2018 TOSCANA - UMBRIA
Tra spiagge ed arte
5/8/18 – Partiamo presto, alle 4.45. Voglio assolutamente aggiungere, alla preventivata sosta balneare, il museo Nazionale di San Matteo di Pisa, in un precedente viaggio non visitato a causa di un mio imperdonabile errore di programmazione. Possiede una serie completa di opere dei principali maestri pisani e più in generale toscani dal XII al XVIII secolo. E’ uno dei musei più importanti d'Europa in tema di arte medioevale. Incredibile la collezione di Croci dipinte, fra cui quelle di Giunta Pisano e di Berlingueri, oltre a opere di Benozzo Bozzoli, Ghirlandaio, Simoni Martini, Gentile da Fabriano. Senza dubbio uno dei più bei musei italiani. Ripartiamo lungo la costa versiliese lasciandoci alle spalle località come Massa Carrara, Forte dei Marmi, Viareggio, Tirrenia, piene zeppe di stabilimenti balneari e col mare decisamente discutibile. Nostra idea è di sostare nei pressi di San Vincenzo. Purtroppo ci scontriamo da subito col principale problema che incontreremo durante il viaggio: viaggiare in Italia in questo periodo è da incubo. Non si trova un parcheggio nemmeno a pagarlo oro, e così usciamo dall’abitato percorrendo la litoranea che costeggia la pineta. Anche qui, una fila ininterrotta di auto parcheggiate, nemmeno un buco libero. Abituato a ben altra libertà balneare sto incominciando a perdere la pazienza, tuttavia richiamo in tempo la calma certosina che impiego durante i miei viaggi, ben più complicati di questo. Alla fine, subito terminata la pineta, troviamo un parcheggio e scendiamo alla spiaggia. Bella, non c’è che dire, e il mare è sorprendentemente pulito. Restiamo un paio d’ore per poi raggiungere il nostro primo alloggio, casa Sara, in località Capanne, a Massa Marittima. Dopo 456 chilometri il fisico impone un perentorio alt e si pensa solo a dormire. Il giorno seguente è destinato interamente al benessere balneare e lo trascorriamo nella bella spiaggia di Carbonifera, sabbiosa e con mare cristallino. Il giorno 7 partiamo presto, alle 7.10. L’idea è di raggiungere, a sud, Cala Violina, situata tra Follonica e Punta Ala. Quando si decide di godere appieno di una località marina, in questo periodo estivo, non si può che arrivarci presto, altrimenti si perde tempo nell’unico parcheggio e ci si priva del fascino della località. Inoltre, qui, si deve percorrere un sentiero, a piedi, per una ventina di minuti. Saremo fra i primi a giungere a quella che è considerata una delle più belle spiagge della Maremma, sabbia chiara, mare trasparente e la natura incontaminata della riserva naturale. Pian piano si riempirà, pazienza, ma almeno l’avremo goduta per un po’ come merita. A mezzodì ripartiamo, doccia a casa e poi via di nuovo, destinazione Massa Marittima. Ci si domanderà cosa mai può esserci in una cittadina così sconosciuta. Ebbene, la mia passione per l’arte pittorica e scultorea, nonché delle chiese, mi ha portato ad una conoscenza abbastanza approfondita di dove siano ubicate chicche imperdibili e qui, nella Cattedrale di San Cerbone, ce ne sono alcune. L'interno possiede un impianto basilicale a tre navate. Le volte a vela di quella centrale sono della seconda metà del Quattrocento, mentre quelle laterali sono seicentesche. Al centro della controfacciata il rosone è fornito di una rara vetrata trecentesca, di scuola senese, col Redentore in gloria e Storie di San Cerbone. Sulla sinistra si trova il monumentale fonte battesimale, costituito da due parti: la vasca quadrangolare con la Deesis (il Cristo adorato dalla Vergine e San Giovanni Battista) e Storie di San Cerbone e San Regolo è tutta di un pezzo di travertino e posa sul dorso di quattro leonesse. Questa prima parte è opera di Giroldo da Agogno (1267). Nella cappella terminale di destra è appeso il crocifisso dipinto di Segna di Bonaventura (inizio XIV secolo). Dietro l'altare, in mezzo al coro, che alle pareti conserva una serie di stalli intarsiati (1462), è stata sistemata l’Arca di San Cerbone, di Goro di Gregorio (1324). Ha forma di urna, con otto storie del Santo nella parte inferiore e dodici medaglioni con figure della Vergine, di San Cerbone, di santi e profeti nella copertura. Nella cappella terminale di sinistra è la celeberrima Maestà di Duccio di Buoninsegna (1316) pittore che amo forse più di Giotto. Sempre nella navata sinistra si trovano l'Annunciazione di Raffaello Vanni (XVII secolo) e il monumento funerario del vescovo Giuseppe Traversi, di Tito Sarrocchi. Usciti, percorriamo tutto il corso Diaz fino al museo di Arte Sacra, che ospita opere d’arte provenienti in gran parte dalla Cattedrale di San Cerbone e dalle chiese cittadine di Sant’Agostino e di San Francesco; i reperti consentono di ripercorrere i momenti più importanti della storia religiosa e civile della città di Massa Marittima. Da citare, nella sala dei profeti, le statue di Camaino di Crescentino e Gano di Fazio, e poi opere del senese Ambrogio Lorenzetti come la Maestà, la Madonna col Bambino e la Croce dipinta, la sola che abbia mai ammirato di questo grande pittore. Poi ancora la Croce in argento di Giovanni Pisano e la sua Croce dipinta. Nel