta Rubia e, in fondo a via Palmieri la più attraente Porta Napoli, per poi spingermi ulteriormente a nord attraverso via Manfredi, con le chiese di S.Angelo e di S.Francesco di Paolo e quindi ritornare attraverso i Giardini Pubblici e Piazza Oronzo a Porta S.Biagio e in Hotel dove partiamo alle 7.30 per la riserva naturalistica di Torre Guaceto, un area marina protetta dove, dal parcheggio si percorre un lungo sentiero che fiancheggia la costa, e dove trascorriamo un piacevole periodo di balneazione fino alle 11.30 quando torniamo al parcheggio prendendo una navetta che ci porta alla spiaggia delle conchiglie dove restiamo fino alle 16.00. Tornati al parcheggio, puntiamo verso la nostra prossima tappa, Ostuni, che visitiamo dopo aver preso possesso della nostra stanza al Soggiorno Galasso. Denominata la Città Bianca per via del suo caratteristico centro storico che nei tempi passati era interamente dipinto con calce bianca, ci colpisce immediatamente la sua evidente vocazione turistica. Ostuni oggettivamente affascina il turista, le sue viuzze con le case imbiancate che le danno una maggiore luminosità, data dalla luce sia diretta che riflessa, l’ambiente ristretto di impianto medievale, le ripide scalinate e conseguenti discese, stimolano a perdercisi. Piazza Libertà è il principale punto d’incontro di locali e turisti. Vi spicca la chiesa di San Francesco e la colonna di S.Oronzo, nonché la bella scalinata degli Antelmi, impreziosita dai locali più alla moda. Percorriamo la via più importante, via Cattedrale, con i soliti negozietti turistici fino al celebre Duomo, posto alla sommità più alta del colle. Interessante la sua facciata gotica, ma l’interno barocco, come spesso capita non offre spunti di menzione. Anche questa sera optiamo per una semplice pizza e via in hotel. Oggi è il 15/8, Ferragosto, e comincio presto la giornata, come spesso ho fatto, scoprendo la Città Bianca di mattino presto, e dalle 5.45, per un ora girovago per viuzze deserte, godendomi, in santa pace, un atmosfera che durante il giorno è impossibile permettersi. Alle 7.00 partiamo per Locorotondo. Colazione in loco, e poi diamo inizio alla visita del nucleo antico. Considerato uno dei Borghi più belli d’Italia, vi ammiriamo balconi fioriti che danno su viuzze lastricate. Il bianco abbacinante delle case catapulta il visitatore come in un luogo magico. Eleganti portali e bei panorami sulla pianura sottostante. Per prima cosa entriamo nella Chiesa di Santa Madre della Greca, la più antica di Locorotondo del cui fascino primordiale ben poco rimane e, in seguito, la più gradevole Chiesa Madre di San Giorgio, la più importante. Pregevole l’Ultima Cena del pittore napoletano Maldorelli, come anche la Madonna del Rosario, incorniciata da 15 ovuli raffiguranti i misteri. Tornati all’auto puntiamo per la successiva meta, più famosa, di Alberobello. Già percorrendo la Valle d’Itria ci siamo imbattuti nelle curiose costruzioni dei trulli, ma questa località è diventata celebre per i suoi due rioni che ne contendono in maggior numero. Divenuta patrimonio mondiale dell’umanità nel 1996, è davvero un luogo unico. Raggiunta la principale Piazza del Popolo, ci dirigiamo a nord attraverso corso Vittorio Emanuele fino alla Basilica dei Ss.Cosma e Damiano, della quale non ho nulla da menzionare. Nei pressi è presente il trullo sovrano, l’unico trullo a due piani. Tornati a piazza del Popolo sostiamo in cima alla scalinata che ci porterà al famoso Rione Monte. Da qui si gode un magnifico colpo d’occhio su questa zona, composta da ben 1030 trulli, allineati sui margini di otto stradine irregolari che procedono verso la sommità del colle dove entreremo anche nell’unica chiesa trullo esistente. Naturalmente non possiede alcun pregio artistico, ma la sua unicità merita il massimo rispetto. Molti dei trulli ospitano negozietti e botteghe artigiane. Soddisfatti della visita ci dirigiamo ora nel secondo distretto di trulli, il rione Aia Piccola, che ne comprende solo 400, quasi tutti abitati. Fino a d’ora il viaggio ci ha riservato una quantità notevole di esperienze interessanti, ingioiellate da un sole