2023 Turchia
Tra Oriente ed Occidente
Un viaggio in Turchia è quasi obbligatorio nella carriera di un viaggiatore. Racchiude così tanti motivi di interesse che lo fa diventare quasi imprescindibile. Partiamo prestissimo, alle 6.50 del 31 luglio dall’aeroporto della Malpensa, atterrando tre ore dopo nel nuovissimo hub di Istanbul, distante circa 50 chilometri dalla città. Il ritiro della Renault Clio ci farà perdere più tempo del previsto, ma l’autostrada che ci porterà alla nostra prima destinazione, Bursa, è scorrevolissima e recuperiamo in fretta il tempo perso. Lungo i 16 giorni di permanenza ci renderemo conto di quanto la Turchia abbia fatto passi da gigante in direzione della modernità. Le infrastrutture sono aumentate, facendo diventare le mappe in mio possesso quasi obsolete. Moltissime superstrade e autostrade non sono, infatti, nemmeno segnalate. Prima delle 16.00 giungiamo a destinazione, al nostro Hotel Malkoc e poco dopo siamo già operativi per il tour cittadino. Bursa è la quarta città della Turchia per numero di abitanti (poco meno di 2 milioni) situata a sud del mare di Marmara e fu la capitale dello Stato Ottomano fra il 1326 e 1365. La sua collocazione lungo la famosa Via della Seta le ha permesso di essere uno dei più grandi centri del commercio della seta per tutto il periodo medievale. Fu strappata dal controllo bizantino nel 1326 e divenne la prima capitale dell'Impero ottomano. Cominciamo le visite con la moschea più famosa, la Grande Moschea, la più grande della città, che può ospitare circa 5.000 fedeli e presenta due minareti. Una fontana impreziosisce il centro della sala, il minbar (il pulpito del predicatore del Corano, generalmente sopraelevato e coperto da un baldacchino) e il mihrab (la nicchia all'interno di una moschea, che indica la direzione della Mecca dove si trova la Kaʿba) sono piacevoli. Entriamo ora nell’Koza Han, uno storico caravanserraglio che venne inaugurato nel 1491 ed era dedicato soprattutto al commercio della seta, che veniva prodotta anche in città. Oggi ospita un mercato con negozi di tessuti ed altre merci. Nei pressi è il Grande Bazar di Bursa, dove girovaghiamo piacevolmente fra una moltitudine di bancarelle. Quindi l’Orhan Gazi, uno dei luoghi di culto più importanti della città. Osman Gazi è stato il fondatore e primo sultano dell’Impero Ottomano, dal 1299 al 1324, prima di morire, negli anni in cui venne conquistata Bursa, e lasciare il ruolo al figlio Orhan. Proseguiamo scendendo sino al Ponte di Irgandi (600 anni), che può essere paragonato al Ponte Vecchio di Firenze, naturalmente con le dovute proporzioni, e dove ai sui suoi lati sono presenti dei negozietti e dei laboratori di artigianato tradizionale, oltre ad un piccolo caffè. Saliamo lungo la collina fino alla moschea di Emir Sultan, uno dei luoghi più importanti di Bursa, risalente al XIV secolo, ma più volte rimaneggiata. Per finire, tornati sui nostri passi, saliamo sino alla Torre dell’Orologio di Tophane, dove sorgeva una volta la Cittadella e da cui si gode un piacevole panorama sulla città. Siamo stanchi, da questa prima giornata di viaggio, ed è ora di concederci una buona cena. Nei pressi è il famoso Tophane Kebabcisi, dove proviamo il tipico Bursa kebap (una ciotola di carne moderatamente piccante cotta nel suo stesso sugo e con sotto una sorta di focaccia) e l’Etobol (strisce di carne con verdure miste e yogurt).