tornare verso la piazza del Duomo, non potevano non di salire alla Torre del Candeliere, costruita nel 1228 perché fosse il decoro della città nuova. I senesi, quando entrarono in Massa la distrussero, ricostruendola un terzo più bassa della precedente. E’ congiunta alla Fortezza Senese, vera e propria opera di ingegneria militare, costituita da una doppia cinta muraria con torri e bastioni. Dalla sua cima si gode la migliore vista sulla città. Bene, la giornata e fluita come nelle previsioni, unendo mare e cultura. Ora non ci rimane che abbellirla con una ottima cena. La consumeremo alla Taverna del Vecchio Borgo. Di primo pici con funghi porcini e ravioli ripieni di chianina al sugo di pistacchi e quindi stufato di cinghiale. Il tutto bagnato con un vino Nobile di Montepulciano del 2015 - 14.5°. Finora abbiamo goduto di un meteo generoso, e sarà così anche l’indomani, mercoledì 8 agosto, quando raggiungiamo la nostra prima spiaggia delle Rocchette, tra Castiglione della Pescaia e Punta Ala. Il fondale degrada dolcemente e l’acqua è cristallina, ma la zona libera è minuscola e presa d’assalto da una moltitudine di persone. A tarda mattinata ripartiamo giungendo, per fortuna, ad una spiaggia più godibile. In effetti, quella di Punta Ala, anticipata da una lunghissima pineta, consente una vita balneare più a misura d’uomo e ci concediamo bagni su bagni fino a tardo pomeriggio, quando torniamo a Capanne. Cena e a letto presto, perché domani sarà una giornata faticosa. Partiremo alle 4.30, percorrendo una complicata strada, tutta curve, fino a Siena, dopodiché sarà superstrada fino a Perugia, dove giungiamo alle 7.00. Lasciamo l’auto in un parcheggio nella parte bassa e, tramite una serie di scale mobili alquanto originali, raggiungiamo il centro storico nei pressi dei giardini pubblici. Non ci possiamo permettere una visita accurata della città, perciò abbiamo deciso di dedicarci solo ai tre climax imperdibili, e sono tutti in piazza IV Novembre. Dapprima ammiriamo la celeberrima Fontana Maggiore. Fu progettata in stile gotico, tra il 1275 ed il 1278, da Nicola Pisano e dal figlio Giovanni, con la collaborazione di fra Bevignate da Cingoli per la parte architettonica, di Rosso Perugini per la parte superiore bronzea, di Boninsegna Veneziano per la parte idraulica. Venne realizzata per celebrare l'arrivo dell'acqua nell'acropoli della città grazie al nuovo acquedotto, che convogliava nel centro città le acque provenienti dal monte Pacciano, situato a pochi chilometri. La fontana ha la decorazione incentrata in 50 bassorilievi e 24 statue. Nella vasca inferiore sono rappresentati i mesi dell'anno con i segni zodiacali e le scene della tradizione agraria e della cultura feudale, le arti liberali e personaggi della Bibbia e della storia di Roma. In quella superiore sono raffigurati, nelle statue poste agli spigoli, santi e personaggi biblici, del Nuovo e Vecchio Testamento e mitologici. La cattedrale di San Lorenzo ha aperto e perciò decidiamo di entrarvi. Presenta una pianta a croce latina ed è divisa in tre navate da pilastri ottagonali. Le volte sono decorate con affreschi e stucchi settecenteschi. A destra della controfacciata è la cappella più famosa, quella dell’Anello, la reliquia dell'anello nuziale della Vergine Maria, una pietra verde di calcedonio ed onice che venne presa furtivamente a Chiusi dal frate tedesco Winter di Magonza, e donata al vescovo di Perugia nel 1473. Protetta da ben quattordici serrature, viene esposta al pubblico due volte all'anno, in settembre e luglio. Nella cappella è inoltre conservato il Reliquario del Sant'Anello, realizzato da Bino di Pietro e Federico e Cesarino del Roscetto, considerato un capolavoro dell'arte. Altre opere di rilievo sono conservate nella cappella del Sacramento. In quella del Crocifisso è esposto un Crocifisso di legno dipinto del XVI secolo, nella cappella del gonfalone è la pala del gonfalone, dipinta da Berto di Giovanni nel 1526. Ultima opera di nota l’ammiriamo cella cappella di Santo Stefano, con il monumento funebre a Leone XIII, di Giuseppe Lucchetti, 1892. Ci dirigiamo ora al vicino Palazzo dei Priori, uno dei migliori esempi d'Italia di Palazzo Pubblico dell'età comunale e ancora oggi sede di parte del Municipio. Al primo piano vi sono delle trifore con due esempi di quadriforme, mentre al piano superiore sono site 19 splendide trifore gotiche traforate, il cornicione e la merlatura medievale. Il Portale Maggiore, o delle Arti, venne costruito nel 1346 ed è ricco di decorazioni scultoree. Al terzo piano è la Galleria nazionale dell’Umbria, una delle pinacoteche più fornite d’Italia. Ed è davvero così. Le opere che più mi hanno impressionato sono il polittico di Sant’Antonio di Pier della Francesca, la pala di Santa Maria dei Fossi del Pinturicchio, una Madonna col Bambino del Maestro della Madonna di Perugina, la pala della sapienza nuova di Benozzo Bozzoli, la pala di San Girolamo e l’adorazione di Monteluce di Bartolomeo Caporali, alcune statue in terracotta del Bernini, delle opere del Perugino come l’adorazione dei Magi, la Madonna della Consolazione e il polittico