che non ha mai abbandonato i nostri passeggi. L’originale intenzione di visitare Polignano a Mare l’abbiamo cestinata per via di un incredibile caos cittadino che ha scoraggiato le nostre pur solidi intenzioni e così abbiamo deciso di concederci una sosta balneare nel Lido San Giovanni, luogo di mare dei locali. L’accesso al mare è ostacolato da pietre, ma non ci ha impedito un paio d’ore di sole e nuotate. La giornata prosegue con l’ingresso nel capoluogo pugliese: Bari, nono comune italiano per popolazione e terzo nel mezzogiorno dopo Napoli e Palermo. Per fortuna il nostro alloggio al Dolci Notti è molto prossimo a Bari Vecchia, così in un attimo siamo già al Porto vecchio e quindi a Piazza del Ferrarese. Niente di particolare, comunque. Più bella è l’adiacente piazza Mercantile, piena di bar e ristoranti, ritrovo della gioventù locale, con alcuni palazzi interessanti e una fontana. Tramite una via centrale ci dirigiamo subito verso la basilica di San Nicola dalla classica facciata romanica-pugliese. L’edificazione della basilica è legata alle reliquie di San Nicola traslate da 62 marinai baresi dalla Licia e giunte a Bari nel 1087. L’interno, a croce latina, mi attira immediatamente verso l’altare maggiore dove emerge uno straordinario ciborio del XII secolo, il più antico della Puglia. Nei pressi una splendida cattedra episcopale in marmo del 1105. Nell’abside di destra è presente anche il bellissimo altare di S.Nicola, in argento sbalzato, del 1684. Usciti, ci dirigiamo subito verso il Duomo di Bari Vecchia, la Cattedrale di San Sabino, anche in questo caso un bell’esempio di romanico-pugliese. Anche al suo interno è presente un ciborio, ricomposto coi resti dell’originario, opera di Alfano da Termoli, del 1233, ma sfigura a paragone del precedente in S.Nicola. Non mi sento di citare altro, se non una Vergine odigitra, tavola bizantineggiante, presente nel transetto. Altre chiese non ne vedremo perciò dopo aver ammirato il castello di Federico II di Svevia, percorriamo un po’ del lungomare Imperatore Augusto fino a rientrare in piazza Mercadante. La cena la consumeremo in un locale turistico con orecchiette salsa rosa e tonno e risotto alla marinara. Se avessi cucinato io avrei provato maggior gusto! Il 16/8 lunedì altra levataccia per ammirare in splendida solitudine la Bari Vecchia, ritornando alla fine attraverso il lungomare Nazario Sauro e passando davanti allo splendido Teatro Petruzzelli. Avendo prenotato l’entrata al celebre Castel del Monte per le 13.00, decidiamo poi di trascorrere la mattinata in una spiaggia, scegliendo quella di Salsello, poco a nord di Bisceglie. Piccoli ciottoli che degradano verso un mare anche questa volta cristallino. Alle 11.30 partiamo verso l’interno raggiungendo il parcheggio di Castel del Monte dove una navetta ci porta fino a questa splendida fortezza del XIII secolo fatta costruire da Federico II di Svevia sulla sommità di una collina delle Murgie occidentali. Inserita nel Patrimonio dell’Unesco nel 1996 è il 30° sito italiano più visitato. L’edificio è a pianta ottagonale con un cortile di circa 18 metri. Lo spazio interno è suddiviso in due piani con stanze spoglie. In se stesso non presenta opere di rilievo da ammirare, ma è la stessa costruzione che sorprende, non ne ho mai ammirata una simile in nessuna parte del mondo. Tornati al parcheggio ci dirigiamo verso il nostro prossimo alloggio, il Cortile degli Ulivi ad Andria. Doccia rigenerante per poi tentare una visita della cittadina sotto un solo implacabile. Purtroppo è tutto chiuso, e nemmeno notiamo edifici interessanti oltre la Cattedrale che però sembra sia stata aperta solo di mattino, perciò decidiamo di riprendere l’auto e raggiungere la vicina Trani, che si dimostra ben più interessante, a cominciare dal Castello Svevo e dalla splendida Cattedrale, risalente alla dominazione normanna. Costruita con una tufo calcareo locale, appare di un rosa chiarissimo. Tramite una doppia rampa vi accediamo, e subito, appoggiata alla navata sinistra ecco la celebre porta centrale di bronzo, opera di Barisano si Trani del 1175 (il portale esterno è solo una copia). L’interno è stato rifatto più volte e non conserva altre opere di rilievo, a parte l’interessante cripta. L’umore oggi non è favorevole all’approfondimento artistico perciò dopo aver costeggiato il porto ed aver sostato per un refrigerante gelato, riprendiamo il principale Corso Vittorio Veneto fino ad Andria. Della cena è meglio non ne parli. 