1 agosto – Partenza presto, alle 6.00, e dopo 250 chilometri, giungiamo al sito archeologico di Pergamo alle 9.00. Inappropriati scopriremo essere i costi dei biglietti di ingresso ai vari luoghi di interesse. Ben più alti che in Italia e in qualsiasi parte d’Europa e nel mondo, assolutamente esagerati. Entrare nel sito dell’Acropoli ci costerà più di 20 euro. Fiorì particolarmente in età ellenistica, quando Lisimaco, un generale di Alessandro Magno, scelse e fortificò l'acropoli come sede del suo tesoro. La città divenne un importantissimo centro artistico, considerata quasi una seconda Atene ellenistica. Viene citata per la prima volta da fonti intorno al 400 a.C. In età romana Pergamo fu una città prospera, famosa per l’attività dei ceramisti. Il declino seguì quello dell’Impero Romano. In età bizantina fu saccheggiata delle sue opere architettoniche, poi anche dagli arabi (l'imperatore Costantino V prelevò parecchi materiali del centro urbano per costruire una nuova cinta muraria). In breve sostanza non è molto ciò che rimane, naturalmente per turisti generici. Nell’Acropoli, luogo di fondazione della città, ammiriamo il solo Tempio di Adriano, il monumento meglio conservato, con uno splendido fregio decorato. Il Teatro Greco è l’altra attrazione del sito, mentre parte dell’Altare di Zeus, considerato uno dei più grandi capolavori dell’arte ellenistica è ora al Pergamon museum di Berlino. Via in direzione di Smirne, ma lungo la strada ci vogliamo concedere una prima esperienza balneare, nella spiaggia di Aliaga dove resteremo un ora e mezzo. Altri 110 chilometri ed eccoci a Smirne (Izmir). Grande ed efficiente porto situato sull'omonimo golfo nel mar Egeo, è un importante polo industriale e delle comunicazioni, nonché un centro culturale e turistico di grande rilievo. Doccia all’hotel Merkez prenotato e subito via verso l’Antica Agorà, oggi però chiusa. Edificata sotto Alessandro Magno, fu distrutta da un terremoto nel 178 d.C., ma venne ricostruita poco dopo dall’imperatore romano Marco Aurelio. I colonnati in stile corinzio restaurati, gli ambienti dai soffitti a volta e i grandi archi rendono l’idea di come poteva essere un bazar in epoca romana. In seguito il sito ospitò un cimitero musulmano. Da qui entriamo nel grande Bazar Kemeralti, l’anima della città, nel quale ci perdiamo per un po’ fra le bancarelle e le belle piazzette circondate da caffè e ristorantini. Qui è presente la moschea Hisar, con motivi blu e oro sul soffitto. Raggiungiamo infine la più importante piazza cittadina, la Konak meydani, il cuore di Smirne, situata lungo un tratto pedonalizzato del Cumhuriyet Bulvarı Sulla piazza sorge una torre dell’orologio di epoca tardo ottomana, costruita nel 1901 per il 25° anniversario del regno del sultano Abdül Hamit II. Il suo elaborato stile orientaleggiante era stato forse concepito per controbilanciare l’atmosfera europea di Smirne. Accanto alla torre si può ammirare la graziosa moschea Konak, che risale al 1755 ed è rivestita di maioliche di Kütahya. Smirne è solo una tappa intermedia, verso località di maggior interesse, ma passeggiamo comunque piacevolmente sul lungomare fino ad un'altra importante piazza, la Cumhuriyet meydani, con ristoranti e hotel di classe, fino a giungere all’Ataturk Evi, probabilmente la residenza meglio conservata di tutta la città. Durante le sue visite in città tra il 1930 e il 1934, Atatürk alloggiava qui. Considerato l’eroe nazionale turco, padre della patria e della Turchia moderna è stato il primo presidente della Repubblica. Forte del suo prestigio in patria, per aver assicurato la vittoria turca nella battaglia di Gallipoli del 1915 durante la prima guerra mondiale, Mustafa Kemal guidò il movimento nazionale turco che resistette all'occupazione e alla spartizione della Turchia continentale da parte delle Potenze Alleate dopo la sconfitta e dissoluzione dell’Impero Ottomano. Sotto il suo comando, nella guerra di indipendenza, le forze turche sconfissero e cacciarono le armate armene e francesi, italiane e greche, nonché gli ultimi lealisti del sultano ottomano, ottenendo così la rinegoziazione dei trattati di pace e quindi la firma del Trattato di Losanna del 1923, in sostituzione a quello di Sevres. Infine dichiarò decaduto il sultanato, proclamando così la Repubblica di Turchia. Fu promotore di una radicale politica di riforme volte alla modernizzazione del paese, facendolo diventare una nazione laica e di stampo occidentalizzante dal punto di vista culturale e dei costumi, volta a creare un distacco dalla precedente cultura ottomana e islamista. Bene, è ora di cena, ma questa volta decidiamo di sostare a un localino anonimo, dove però gustiamo un'altra specialità turca, il lahmacun, una sorta di pizza condita con carne trita e cipolla, e successivamente cotto in forno.