di Sant’Agostino, e infine alcuni oggetti in avorio realizzati niente meno che dalla bottega degli Embriachi. C’è un'altra chiesa che non vorrei mancare, ed è la basilica di San Domenico, nel corso Cavour. E’ l’edificio religioso di maggiori dimensioni dell’Umbria. Di stile gotico, presenta nell’abside una grande vetrata, tra le più grandi d’Italia, insieme a quelle del Duomo di Milano, del XV secolo. A destra del presbiterio, nel quale è il prezioso coro ligneo realizzato nel 1476 da Crispolto da Bettona, Polimante della Spina e Giovanni Schiavo è conservato il monumento funebre a Benedetto XI, Papa morto a Perugia nel 1304, autentico capolavoro della scultura del XIV secolo, scolpito da lapidici locali. Nel pilastro che separa la cappella di Benedetto XI dall'abside si trova la tomba di Elisabetta Cantucci de Colis; il busto marmoreo di pregevole fattura, fu realizzato nel 1648 da Alessandro Algardi. La giornata è splendida, il cielo è completamente sgombro da nuvole. Ritorniamo all’auto, sempre con l’ausilio delle scali mobili e ripartiamo, direzione Assisi, distante solo 25 chilometri. Vorremmo visitare prima la chiesa di Santa Maria degli Angeli, sulla strada, ma chiude fra poco, perciò decidiamo di lasciarla per domattina. Attraverso una strada in salita entriamo in Assisi, una cittadina medievale, universalmente conosciuta come la località dove vissero e morirono San Francesco, patrono d’Italia e Santa Chiara. Le stradine, tutte curve del centro, in salita e discesa, non sono semplici da percorrere, specie se sono invase da turisti. Parcheggio è pressoché impossibile da trovare, ma su indicazione della signora del nostro B&B New day, saliamo fin sopra la Porta San Giacomo, oltre il cimitero, dove saremo fortunati e troveremo un posto libero. Raggiungiamo in seguito la via San Francesco dov’è il nostro alloggio e ci registriamo. Scendiamo subito dopo iniziando la visita con la tappa obbligata della chiesa di San Francesco. Si dice siano due le chiese in Italia dove uno studioso dell’arte può ammirare l’evoluzione della pittura medievale: la Basilica di Santa Croce in Firenze e la basilica di San Francesco, qui ad Assisi. Non vedo l’ora di entrarvi. Iniziamo dalla chiesa superiore, che presenta una facciata semplice, a capanna. La parte alta è decorata con un rosone centrale, con ai lati i simboli degli Evangelisti in rilievo. La parte bassa è arricchita dal maestoso portale strombato. Sul lato sinistro della facciata è stata appoggiata , nel seicento, la Loggia delle benedizioni dalla quale, in epoca passata, si mostrava il Velo Santo della Madonna. Sullo stesso lato, poco dopo la costruzione della chiesa superiore, è stato innalzato il campanile, un tempo cuspidato. L'architettura interna mostra invece i caratteri più tipici del gotico italiano: archi a sesto acuto che attraversano la navata. La basilica superiore contiene la più completa raccolta di vetrate medievali d’Italia. Quelle della zona absidale sono attribuite ad artisti della Germania nord-orientale, mentre quelle del transetto e della navata sono in parte di francesi e in parte di una bottega nata nell'ambito dell'officina del Maestro di San Francesco, databili nella seconda metà del XIII secolo. La basilica superiore è adibita alle funzioni liturgiche di carattere ufficiale, come testimonia la presenza del trono papale nell'abside. L’interno è caratterizzato da navata unica a quattro campate, più un presbiterio composto da tre campate irregolari e abside poligonale. Le pareti interne della chiesa vennero interamente ricoperte da affreschi secondo un programma iconografico organico, legato alla corrispondenza tra le storie dell'Antico, del Nuovo Testamento e degli Atti degli Apostoli in concordanza con le storie di San Francesco. I primi affreschi della basilica vennero realizzati dal migliore maestro reperibile allora sulla piazza italiana, Cimabue, che vi lavorò probabilmente nel 1288-1292 con la sua bottega. Si tratta di scene che erano il principale monumento della pittura pre giottesca in Italia, oggi in cattivo stato di conservazione. Nel transetto sinistro si trova la prima delle due grandi Crocifissioni e le Storie dell'Apocalisse. Nel transetto destro è un'altra Crocifissione e le Storie dei Santi Pietro e Paolo. Il programma iconografico della navata presenta affreschi con le storie del Vecchio Testamento a destra e quelle del Nuovo a sinistra. Le Storie dell'Antico e Nuovo Testamento vennero disposte nella fascia alta, accanto alle finestre, mentre la zona inferiore, più sgombra e più vicina ai fedeli, doveva essere occupata dalle grandi Storie di San Francesco. Le scene si leggono per parete, prima a destra e poi a sinistra, e per registri, dalla scena più vicina all'altare a quello della parete di ingresso. Gli affreschi sono opera di Jacopo Torriti, del maestro di Santa Cecilia e della bottega di Giotto, ma non sono quasi mai in buone condizioni, alcuni addirittura non sono decifrabili. Quelli della controfacciata sono quasi tutti iscrivibili ad un giovane Giotto. Le grandi scene con le Storie di San Francesco riempiono tutta la fascia centrale della