17/8 martedì, partiamo alle 5.30 direzione Gargano, sostando alla bella spiaggia di ciottoli di Mattinata dove restiamo fino alle 14.00. Quindi raggiungiamo a San Giovanni Rotondo il nostro hotel Garden dove staremo due notti, sistemiamo le nostre cose e ci dirigiamo subito dopo alla vicina Monte Sant’Angelo, celebre per il Santuario di San Michele Arcangelo, meta dei pellegrinaggi dei fedeli fin dal VI secolo. Secondo la tradizione, infatti, durante l’epidemia di peste del 1656 l’Arcangelo si sarebbe manifestato al vescovo della diocesi dispensando grazie e guarigioni. Scendiamo fino alla Grotta delle apparizioni attraverso la scala angioina. Si sta celebrando la Messa ma questo non mi impedisce di individuare tutto ciò che di interessante è presente, come la bella cattedra episcopale e la statua di San Michele Arcangelo, di ottima fattura, non per niente la si attribuisce al Sansovino. Una piacevole visita, che completiamo con la cosiddetta Tomba di Rotari, più propriamente il battistero di S.Giovanni in Tumba. Quel che ne resta non è molto, ma l’interno della cupola è originale, come preziosi sono i bassorilievi dei capitelli e dell’architrave sopra il portale. Decidiamo di non inoltrarci nelle vie del pur piacevole paese, coi soliti negozi di souvenir, perché vogliamo tornare a San Giovanni Rotondo a vedere la chiesa di Padre Pio, che contiene le sue spoglie, in una teca. Il paese non offre molto altro, e nemmeno il nuovo santuario, progettato da Renzo Piano, inaugurato nel 2004, mi stimola il lato artistico, sono costruzioni moderniste che mi provocano un fastidio quasi fisico. La struttura è enorme, 6000 metri quadrati, per ospitare i pellegrini che sembra la affollino in ogni periodo dell’anno. Per quanto mi riguarda non vedo l’ora di uscirne, e dopo aver osservato la teca con il corpo di Padre Pio ce ne usciamo. Anche questa sera non ce la sentiamo di cenare in ristorante, per stanchezza e optiamo per una pizza. 18/8 mercoledì, via alle 6.45 in direzione di Mattinata e il Gargano. La nostra destinazione è la spiaggia di Vignanotica. Lasciata l’auto sopra, al parcheggio, scendiamo lungo un facile sentiero fino alla splendida spiaggia di ciottoli lunga 500 metri, caratterizzata dalla presenza di molteplici grotte scavate dal mare e dalla alta e bianca falesia calcarea alle nostre spalle. Al momento c’è pochissima gente e sembra di essere in Paradiso tanto è straordinario il paesaggio che si mostra a noi. Trascorriamo una fantastica mattinata tra bagni e sole fino alle 15.00 quando decidiamo di proseguire lungo la costa garganica, fra splendidi scorci fino a Vieste, il comune più grande e più orientale del promontorio. E’ una città di chiara impronta turistica, c’è un sacco di gente che affolla le stradine del centro vecchio, i solita locali e negozietti, mentre operiamo gincane continue fra la folla. Si sale e si scende lungo le scalinate fino a giungere alla Cattedrale. La sua struttura romanica si è modificata nei secoli e ora appare in una veste più barocca. All’interno, nulla che attira la mia attenzione se non una pregevole tela della Madonna del Rosario del 1581 di Michele Manchelli. Da una terrazza nei pressi possiamo ammirare un bel panorama dell’ampia spiaggia di Vieste con il famoso scoglio di Pizzomunno. Gelato e torniamo a San Giovanni Rotondo attraverso un altro percorso che ci immerge nella bella Foresta Umbra, un area naturale protetta. Il suo nome “umbra” deriva dal latino e significa cupa, ombrosa. Le continue curve mi impegnano notevolmente alla guida, ma il panorama selvaggio è di una bellezza che compensa ampiamente la fatica di percorrerla. Giunti a disposizione optiamo per un ristorante turistico che mi impongo di non menzionare nemmeno. 19/8 giovedì, alle 3.45 siamo già in auto.