2 agosto – Anche quest’oggi partenza presto, alle 6.30, con arrivo al sito archeologico di Efeso, dopo 80 chilometri. Efeso fu una delle più grandi città ioniche in Anatolia, un ricco centro commerciale e dal 129 a.C. la capitale della provincia romana di Asia. Tra le rovine, che ne fanno uno dei più noti siti archeologici del Mar Mediterraneo, sono degne di nota quelle del Teatro, del piccolo tempio di Adriano, della Biblioteca di Celso, la struttura meglio conservata e il Tempio di Domiziano. Ripartiti dopo un paio d’ore di visite, ci rechiamo, poco distante dal vicino villaggio di Selcuk, ad una piccola cappella conosciuta come la casa di Maria. Considerata l'abitazione dove visse fino alla fine dei suoi giorni terreni, attorno al 48 dopo Cristo, Maria di Nazaret, madre di Gesù, affidata dal Messia all'apostolo Giovanni, che con Maria si trovava ai piedi della Croce. Sulla cima del monte Solmisso sussisterebbe una piccola grotta angusta, nella quale gli apostoli posero il corpo della Vergine Immacolata che di lì a poco fu assunta in cielo. E’ preceduta da un vestibolo del VII secolo, e la piccola costruzione risale al IV secolo. Sono state trovate tracce di fondamenta risalenti probabilmente al I secolo. Ripartiamo in direzione del sito di Pamukkale dove giungiamo alle 14.00. Lasciati i bagagli all’hotel Pamukkale e calzati gli opportuni costumi da bagno ci rechiamo a piedi al celeberrimo sito. Saliamo lungo bianchissime terrazze di travertino, che ospitano piccole piscine di acque termali. Una vera e propria Spa naturale immersa in un paesaggio mozzafiato. Sono delle terrazze di forma circolare che hanno preso vita alle pendici di una montagna bianchissima. Una condizione che ha creato un’incredibile contrasto con il turchese delle acque e la verde pianura sottostante. Le acque di questo luogo, che sembra un sogno a occhi aperti, hanno una temperatura di circa 35°C, perfetta in quasi tutte le stagioni. Sono ricche, inoltre, di idrocarbonato di calcio che, versandosi sui bordi dell’altopiano, riesce a creare queste piscine uniche nel loro genere. Un vero e proprio capolavoro della natura che si distingue per essere anche un luogo magico e misterioso. Ci resteremo circa tre ore, deliziando i nostri corpi e spalmandoli del salutare fanghetto presente sul fondale. Per cena scegliamo l’Alaturka restaurant con Kofte (polpette di carne di agnello che normalmente vengono fritte e, anch'esse, accompagnate con lo yogurt) e falafel (polpette di legumi speziate a base di ceci secchi, cipolla, cumino e prezzemolo).
3 agosto – Alle 7.30 via per la città di Fethiye che raggiungiamo dopo 200 chilometri. Si affaccia sul golfo omonimo ed è una tipica località balneare. Il nostro Utopia Lodge hotel si trova nella frazione vicina di Kayakoy, da cui ripartiamo in fretta scendendo ulteriormente verso sud fino alla splendida spiaggia di Oludeniz dove trascorriamo tutto la giornata. E’ lunga quasi un chilometro, di fini ciottoli e considerata una delle più belle del paese, sempre piena di turisti, ma c’era da aspettarselo. Cena all’Antik restaurant con orata alla griglia e gamberi serviti con riso e verdure.
4 agosto – Alle 7.30 lasciamo l’hotel per la nostra prima spiaggia della giornata, Patara beach, dove restiamo fino all’ora di pranzo. Sarà una piacevole esperienza, in una spiaggia enorme, lunga 18 chilometri (la più lunga del paese) e circondata da dune di sabbia. Il mare è poco profondo che la rendono il luogo ideale per la deposizione delle uova delle Caretta Caretta. La Costa Turchese turca è l’ideale per una esperienza balneare, e questa ampia spiaggia consente davvero una piacevole sosta tonificante. Durante la nostra permanenza, non possiamo fare a meno di notare come la tradizione ortodossa islamica sia ancora presente in molta parte della popolazione. Ma nessuno sembra più far caso sia ai succinti bikini di alcune ragazze locali come ai castigati burkini (tipo di costume da bagno femminile che copre interamente il corpo, esclusi la faccia, le mani e i piedi) indossati da molte donne musulmane. Ovviamente appare inconcepibile che una donna sappia privarsi di ascoltare il massaggio dell’acqua sulla sua pelle, ma costrizione o scelta personale, questo è ancora una realtà in molti paesi del mondo. Guidando lungo la splendida costa, e dopo aver trovato parcheggio lungo la strada, scendiamo attraverso un breve scalinata in un'altra affascinante spiaggia, quella di Kaputas, piccoli ciottoli e mare turchese dove trascorriamo la seconda parte della giornata, ripartendo poi verso la nostra meta finale di Kas dove alloggeremo all’Antiphellos pension. Doccia e via per le stradine e piazzetta della piccola località costiera, con un piacevole porto e una vivace vita serale. Piacevole passeggiata, ammirando negozietti turistici e localini fino a scegliere il Kasik Manti, nel quale gusteremo i famosi ravioli turchi, chiamati appunto manti ( ravioli questa volta ripieni di lenticchie, accompagnati da una salsa di pomodoro e yogurt), la corbalar (zuppa di lenticchie), il renani (dolce molto gustoso a base di semolino) e il sutlac (crema di riso dolce).