navata. Furono verosimilmente dipinte tra il 1290 e il 1295 da un ampio numero di pittori provenienti, secondo una parte della critica storica, dalla scuola romana, mentre secondo altri la loro origine va cercata nella pittura fiorentina, con a capo Giotto. Tra colonna e colonna sono poste le 28 scene della vita del Santo. Terminata la visita di questa parte superiore, ci dirigiamo verso la Basilica Inferiore nella quale l’impatto emozionale è più forte, le condizioni degli affreschi sono migliori. Non bisogna dimenticare il terremoto che il 26 settembre del 1997 ha scosso l’Umbria, facendo crollare parte del soffitto della Basilica Superiore. Rimase chiusa per due anni a causa dei lavori di restauro. Il sisma provocò il crollo di parte degli affreschi sulla volta della prima campata La Basilica inferiore è in condizioni ben diverse. E’ il luogo che dal 1230 conserva e custodisce le spoglie mortali del Santo. La chiesa, che fu uno dei capisaldi della diffusione del gotico in Italia, aveva molteplici finalità. Prima di tutto era il luogo di sepoltura del fondatore dell'ordine, che già dopo due anni dalla sua morte veniva considerato una delle figure più significative del Cristianesimo. Straordinario è l'apparato decorativo interno a cui hanno collaborato i più illustri artisti del tempo da Giotto, a Cimabue, a Simone Martini. Qui è situato un locale che ospita le reliquie di San Francesco. L'ingresso nella chiesa avviene mediante un elegante portale della seconda metà del Duecento, sormontato da un rosone e preceduto da un protiro rinascimentale. Subito a sinistra del portale si trova la piccola cappella di San Sebastiano, affrescata da Girolamo Martelli che dipinse anche la pala d'altare (1646). Nella parete attigua, a destra, si trova l'affresco della Madonna della Salute, di Ottaviano Nelli (1422). Poco oltre segue il monumento sepolcrale a Giovanni di Brienne, re titolare di Gerusalemme e imperatore di Costantinopoli (come ricorda lo stemma), opera di uno scultore della fine del Duecento fortemente influenzato dal gotico francese. Gli affreschi in questa parte della campata sono di Cesare Sermei (1645). Sulle pareti della navata centrale sono dipinti alcuni brani di affreschi raffiguranti Storie della vita di San Francesco e Storie della passione di Cristo, andati perduti per la maggior parte a seguito dell'apertura delle cappelle laterali. Il ciclo di affreschi è il più antico del complesso basilicale e risale al 1253 circa. È attribuito ad un maestro umbro, influenzato dalla pittura di Giunta Pisano. Gli affreschi superstiti mostrano, nella parete destra le Storie della passione di Cristo e, in quella sinistra le Storie della vita di San Francesco. Le volte a crociera sono decorate da un cielo azzurro punteggiato da grandi stelle. A metà della navata centrale, attraverso due rampe si scende alla cripta in cui è custodito il corpo di San Francesco. Questo luogo, il più spoglio e povero di arte, è il "cuore" della basilica. Oltre un piccolo vano rettangolare, zona di preghiera, si accede a un ambiente circolare con al centro la tomba di Francesco inserita in una specie di pilastro: vi si può girare attorno proprio come nel deambulatorio del Santo Sepolcro. La semplice tomba è composta da quattro rozzi muri che contengono un'urna di pietra rinchiusa da sbarre tra due griglie di ferro. A illuminare la tomba del Poverello d'Assisi c'è una lampada votiva, il cui olio che la alimenta viene donato, a rotazione, dalle 20 regioni d’Italia in occasione del 4 ottobre. Agli angoli, dentro piccole nicchie chiuse da grate, si trovano le tombe dei più stretti compagni di Francesco: i beati fra Leone, fra Rufino, fra Masseo e frate Angelo. Il presbiterio ha al centro il solenne altare papale, consacrato nel 1253, in stile gotico, situato proprio in corrispondenza della tomba di Francesco, nella cripta. E’ coperto da una grande volta a crociera, affrescata con le Allegorie francescane di Giotto e la sua bottega. Alle pareti si trova un Giudizio Universale del Sermei (1623). Le pareti del presbiterio sono ricoperte da una ricca decorazione pittorica, nella quale sono intervenuti i massimi artisti della pittura italiana: Cimabue, Giotto, Simone Martini, Pietro Lorenzetti. La visita di questo luogo, affermerei unico al mondo, è stata gratificante, ma Assisi non è solo questo, è passeggiare fra le sue strette vie, spesso collegate da scalinate e strette fra antichi edifici in pietra, negozietti affascinanti. L’atmosfera è di un antico villaggio medievale che bisognerebbe godere nelle prime ore della mattina, quando l’orda di turisti è ancora a letto a smaltire la serata precedente. Percorrendo la via San Francesco giungiamo alla bella piazza del Comune, dove ammiriamo il Tempio di Minerva e il Palazzo del Capitano. Saliamo ora la via S.Rufino fino al Duomo, la cui facciata è una delle opere più significative del romanico umbro. La fascia inferiore risale al XII secolo, coi tre portali fiancheggiati da leoni e grifi scolpiti. Il portale centrale, in particolare, ha una ricca ornamentazione. A sx della facciata è il maestoso campanile romanico, con la cella