E’ iniziato il percorso di ritorno a casa, ma in questi prossimi due giorni, invece di sobbarcarmi uno sfibrante martirio autostradale fino alla nostra Liscate, ho organizzato una tappa intermedia con pernottamento a Todi, in modo da permetterci la visita a città importanti lungo il tragitto verso nord. Alle 7.30, infatti, entriamo a L’Aquila, duramente colpita come altri paesini di Marche, Umbria e Abruzzo dal terremoto di cinque anni fa. La viabilità, specie nel centro è ancora compromessa, molte vie sono chiuse per lavori e decine di edifici, anche importanti si presentano con impalcature che testimoniano la violenza del sisma. Parcheggiata l’auto nei pressi della Basilica di San Bernardino vi entriamo in una pace celestiale. Dal primo sguardo percepisco che mi regalerà parecchi piaceri artistici e questa impressione sarà confermata da molte opere di rilievo che scorgerò nelle cappelle delle due navate laterali. Per cominciare il soffitto è impreziosito da tre pregevoli affreschi fra un cielo di legno intagliato. Da citare sono poi la grande tela della Crocifissione di Aert Mytens, da rimanere a bocca aperta, come quando scorgo la cappella con la Pala del Redentore, con una composizione in ceramica invetriata di Andrea della Robbia. Nemmeno a Firenze ho visto di questo scultore un opera così bella, e poi una straordinaria Adorazione dei Pastori, il più bel quadro del Rinascimento aquilano. E che dire del mausoleo di San Bernardino! Realizzato da Silvestro dell’Aquila, sui quattro lati ammiro i bellissimi bassorilievi. La giornata è iniziata sotto i migliori auspici e si rivelerà, anche in seguito tale, facendomela considerare la più bella giornata dell’intero viaggio. Anche la facciata viene considerata la massima espressione dell’architettura rinascimentale in Abruzzo. Percorriamo il corso Vittorio Emanuele fino a giungere alla piazza del Duomo, purtroppo chiuso per lavori, per via del sisma. Entriamo nella chiesa di Santa Maria del Suffragio che però non ci offre nulla di interessante. Ripresa l’auto, e attraverso un percorso ostico, per via di vie chiuse per lavori giungiamo alla Fontana delle 99 cannelle, costituita da 93 mascheroni in pietra e 6 cannelle singole dalle quali sgorga l’acqua. Secondo la tradizione le cannelle rappresenterebbero i 99 castelli del circondario che, nel XIII secolo, parteciparono alla fondazione della città. Ultima visita, e anche in questo caso ci arriviamo solo con l’ausilio del navigatore alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio, la facciata della quale considerata la massima espressione dell’architettura abruzzese. Il portale principale, il più antico dei tre è caratterizzato da una serie di archi a tutto sesto con statue di santi. L’interno è ampio, ma spoglio e non vi noto nulla che mi colpisca in modo particolare. Solo una Assunzione e incoronazione della Vergine nella navata sinistra e il sepolcro di Papa Celestino V, nell’abside di destra. Alle 10.30 ripartiamo, direzione Spoleto dove giungiamo alle 12.30. Parcheggiamo l’auto in piazza della Vittoria, percorrendo la via che costeggia un torrente in secca fino alle comode scale mobili che salgono fino alla Rocca Albornoziana, una fortezza situata sulla sommità del monte Elia che sovrasta la città. Si tratta del principale baluardo del sistema di fortificazioni fatto edificare da Papa Innocenzo VI per rafforzare militarmente e rendere più evidente l’autorità della Chiesa nei territori dell’Italia Centrale. La circumnavighiamo completamente, ammirando anche il Ponte delle Torri, un ponte ad arco derivato da un acquedotto romano. Ritornati alle scale mobili, e dopo ammirato uno splendido panorama sulla città, ridiscendiamo di un tratto fino al celebre Duomo, che ci regalerà delle esperienze incredibili. Nonostante l’interno sia ora in stile barocco, raramente ho riscontrato in una chiesa un numero così vasto di opere straordinarie. Vorrei cominciare dallo stupefacente ciclo di affreschi di Filippo Lippi nell’abside raffiguranti le Storie della Vergine. L’Annunciazione, la Dormitio Virginis, la Natività sono stupendi, ma è nel catino absidale che, con l’ausilio del mio binocolo, ammiro la strabiliante Incoronazione della Vergine, davvero uno degli affreschi più belli e meglio conservati tra le