5 agosto – Prima delle 7.00 si parte per Demre dove ammiriamo, questa volta dall’esterno del sito, alcuni scorci delle rovine di Myra, Nel II secolo a.C. visse il suo periodo di maggiore splendore. Prospero centro commerciale in età romana, è ricordata come scalo nel viaggio che San Paolo intraprese verso Roma e fu in gran parte ricostruita dopo un devastante terremoto nel 141. Fu sede vescovile a partire dal IV secolo ed uno dei primi vescovi fu San Nicola, che si batté contro l’arianesimo e forse partecipò nel 325 al Concilio di Nicea. Divenne nel V secolo capoluogo della provincia bizantina di Licia. La necropoli, collocata su una scogliera a strapiombo sul mare, conserva le facciate delle tombe scavate nella roccia, con colonne e frontone. Essendo Demre una cittadina sul mare, si decide di approfittare della sua piacevole spiaggia di ciottoli, restandovi sino alle 10.30. Quindi ripartiamo con l’intenzione di raggiungere la cittadina di Kemer, ma l’accesso alla spiaggia di ciottoli risulta così caotico che alla fine abbiamo dovuto accettare una sistemazione poco congeniale, per via del caldo intenso. Anche la cena, una volta giunti all’Ozhan hotel di Antalya non riuscirà a raddrizzare una giornata, francamente deludente.
6 agosto – Questa volta, colazione in albergo e partenza ad orari accettabili. La strada per la nostra destinazione finale è lunga, ma dopo 280 chilometri arriviamo a Konya, al nostro Baykara hotel, uscendone subito per iniziare il city tour. Situata sull'altopiano centrale dell'Anatolia ha una popolazione di oltre un milione di abitanti. Konya è una città antica, visitata, secondo gli Atti degli Apostoli, da Paolo di Tarso. Situata sulla strada che collegava Costantinopoli ad Antiochia, fu un'importante città romana e bizantina. Raggiunse una relativa prosperità ed importanza dal 1205 al 1239 quando i sultani controllavano l’Anatolia interna, l’Armenia, parte del Medio Oriente ed anche della Crimea. Gialal al-din Runi conosciuto come Mevlana, fu un poeta sufi persiano che trascorse proprio a Konya gli ultimi cinquanta anni della sua vita. Egli fu il fondatore dell'ordine dei dervisci rotanti. Decidiamo di cominciare dalla moschea Sarafeddin e dalla Ipliki, sulla strada verso l’Alaeddin Hill, una collina nel centro della città, dove visitiamo la moschea omonima Alaeddin. L'edificio fungeva da "Moschea del Trono" per il selgiuchide sultano di Rum e contiene il mausoleo dinastico. Il minareto, il mihrab di marmo (1891) e la porta orientale, attraverso la quale la maggior parte dei visitatori entrano nella moschea, risalgono al periodo ottomano. L'ala orientale, costruita con colonne bizantine ed elleniche riutilizzate, ha un'apertura e una spaziosità uniche. Il cortile della moschea di Alâeddin contiene due monumentali mausolei. Dirigendoci dalla parte opposta, verso il centro cittadino, entriamo anche nelle moschea Kapu e Aziziye. Quest’ultima è una moschea ottomana ben nota per il balcone a colonne del suo minareto, una caratteristica architettonica raramente vista nelle moschee turche. In ogni minareto il tetto (balcone) è sostenuto da colonne che rendono la moschea unica in Turchia. La sala di preghiera è di forma quadrata e il suo soffitto è una grande cupola. Quindi si giunge alla grande piazza del centro dove sorgono la più grande moschea cittadina, la Selimiye e il famoso mausoleo Mevlana. Per paura che chiuda ci dedichiamo prima al mausoleo, che venne costruito per conservare la tomba del mistico fondatore del sufismo. Si entra nel museo attraverso il cancello principale, accedendo ad un cortile pavimentato in marmo. La cucina dei dervisci e la tomba di Hurrem Pasha, costruita durante il regno di Solimano il Magnifico, si trovano sul lato destro. Sul lato sinistro sono 17 celle di dervisci, allineate, coperte da piccole cupole. La