campanaria decorata con doppie bifore. L'interno è ripartito in tre navate divise da pilastri. Le cappelle presenti sono ricche di opere sia pittoriche che scultoree che tuttavia non mi sento di menzionare, ancor meno la successiva Basilica di Santa Chiara. Per poterla visitare abbiamo dovuto attendere la fine di una noiosissima omelia in onore di Santa Chiara e quando, finalmente, il prete l’ha terminata, si sono chiuse le luci della chiesa, rendendoci quasi impossibile la vista del presbiterio, forse l’unica parte che avrebbe meritato d’essere ammirato, con il transetto dove erano presenti degli affreschi del Maestro di Santa Chiara. La giornata è stata estenuante, ma estremamente gratificante. Se riuscissimo a completarla con una cena adeguata sarebbe perfetta e, per fortuna, sarà così. Ce la concederemo alla Taverna dei Consoli, in una terrazza su Piazza del Popolo. Le tagliatelle al tartufo saranno sublimi, come gli strongozzi umbri, cacio e pepe. Di secondo spezzatino di cinghiale. Il tutto bagnato da due ottimi bicchieri di vino rosso: un Montefalco del 2016 di 13.5° e un Sagrantino di Montefalco del 2013 di 16°. Niente da dire, una giornata fantastica! L’indomani, ancora sveglia presto. Alle 7.00 siamo già alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, sita nella frazione omonima. L'interno della basilica, lunga 126 metri, è a tre navate, e ha uno stile essenziale, semplice. Questo dovuto al fatto di dare maggiore risalto all'opera d'arte di maggior importanza che racchiude: la Porziuncola. È la piccola chiesetta contenuta ai confini del presbiterio, e uno dei luoghi francescani più importanti: tra le sue mura, San Francesco comprese la sua vocazione, accolse Santa Chiara e i primi frati, ricevette il Perdono di Assisi. La chiesetta divenne uno dei luoghi prediletti dal Santo. Sul retro è presente un affresco del Perugino: Crocifissione, e all’interno, una pala d’altare di Ilario da Viterbo, del 1393: Annunciazione e storie del Perdono di Assisi. Alla destra dell'abside si trova l’accesso, attraverso un corridoio, al roseto. Tale luogo è famoso: una notte, infatti, il Santo, preso da forti dubbi e dal rimorso del peccato, si rotolò nudo nel roseto spinoso. Tale roseto, narra la tradizione, al contatto con il corpo del Santo perse tutte le spine così da non arrecargli alcun danno. Ancora oggi il roseto fiorisce senza spine. Per il resto, le cappelle della basilica presentano buoni dipinti, ma nulla di eccezionale. Bene. E’ ora di ripartire e, attraverso le colline umbre, raggiungiamo l’altra grande località della giornata: Orvieto. Lasciamo l’auto vicino alla stazione di partenza della funicolare, che ci porta su, a piazzale Cahen, vicino al famoso Pozzo di San Patrizio, una struttura costruita da Antonio da Sangallo per volere di Papa Clemente VII tra il 1527 e il 1537, progettato per fornire acqua in caso di calamità o assedio. L'accesso al pozzo, capolavoro di ingegneria, è garantito da due rampe elicoidali che consentivano di trasportare con i muli l'acqua estratta, senza ostacolarsi e senza dover ricorrere all'unica via che saliva al paese dal fondovalle. Ma bisogna scendere 248 scalini e non abbiamo tutto questo tempo a disposizione, così decidiamo di raggiungere subito il Duomo, percorrendo la centrale via Cavour. E’ un capolavoro dell’architettura gotica nell’Italia centrale. La costruzione della chiesa fu avviata nel 1290 per volontà di Papa Niccolò IV. La facciata si presenta armoniosa ed equilibrata. Quattro contrafforti verticali a fasci, terminanti ciascuno con una guglia, dividono la facciata in tre settori. Le strombature dei portali, i bassorilievi ai loro fianchi, la loggia, il rosone, le edicole, le statue, i fasci dei pilastri, e infine le guglie creano motivi a rilievo che ben contrastano con la superficie piana e rilucente dei mosaici. I bassorilievi che decorano i 4 piloni della parte inferiore della facciata sono uno degli esempi più mirabili di scultura gotica in Italia, se non in Europa. Essi descrivono il destino dell'uomo, dalla Creazione al Giudizio Finale. Sui 4 piloni abbiamo, da sinistra a destra: Storie del Vecchio Testamento, con particolare riferimento alla Genesi, Storie del Vecchio Testamento, con particolare riferimento agli Eventi Messianici, Storie del Nuovo Testamento, Giudizio Finale. Il primo e l'ultimo dei bassorilievi (quelli esterni) sono stati realizzati da Lorenzo Maitani. Il magnifico rosone è opera di Andrea di Cione (Orcagna). I mosaici della facciata, realizzati da vari autori prevalentemente nel XIV secolo sono stati nei secoli successivi pesantemente restaurati e rifatti, perdendo le forme e lo stile originari, infatti, visti col binocolo, non mi danno impressione di grande pregio, ma l’impatto generale, a colpo d’occhio, è impressionante. Nelle ghimberghe sopra i portali si trova, da sinistra a destra: Il Battesimo di Cristo, l'Assunzione di Maria in gloria, la Natività di Maria, mentre nelle cuspidi in alto vediamo: lo Sposalizio della Vergine, l'Incoronazione della Madonna, la Presentazione di Maria al Tempio. L'interno risale al XIII e XIV secolo, con tre navate ampie