centinaia e centinaia di edifici religioni che ho visitato. E poi ancora l’affresco con la Madonna e i Ss. Giovanni Battista e Leonardo, del Pinturicchio. E poi ancora la Madonna della Manna d’oro, di Annibale Carracci. Potrei continuare con altre opere notevoli, ma quello che si ammira in una cappella al termine della navata destra è un crocefisso che fa parte della storia dell’arte italiana e mondiale. Si tratta del primo, o almeno uno dei primi crocifissi che siano mai stati firmati dall’artista che li ha eseguiti, quello di Alberto Sotio, del 1187. Sono davvero appagato oltre misura e non mi sento addolorato quando noteremo chiusa la chiesa di San Domenico, che avevo in programma. Scendiamo attraverso il centro storico fra innumerevoli vie che trasudano fascino fino a piazza Garibaldi dove completiamo la visita di Spoleto entrando nella basilica di San Gregorio, in una zona abitata nel medioevo prevalentemente da ebrei. Dopo danni e spoliazioni non resta molto da ammirare, ma se ne intuisce comunque il pregio che le maestranze di allora gli avevano conferito. Sono ormai le 16.00 ed è ora di ripartire, perché non voglio privarmi dell’ultima chicca rimasta in giornata. Arrivati a Todi prendiamo subito possesso del nostro alloggio all’agriturismo Cerquaglia, per poi iniziare subito la scoperta di quest’altra affascinante cittadina che vanta edifici sacri e civili di notevole prestigio. Dalla Porta Orvietana saliamo una lunga scalinata che ci porta fino a via Cavour che percorriamo fino alla bellissima piazza del Duomo, che ospita uno dei più interessanti complessi medievali d’Italia. Attorno ci sono i principali monumenti cittadini a testimonianza dei poteri dell’epoca dei Liberi Comuni. Da un lato il Duomo dell’Annunciata e poi i palazzi pubblici sede dei poteri civici, come il Palazzo dei Priori, il Palazzo del Capitano e il Palazzo del Popolo. Entriamo subito nel Duomo, dove ci colpisce immediatamente il bel Giudizio Universale in controfacciata, opera di Ferraù Fenzoni, e poi il fonte battesimale nella prima cappella a destra, realizzato da Piero di Morione nel 1507. Nell’abside pende poi un crocifisso del ‘200. E poi ancora una Madonna con Bambino tra Santi, di Giannicola di Paolo, un allievo del Perugino. Nella cripta ci sono anche tre statue di uno dei miei scultori preferiti: Giovanni Pisano, ma sono in cattivo stato di conservazione. Altra sorpresa sarà la chiesa di S.Fortunato dove potrò ammirare dall’alto del suo campanile un bellissimo panorama della città. Per non parlare di un affresco della Madonna con Bambino e angeli, nientemeno che di Masolino da Panicale. Mi sento entusiasta di questa giornata, e le mie gambe volano percorrendo in discesa la lunga via della Conciliazione fino al tempio omonimo, fra scorci panoramici unici. L’edificio è a pianta centrale, a croce greca. Al suo interno sono presenti le statue dei dodici Apostoli. Bene, è con immensa speranza che speriamo ora di concludere in bellezza con un ristorante all’altezza, e saremo premiati. La Cantina del Mercataccio, infatti, ci delizierà il palato oltre misura. Tagliolini al ragù di chianina battuta al coltello e fonduta di parmigiano, ravioli di burrata al tartufo, e poi costine di agnello al tartufo con patate al forno. Il tutto con un rosso Cingolo 2018 di 15°. Siamo in estasi! Oggi, 20 agosto, è giorno di rientro e dobbiamo comunque partire presto. Alle 6.15 siamo già in strada, destinazione Arezzo, che si rivelerà la più bella città dell’intero viaggio. Vi giungiamo alle 8.30. Un ora dopo ci presentiamo alla Basilica di S.Francesco per la visita già prenotata alla celebre Cappella Bacci. La chiesa ha un'unica navata, fiancheggiata a sinistra da alcune cappelle e a destra da edicole con ornamenti del Trecento. Sulle pareti della Cappella Maggiore, tra il 1453 e il 1463, Piero della Francesca dipinse il celebre ciclo di affreschi della Storia della Vera Croce. La cappella posta a destra dell'abside ospita affreschi di Spinello Aretino, mentre in quella a sinistra si trova un'Annunciazione attribuita a Luca Signorelli. La chiesa contiene anche un crocifisso di un allievo di Cimabue, appeso al centro della cappella maggiore. Da citare uno splendido polittico di Niccolò di Pietro Gerini, raffigurante la Madonna della