cucina era utilizzata anche per educare i dervisci, insegnando loro la Sema. C’è la fontana delle abluzioni nel mezzo del cortile, dopodiché si entra nel mausoleo vero e proprio, attraverso il cancello della tomba e una porta ricoperta d'argento. Sul lato sinistro si trovano sei cenotafi di dervisci, disposti in due file di tre. Di fronte a queste, su una piattaforma rialzata, coperta da due cupole, si trovano i cenotafi di alcuni discendenti della famiglia di Mevlana (moglie e figli) e di alcuni membri di alto rango dell'ordine Mevlevi. Il sarcofago di Mevlana si trova sotto una cupola verde, coperta con un drappo in broccato, ricamato in oro con versi del Corano. E’ giunto il momento di entrare nella mosche Selimiye, un classico esempio di architettura ottomana. Fu iniziata quando Selim II, ancora principe, era governatore della città nel 1558. Due alti minareti ed un ampia sala da preghiera ci consentono di visitarla senza alcun impedimento. Cena al Nezih Konya Muftaji con doner pilaf ustu (carne tagliata a fettine su un letto di riso pilaf) e kasarli borek (sfoglie di pasta con formaggio).
7 agosto – Alle 7.30 partiamo, direzione Cappadocia e la nostra prima escursione in questa regione mitica della Turchia, che richiama orde di visitatori, e unica al mondo sarà la Valle di Ilhara. E’ un percorso che si snoda tra il villaggio appunto di Ilhara e Selime, con un villaggio intermedio che è Belisirma. Si può scegliere di percorrere tutta la valle cominciando da Ilhara e terminando a Se lime o viceversa, oppure decidere di fermarsi a metà strada e poi farsi riportare all’auto con un taxi o con una auto privata di qualcuno del posto. Noi scegliamo di iniziare da Ilhara, lasciando l’auto in un comodo parcheggio e percorrendo il chilometro che ci separa dalla scalinata d’ingresso alla valle, che un tempo era uno dei luoghi di ritiro più amati dai monaci bizantini, cui si deve la realizzazione delle chiese scavate alla base delle rupi torreggianti. Per onestà intellettuale, il percorso, così osannato, non mi ha soddisfatto appieno. I due sentieri che costeggiano il fiume Melendiz, talvolta uniti da ponticelli che consentono di passare da una parte all’altra per accedere alle chiesi rupestri su entrambi i lati è comodo e le indicazioni delle chiese sono chiare, ma ogni volta che ne visiteremo una, al di là della indubbia originalità dei siti, non riscontrerò quasi mai affreschi che abbiano conservato molto di visibile, mentre la maggior parte delle volte saranno invece le grafie ben chiare di incivili visitatori e locali che balzeranno subito all’occhio. Comunque ne visiteremo parecchie, e quelle più rinomate, come la Egritas kilise, con affreschi rovinati e scritte; la Karanlik, di cui nulla rimasto; la Yemanli, idem; la Sumbulla kilise, ben poco rimasto e le solite scritte; l’Agacalti kilise, ben poco rimasto; la Purenli Sekli, lo stesso; la Kokar è risultata la più interessante di tutte, con numerosi affreschi sulle pareti di buona fattura e ancora abbastanza riconoscibili, ma insopportabili alla vista sono le centinaia di scritte aliene che ne deturpano la fruizione. In sostanza è una escursione che sconsiglio vivamente, nonostante si effettui all’interno di un grazioso canyon. Abbiamo deciso così di non proseguire fino a Belisirma, progetto originario, ma di tornare sui nostri passi a Ilhara dove, dopo un gelato, ci siamo recati al monastero di Selime, questa volta una decisione che risulterà azzeccata. E’ uno spettacolare luogo con labirinti che si incuneano nel fianco di una parete rocciosa straordinaria, che appare come un castello naturale. Interamente scavato nella roccia, questo antico monastero comprende una grande cucina, varie abitazioni troglodite, una chiesa ed alcune stalle. Naturalmente tutte queste cose le si deve immaginare, ma i bizzarri