e luminose, coperte da un soffitto a capriate lignee. Nel transetto destro e sinistro si aprono, rispettivamente, le importanti cappelle di San Brizio e del Corporale. La prima è dedicata al Santo vescovo protettore di Orvieto, San Brizio appunto. La decorazione pittorica fu avviata nel 1447 dal Beato Angelico con l'aiuto di Benozzo Gozzoli, cui si deve la decorazione di due delle otto vele delle due volte a crociera, raffiguranti il Cristo Giudice tra angeli e il Coro dei Profeti. I due artisti interruppero ben presto i lavori, terminati solo negli anni 1499 - 1504 da Luca Signorelli. La Cappella del Corporale, invece, è stata realizzata tra il 1350 e il 1356 per conservare la preziosa reliquia per cui il Duomo di Orvieto intero era nato, il lino insanguinato o corporale utilizzato nella miracolosa Messa di Bolsena (1263) e macchiatosi di sangue sprizzante dall'Ostia al momento della celebrazione eucaristica da parte del prete boemo Pietro da Praga. Il corporale è conservato oggi entro un tabernacolo realizzato nel 1358-1363 da Nicola da Siena e, probabilmente, anche dall'Orcagna. La cappella fu interamente affrescata da Ugolino di Prete. Il vero gioiello della Cappella è il preziosissimo Reliquiario del Corporale, capolavoro di arte gotica italiana ed europea, realizzato dall'orafo senese Ugolino di Vieri. Il reliquiario riproduce la sagoma tripartita della facciata del Duomo con raffinate scene della Vita di Cristo e del miracolo di Bolsena realizzate in argento, oro e smalto traslucido. Nella stessa Cappella del Corporale è ospitata anche la Madonna dei Raccomandati, realizzata dal senese Lippo Memmi intorno al 1320. Lo stesso Ugolino di Prete affrescò il presbiterio. Gli affreschi raffigurano Storie della vita della Madonna, cui l'intero Duomo è dedicato. Si tratta di uno dei più grandi cicli trecenteschi superstiti in Italia ed è di qualche anno successivo a quello della Cappella del Corporale. Nella cappella si apre una grande finestra quadrifora caratterizzata da una notevole vetrata istoriata, opera di Giovanni di Bonino (1330), mentre il Crocifisso ligneo, collocato al centro della cappella, dietro l'altare, è opera di Lorenzo Maitani. Da ricordare, inoltre sulla parete della navata sinistra nella prima campata, un affresco di Gentile da Fabriano, la Madonna con Bambino (1425). All'inizio della navata centrale si trova poi un’acquasantiera in marmo di Antonio Federighi, mentre nel transetto si può ammirare una Pietà di Ippolito Scalza del 1579, opera che risente degli echi delle Pietà di Michelangelo. Di fianco al Duomo è anche il Museo dell’Opera del Duomo, dove tuttavia non sono presenti molte opere di rilievo. Fra queste citerei soltanto una Madonna con Bambino tra Santi, di Lippo Memmi, una Madonna con Bambino e angeli di Simone Martini e un Gesù crocifisso tra la Madonna, Maria Maddalena e Giovanni Battista, di Spinello Aretino. Anche questa visita è stata incorniciata da un cielo azzurro e sgombro da nuvole. Dopo un frugale pranzo, ripercorriamo la via Cavour, scendiamo fino alla stazione e ripartiamo, direzione Capalbio, nel grossetano dove ci presentiamo al Residence Revolution Valeria della frazione Pescia Fiorentina. E poi, subito al mare, nella vicina playa Torba, mare pulito, ideale per terminare quest’altra magnifica giornata. Il giorno seguente, lo dedichiamo interamente alla scoperta del promontorio dell’Argentario. Il territorio risulta quasi completamente collinare e a tratti impervio, addolcito unicamente dall'opera dell'uomo che ha creato nel tempo delle terrazze dove si coltiva prevalentemente la vite. Voglio precisare che è stato quasi un obbligo trascorrere la giornata in questo luogo. La fama del posto, specie tra i vip, è notevole ma, personalmente, non ci trascorrerei nemmeno mezzora. Il mare è incantevole, cristallino, le calette deliziose, Porto Santo Stefano e Porto Ercole sono due cittadine celeberrime, ma tutto è così minuscolo, e preso d’assalto, che non si può godere appieno di nulla, ma solo dire d’esserci stati, se questo può valere qualcosa. Un esempio? Una delle calette più famose, Cala Grande, che raggiungerla vuol dire camminare per un sentiero impervio per venti minuti, non è altro che una striscia di ciottoli di dieci metri, circondata da rocce. Il mare è trasparente, d’accordo, ma fare vita balneare è un'altra cosa. Piango se penso ai Caraibi, alle spiagge infinite della Nuova Zelanda. Se avessi milioni e mi rintanassi qui, specie in agosto, mi farei ricoverare al ritorno in un istituto psichiatrico. Raggiungiamo Cala Grande alle 8.30 e non c’è nessuno, solo una coppia arrivata nello stesso istante nostro. Poi, nel giro di un ora, si è riempita tanto da coprire con i teli mare tutto lo spazio disponile. Trattengo a stento un urlo, che mi getterebbe in serio imbarazzo, e risaliamo, continuando la scoperta del promontorio. Ci sarebbe un'altra caletta, questa forse più godibile, ma serve mezzora di trekking e, se vi trovassi ancora la stessa situazione (ne sono quasi certo) potrei trasformarmi in Hannibal Lecter. I panorami che si liberano sulla costa sono davvero belli ma, nel complesso, non