Cintola tra Santi e il pregevole monumento funebre a Francesco Roselli, di Michele da Firenze. Sulla medesima via entriamo nella poco citata basilica delle Sante Flora e Lucilla. Sarà un incredibile esperienza, dato che vi troviamo delle tele straordinarie: la Pala Albergotti e l’Altare della Pieve, entrambe del grande Giorgio Vasari; una croce dipinta di Segna di Bonaventura e il piccolo Tabernacolo degli Oli Sacri niente meno che di Benedetto da Maiano. La giornata è iniziata alla grande. Attraverso l’arteria principale, Corso Italia, saliamo in direzione del Duomo, ma prima è la bella Pieve di Santa Maria con la sua incredibile facciata, costituita da tre logge sostenute da colonnine, le prime due ad arco, la terza ad architrave. All’interno, il notevole fonte battesimale di forma esagonale con formelle raffiguranti le storie di S.Giovanni Battista, attribuito a Giovanni d’Agostino, 1332. Più avanti giungiamo al Duomo, la Cattedrale dei Ss.Pietro e Paolo. Il fianco destro conserva la struttura originaria trecentesca in blocchi di arenaria. Entrati ci dirigiamo subito di fronte al presbiterio, ad ammirare la famosa Arca di San Donato, un opera marmorea del 1362. E’ sorretta da 12 pilastrini terminanti in guglie e pinnacoli. Nella prima cappella della navata sinistra è poi presente un bel fonte battesimale con formelle della scuola di Donatello. Col binocolo ammiro quella attribuita a lui stesso: il battesimo di Cristo. Da citare anche l’affresco di Piero della Francesca raffigurante la Maddalena e la straordinaria cappella della Madonna del Conforto. Credo che non esista un ambiente in tutta Italia che conservi al suo interno così tante opere dei Della Robbia, specialisti nella realizzazione di creazioni con ceramiche invetriate. Ammiro, di Andrea della Robbia, Maria in trono col Bambino e Santi, una Santissima Trinità tra Santi, la Madonna col Bambino fra i confratelli della Misericordia, e una Maria in adorazione del Bambino. Nella navata destra è anche da citare il monumento funebre di Papa Gregorio X, del ‘300. Per ultimo ci spingiamo fino alla chiesa di San Domenico, dove dall’abside pende nientemeno che un crocifisso del grande Cimabue. La decorazione pittorica interna è opera di Spinello Aretino. Si è fatto tardi, Arezzo ci ha portato via un ora in più del previsto e così decidiamo di recarci in fretta nella piazza principale, Piazza Grande sorta attorno al 1200, e sede della caratteristica Giostra del Saracino, un torneo equestre di origine medievale. Ha una forma trapezoidale inclinata in modo da facilitare il deflusso dell'acqua piovana. Qui sono presenti il Palazzo delle Logge, situato sul lato più alto della piazza, viene progettato da Giorgio Vasari nel 1573 su commissione di Cosimo I de' Medici. Si ammira il retro della Pieve di Santa Maria e il Palazzo della Fraternità dai Laici. Elemento di spicco è l'orologio astronomico collocato sulla cima del campanile. E poi la Fontana Pubblica, in stile neoclassico e la Colonna Infame, derivato dalla base di pietra su cui la colonna è posta. Costituiva uno degli strumenti utilizzati all'epoca per amministrare le condanne per reati minori in modo esemplare, l'esposizione al pubblico ludibrio dei nomi degli imputati doveva servire come deterrente per altri a commettere quei reati. Bene, siamo soddisfatti, appagati e uscendo da Arezzo prendiamo l’autostrada per Firenze dove il nostro programma prevede l’ultima visita a Prato. Ma in prossimità della straordinaria città toscana si materializza un’inaspettata fila che scoraggia le nostre intenzioni iniziali, così optiamo per proseguire verso casa.

E’ stato un viaggio estremamente impegnativo dal punto di vista organizzativo. Inalveare così tante città in un programma, tenendo conto degli orari i apertura dei vari edifici religiosi si è rivelato una vera impresa. Sebbene non tutto si sia incastrato nel migliore dei modi (e non era neppure auspicabile) ci siamo concessi una summa di esperienze che difficilmente ci si può permettere all’interno di un singolo viaggio, senza contare i momenti ludici nelle diverse località balneari. La speranza, tuttavia, è che prima o poi il Covid se ne vada e ci consenta di organizzare viaggi anche extra europei.

 

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