cunicoli, le scalinate scavate nella roccia, i stretti percorsi pericolanti che sembrano sospesi nel vuoto, il contrasto con le rocce rossastre ed il blu del cielo è fantastico. Il complesso è situato in alto su una parete rocciosa, a circa 50 metri sopra il fiume Menderes. Questa posizione è facilmente difendibile e offre una vista imponente della valle. La chiesa basilicale (denominata Cattedrale) nel cortile superiore, è una delle chiese più grandi e articolate della Cappadocia. Ha ispirato le ambientazioni di un episodio della saga di Star Wars, e presenta due arcate che dividono tre navate. Terminata la sgroppata tra i cunicoli ci dirigiamo verso Goreme, la capitale di questa regione, e dalla quale si parte per visitare quasi tutte le attrazioni geologiche della Cappadocia. La discesa verso la cittadina è già di per sé emozionante, circondati da formazioni coniche e da altre forma stravaganti. Pare di entrare in una sorta di luogo delle fiabe. Sistematoci nel nostro Gerdis Evi hotel, che ci ospiterà per ben quattro notti, dopo la doccia ne usciamo con l’intenzione di scoprire il villaggio, che da subito ci appare con il paese dei balocchi. La sua originale atmosfera si è completamente snaturata per soggiornare i milioni di turisti che la invadono ogni anno. Ormai si parla più inglese che turco da queste parti, e le vie sono colonizzate da bar e ristoranti, agenzie di viaggio che propongono ogni tipo di escursione. Ne abbiamo comunque bisogno anche noi, per poter effettuare il classico volo con la mongolfiera, un must in Cappadocia, ma quando veniamo a conoscere i prezzi restiamo sbalorditi. Oltretutto, in questa settimana sembra che ci sia una festa delle mongolfiere e i posti disponibili sono scarsi, ma i prezzi gravitano intorno ai 250 euro a persona per circa un ora di escursione. Ci sono dei limiti a tutto, già abbiamo verificato quanto siano lievitati i costi degli ingressi ai vari siti famosi, rispetto solo a pochi anni fa, ma i turchi sembra abbiano deciso di spolpare ben bene tutti coloro che vogliono godere delle loro bellezze. Questo prezzo però è indigeribile e a nulla sortiranno i nostri tentativi di trovare un prezzo più favorevole. Pazienza! In fondo, le prossime escursioni ci ripagheranno con gli interessi. Anche la cena non riuscirà a risollevarci il morale.
8 agosto – Finalmente si dorme un po’ più del solito, e dopo colazione, ci dirigiamo al famoso Goreme open air museum. All’interno di un ambiente circostante arido e roccioso sono presenti incredibili strutture rupestri scavate direttamente nella roccia di origine vulcanica e nel tufo, risalenti dal X al XII secolo. Naturalmente, anche qui orde di visitatori, italiani, spagnoli, russi, gruppi che parlano in continuazione e che fanno perdere completamente il fascino del luogo. Comunque noi effettuiamo in autonomia la nostra visita, grazie alle mie cartine e informazioni cartacee. Il complesso e' composto da decine di monasteri, i luoghi dove vivevano le comunità di monaci, disposti uno a fianco all'altro, ognuno con la sua piccola chiesa scavata nella roccia, e con antichissimi affreschi biblici (dipinti nel 5 secolo) che hanno resistito agli effetti corrosivi del tempo. Il museo e' definito come la prima Università del Cristianesimo in tutta l'Anatolia (parte asiatica) ed ha decine di chiese di roccia e cappelle scolpite dai primi cristiani, la maggior parte risalenti al 10°-12° secolo. Nel museo all’aperto si trovano una serie molto amplia di cappelle e chiese scavate nella roccia, molte di queste si possono visitare anche all’interno e presentano molte pitture provenienti dall'epoca definita iconoclasta. Contengono motivi geometrici e simbolici, come i galli, il pesce o l'uva; oppure del periodo successivo, in cui ritroviamo santi e scene religiose, in particolare San Giorgio. Nonostante