ci andrei mai in vacanza. Completiamo la visita anche con Porto Ercole, per poi abbandonare questa terra di amanti dell’apparenza. Terminiamo la giornata sulla sabbiosa e ampia spiaggia della Giannella, dove la presenza turistica è accettabile. Giunti al nostro alloggio, una doccia ristoratrice prima di recarci alla vicina trattoria del tortello, un locale che si rivelerà inappropriato alla ristorazione, la bottiglia di vino rosso ad una temperatura improponibile e dei piatti ordinari. Era l’unico, nelle vicinanze e ci siamo fatti infinocchiare, non capiterà mai più! L’indomani decidiamo di partire ancora sul presto. La spiaggia di Marina di Alberese ha un parcheggio a numero limitato, nonostante la spiaggia sia ampia. Si apre davanti ad una fitta macchia mediterranea che offre numerosi punti d'ombra naturali. Vi resteremo fino a mezzogiorno quando decidiamo di cambiare dirigendoci verso Castiglione della Pescaia. Il litorale è un'unica spiaggia lunghissima costellata di villaggi turistici e camping, ma se si ha la fortuna di trovare parcheggio, si attraversa la lunga pineta e si gode di un buon soggiorno balneare. Sarà così e vi termineremo la giornata in serenità. A metà pomeriggio ci rechiamo al nostro ultimo soggiorno, a Grosseto, da casa di Alessia. Ci sistemiamo per la serata, usciamo dedicandoci al minuscolo centro cittadino che presenta un bel Duomo, dalle forme goticheggianti. La parte bassa, con tre portali, è coronata da una loggia di archetti e la parte alta centrale, coronata da un timpano, è occupata da un ampio rosone. Conserva le sculture gotiche della prima fase costruttiva, tra cui gran parte delle sculture del rosone e i simboli dei quattro Evangelisti. All'interno, la cattedrale presenta una pianta a croce latina, a tre navate suddivise da pilastri e coperte da volte a crociera. Nel braccio sinistro del transetto, è ospitato il dipinto raffigurante la Vergine Assunta con angeli, realizzato intorno al 1470 da Matteo di Giovanni. Nel braccio destro del transetto si trova la cappella del Crocifisso, con un pregevole Crocifisso ligneo della seconda metà del XV secolo, forse attribuibile al Vecchietta. Nella navata sinistra, invece, è un fonte battesimale, opera di Antonio Ghini. Molto bello, anch’esso nella centrale piazza Dante, è il Palazzo della Provincia. Per il resto, il centro non offre altri climax di rilievo, ma faremo una scoperta interessante nella chiesa di San Francesco dove, sul presbiterio, è un incredibile croce dipinta, niente meno che di Duccio Da Buoninsegna. Incredibile! La cena, questa volta, sarà grandiosa e la consumeremo alla famosa Taverna dé Medici. Tagliatelle con funghi porcini e gnocchetti di patate al tartufo come primi e filetto di manzo al lardo di cinta come secondo. Il tutto con due bicchieri di grandi vini: un Morellino di Scansiano riserva Bronconi del 2016 e un Brunello di Montalcino del 2012 di 14.5°. Il penultimo giorno di viaggio lo trascorriamo interamente nella già ammirata spiaggia di Punta Ala, concedendoci una overdose di vita balneare che anticipa l’ultima giornata di altrettanta overdose culturale. Partenza alle 6.00 per raggiungere, tramite Siena, l’affascinante cittadina di San Gimignano. Il meteo che ci ha accompagnato fin lì è stato inclemente, pioggia e fulmini, ma all’arrivo il cielo si cheta concedendoci di passeggiare fra le strade a ciottoli in tutta serenità. Cominciamo dalle due piazze più importanti: Piazza del Duomo e Piazza della Cisterna. La prima è contrassegnata dal Duomo, il suo simbolo religioso, e da Palazzo del Popolo, che è il suo corrispettivo civico. Insieme, a pochi metri uno dall’altro, formano uno straordinario insieme architettonico. Il Palazzo Comunale (o del Podestà) si trova sulla sinistra della piazza, tra la Torre Grossa e la Loggia del Comune. Quest’ultima ospitava le autorità del governo durante le cerimonie pubbliche. Fino a quel momento, il Podestà viveva nel vicino Palazzo vecchio del Podestà che si trova di fronte al Duomo. Lo si riconosce dalla possente “Torre Rognosa” e dalla bella Torre Chigi. Sulla destra della piazza ci sono le due “Torri dei Salvucci” ricchi mercanti guelfi che avevano fatto fortuna con l’usura. San Gimignano è famosa per le sue Torri e le famiglie più abbienti rivaleggiavano facendo costruire le torri più alte. Straordinariamente scenografica è Piazza della Cisterna, punto di passaggio obbligato di ogni visita a San Gimignano. Si trova alla sommità della collina su cui è costruita la cittadina toscana. Prende il nome dal pozzo ottagonale che si trova nel centro, e fu costruita per volontà del Podestà Guccio dei Malavolti, il cui stemma (una scala) è scolpito sulla pietra del pozzo. Se Piazza del Duomo è il centro politico e religioso, Piazza della Cisterna è da sempre la piazza “commerciale” perché qui si trovavano le botteghe e si svolgevano il mercato e le giostre. Guardando verso via Castello si susseguono palazzo Tortoli, con le sue quattro eleganti bifore trecentesche, la torre dei Pucci, l’Albergo della Cisterna, il palazzo Ridolfi, le torri e le case dei Becci e Cugnanesi, il palazzo Pellari e il palazzo