mi sia sforzato di farmi piacere gli affreschi presenti nelle varie chiese, non posso sottacere il fatto che la stragrande maggioranza sia da fattura scadenze, persino elementare e non mi hanno emozionato per niente, sebbene le sole strutture rupestri, di per sé sappiano appagare pienamente. Ma gli affreschi sono davvero rudimentali, niente a che vedere con i coevi presenti sull’isola di Cipro, ad esempio, dove al paragone, sono di livello di scuola superiore. Devo essere onesto, come sempre, fino in fondo, non mi sento di esaltare ciò che non lo merita. Nessuna delle chiese rupestri visitate ha saputo appagare il mio spirito artistico, solo nell’ultima, la Karanlik kilise (che obbligava oltretutto ad una spesa supplementare) ho potuto notare degli affreschi degni di menzione e una conservazione pregevole sulle pareti. Ripresa l’auto, abbiamo intenzione di raggiungere il Kaya camping dove le mie informazioni davano, nei pressi, l’ingresso alla Red Valley, e in effetti un vecchietto del luogo ci indica un sentiero che porterebbe ad una discesa nella valle, ma mentre stiamo per affrontarla, ci rendiamo conto che il percorso non è ben segnalato e risulta oltremodo a rischio scivolate e cadute, perciò decidiamo di tornare sui nostri passi, non senza una punta di delusione. Sembra proprio che per ora la Cappadocia non sia in grado di scatenarmi l’emozione giusta! Anche la Aynali church, altra chiesa rupestre nei pressi del camping non mi entusiasma più di tanto. Ma poi scatta qualcosa in me che mi porta ad approfondire il modo di raggiungere il view point sulla Red Valley e, fortunatamente, trovo una stradina sterrata che ci porta proprio ad un punto di osservazione incredibile. Siamo solo noi, io e Gosia, a godere di una vista che potrebbe essere paragonabile a quella godibile al canyon del Colorado. Due canyon, quello della Red Valley e della Rose Valley che dopo averci regalato una vista mozzafiato, si intersecano a formare una scena magnifica, da delirio. E non c’è nessuno che possa contaminare queste sensazioni adrenaliniche. Resteremo qua mezzora a godere di un panorama straordinario. Dopo una pausa gelato, ci rechiamo al villaggio di Cavusin, composto da una parte più nuova e da una vecchia e abbandonata, lungo la quale si sale attraverso una strada tortuosa fino a una delle chiese più antiche e affascinanti di tutta la Cappadocia: la Chiesa di San Giovanni Battista. Situata quasi sulla cima della montagna offre alcuni tra i migliori panorami di tutta la regione. Anche questa chiesa rupestre, comunque, nonostante una grande navata, assomiglia alle altre già viste, con affreschi molto rovinati. E’ giunto il momento di ripartire per il Caravanserraglio di Saruhan dove abbiamo prenotato l’esibizione dei Dervisci rotanti. Sarà un ora emozionante, immersi nelle musica devozionale sufi, mentre quattro monaci entrano nell’estasi della danza rotante. Il pensiero che ha determinato questa cerimonia è che la condizione essenziale dell’esistenza è quella di girare e non c’è niente che non giri nell’universo. E attraverso le loro rotazioni aspirano a raggiungere la forma di ogni perfezione. Deliziati da questa magnifica esperienza lasciavo il caravanserraglio dirigendoci ad Avanos dove ceniamo al Kapadokya Lezzet Sofrasi, dove gustiamo un Tavuk Sis (pezzetti di pollo, con riso e cipolla, su un letto di pane a focaccia) e Manti alle lenticchie (con yogurt). Per finire una piacevole passeggiata in questa bella cittadina, con una sua parte superiore antica e una inferiore più moderna con un ponte tibetano che porta ad un parco molto grande ed animato. Davvero una giornata appagante, terminata anche con la visita a due moschee cittadine, la Sehit Sevret Tekin Merkez e, in città vecchia, la Yesilbas, più piccola ma con minbar e mihrab con piastrelle di maiolica.