Ardinghelli con le due torri. Dall’altro lato della piazza c’è la Torre del Diavolo, chiamata così perché si racconta che il proprietario, tornato da un lungo viaggio, la trovò più alta. Chi aveva potuto farlo in sua assenza se non il diavolo in persona? Decidiamo di recarci per primo alla chiesa di Sant’Agostino, interamente realizzata in mattoni, è semplice e austera, con i finestroni gotici che scandiscono i fianchi, coronati in alto da una cornice di arcatelle trilobate. L'ampia navata interna è coperta con capriate lignee. Notevoli sono le opere presenti. L'altare marmoreo è opera di Benedetto da Maiano, mentre il pittore sangimignanese Sebastiano Mainardi, cognato del Ghirlandaio, ha affrescato la volta con i dottori della Chiesa. Nel primo altare della parete di destra vi è una tavola con Madonna in trono col Bambino e Santi datata 1494, di Pier Francesco Fiorentino. La zona absidale è composta dalla cappella del coro, dove si trovano le celeberrime Storie della vita di Sant’Agostino, di Benozzo Gozzoli (1464), mentre la pala dell'altare maggiore, con l'Incoronazione della Vergine, santi e angeli musicanti è opera di Piero del Pollaiolo (1483). A lato della porta di ingresso del chiostro si trova un bel bassorilievo di Tino da Camaino, mentre all'interno di un altare barocco possiamo vedere riscoperto un affresco con la Madonna del latte attribuito a Lippo Memmi (1314). Verso la metà della navata, è l'affresco con il San Sebastiano con devoti, di Benozzo Bozzoli (1464). Terminata questa visita, ci dirigiamo verso il climax di San Gimignano, e cioè la Collegiata di Santa Maria Assunta, in piazza del Duomo, il principale luogo di culto cattolico di San Gimignano. Tutte le pareti e le volte sono ricoperte di affreschi realizzati da vari artisti, principalmente da Lippo Memmi e da Bartolo di Fredi. La facciata che domina la piazza è di epoca romanica, risalente alla sistemazione duecentesca. L'interno è a tre navate, con volte a vela affrescate. La chiesa è decorata da importanti cicli pittorici che coprono tutte le pareti, un ciclo risalente a più secoli, ma molto raro nella sua completezza. Nella parete della controfacciata sono le pitture realizzate verso i 1315 da Memmo di Filippuccio. La zona centrale interna è dominata dall'affresco raffigurante il Martirio di San Sebastiano, (1465), firmato da Benozzo Bozzoli. Sulle due mensole ai lati, si trovano le pregevoli statue lignee dell'Arcangelo Gabriele e di Maria Annunciata, che formano il gruppo dell'Annunciazione, di Jacopo della Quercia (1421). La parte più alta della controfacciata è decorata da un Giudizio Universale di Taddeo di Bartolo (1393). La navata sinistra presenta le pareti coperte di affreschi con le Storie del Vecchio Testamento di Bartolo di Fredi (1367). La parete laterale della navata destra è occupata invece da un famoso ciclo di affreschi con Storie del Nuovo Testamento, dipinti dai fratelli Lippo e Federico Memmi (1338), influenzati dallo stile del più celebre cognato Simone Martini. La cappella più pregiata è quella di Santa Fina, e si trova in fondo alla navata destra. Capolavoro del rinascimento toscano, venne realizzata su progetto di Giuliano e Benedetto da Maiano (1468). La Santa è sepolta sotto l'altare, che è opera di Benedetto da Maiano (1475) ed è sormontato da un tabernacolo con un fine pittura su cuoio del suo ritratto, opera del senese Manno di Bandino dei primi del Trecento. La lunetta superiore è decorata da una Madonna con Bambino tra due angeli. Le pareti laterali furono affrescate da Domenico Ghirlandaio (1475). Sono felice di aver soddisfatto anche questa mia ultima aspirazione, ma non è finita e, ciliegina sulla torta, decidiamo anche di andare nella vicina Volterra. Austera e severa, è arroccata su una cima impervia. Molto simile a San Gimignano come struttura cittadina, non ne possiede però le chicche artistiche. Tuttavia è piacevolissimo passeggiare nelle stradine acciottolate, bordeggiate da affascinanti negozi e locali. Volterra è famosa per i suoi artigiani e le sue opere in alabastro. Sono decine i laboratori che lavorano questo pregiato materiale. Giungiamo nella centrale Piazza dei Priori, dove sembra davvero di entrare nel Medioevo. Si possono ammirare il Palazzo del Podestà, la Torre del Porcellino, il Palazzo dei Priori, il più antico palazzo comunale della regione. Vi entriamo sorbendoci la lunga fila per giungere in cima alla Torre da cui si gode la più bella vista su Volterra. Ultima visita al locale Battistero di San Giovanni, vicino alla Cattedrale di Santa Maria Assunta che però risulta chiusa per restauri. Al suo interno è presente un bel fonte battesimale scolpito da Jacopo Sansovino. Bene, il viaggio è terminato. Non ci resta che guadagnare Pisa e l’autostrada fino a Milano. Per essere state ferie di “ripiego” vi abbiamo invece ricavato un itinerario straordinario, incredibilmente assortito con pregevole vita balneare e straordinarie esperienze culturali. Con la speranza, però, di ritornare a viaggi più seri, quelli che ti rimangono indelebili per il resto della vita.
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