9 agosto – Dopo colazione in albergo, via alla vicina cittadina di Zelve, nei pressi della quale è la Valle dei Monaci, famosa per i suoi “camini delle fate”. Pagato il biglietto di ingresso, sembra davvero di entrare in un paesaggio incantato. I camini delle fate sono chiamati in questo modo perché i suoi abitanti, non riuscendo a spiegarsi l’erosione naturale che li ha formati pensavano che fossero creati dalle fate. Le formazioni, a forma di fungo, sono il risultato di eruzioni vulcaniche ed erosione nel tempo. Il nome “Valle dei Monaci” deriva dal fatto che i monaci abitavano nelle stanze scavate nella roccia della valle durante l' era bizantina. Girovaghiamo per più di un ora in mezzo a curiose sculture, immortalandole in decine di fotografie, fino a giungere in quella in cui visse per 15 anni San Simeone, noto per il suo stile di vita ascetico e per la sua abitudine di vivere in una piccola cella in cima a un pilastro. La cappella fu costruita nel X secolo ed è uno degli edifici più antichi della valle. Lasciato questo “fantastico sito” facciamo ritorno a Goreme, salendo fino al view point da cui si ammira uno stupendo panorama sulla cittadina, costruita fra bizzarre formazioni rocciose, molte scavate a formarne abitazioni, ora ristoranti o locande, incredibile! Quindi ci dirigiamo verso sud, passando Uchisar e raggiungendo la città sotterranea di Kaymakli, una delle più importanti dell’Anatolia. E’ un incredibile villaggio troglodita interamente scavato sotto il livello del suolo e risalente al periodo che va dal VI al X secolo. Si snoda tra tunnel labirintici, stretti cunicoli e grandi spazi, adibiti in passato a vari utilizzi. La città sotterranea di Kaymakli è posta su 8 differenti livelli, che scendono per oltre 43 metri sotto il livello del suolo. Di questi, oggi, ne possiamo visitare unicamente 4, comprendendo così al meglio la sua incredibile struttura scavata interamente a mano nella roccia di origine vulcanica dalle popolazioni che si sono succedute in queste terre. Questo villaggio sotterraneo venne aperto la prima volta al pubblico nel 1964. Per permettere la corretta areazione e ventilazione degli ambienti, le città sotterranee della Cappadocia, compresa questa di Kaymakli, venivano costruite sviluppandosi intorno a un camino di areazione. Da questa struttura partivano numerosi cunicoli e labirintici tunnel, che collegavano tra loro i vari ambienti. Considerate le sue dimensioni, all’interno di questo villaggio troglodita vivevano circa 30.000 persone, che potevano rimanere qui anche per molti mesi consecutivi. L’utilizzo principale delle città sotterranee era quello di proteggere i popoli dell’Anatolia dalle varie invasioni e persecuzioni che si sono succedute. Grazie a questo labirinto nascosto e sotterraneo le persone riuscivano a celarsi, oltre che a disorientare il nemico, qualora fosse riuscito ad entrare al suo interno. Inoltre, Kaymakli è collegata grazie a dei chilometrici tunnel a quella di Derinkuyu; che fanno parte delle oltre 200 città sotterranee scoperte in Cappadocia fino ad oggi. Terminata la visita decidiamo di spingerci fino al villaggio di Sognali, dove però non riusciamo a trovare la chiesa che avevo segnalato, ma godiamo ugualmente di un bellissimo paesaggio con formazioni variegate e innumerevoli nicchie scavate nella roccia. Al ritorno attraversiamo un altro villaggio, Urgup, meritevole di una prossima visita. Tornati a Goreme, ceniamo al Kale terrasse restaurant con Sarma Beyti (involtino di pane con carne di agnello) e una Goreme special (zuppa con verdure varie con formaggio)
10 agosto – Ci svegliamo presto, alle 5.30, per assistere alla partenza delle mongolfiere e stiamo per una mezz’oretta fuori dall’hotel ad ammirarle nel cielo, che dal rosato, rossastro dell’alba, vira pian piano verso l’azzurro. Dopo colazione ci rechiamo alla vicina Devrent valley dove ben delineati e distribuiti in gruppi particolarmente fitti, i coni vulcanici della valle sono tra i più suggestivi di tutta la Cappadocia e osservare le loro fantastiche sagome è un po’ come tornare bambini, incantati davanti alle forme delle formazioni. Si può provare a riconoscere il cammello, il delfino, le foche, la Madonna.La maggior parte dei coni dalle tonalità rosate è sormontata da una roccia piatta e più scura, che nel corso del tempo li ha protetti dalle piogge responsabili dell’erosione della roccia circostante, un processo che i geologi chiamano erosione differenziata. Trascorriamo piacevolmente del tempo fra queste formazioni per poi recarci al view point sulla Love Valley. Un paesaggio fantastico, ricco di innumerevoli “camini delle fate” che però non mi basta ammirarli da quassù e chiedo il modo di raggiungere il fondovalle dove, tramite una stradina sterrata percorro circa un chilometro spingendomi più vicino alla valle possibile. Si parcheggia alle bene meglio e ci si inoltra in mezzo a questa moltitudine di formazioni curiosissime, questa volta in compagnia di pochissime persone. La giornata prosegue con la visita del villaggio di Uchisar e del suo famoso castello, incastonato in una roccia vulcanica e visibile da chilometri di distanza. E’ uno dei monumenti più importanti della Cappadocia. Il castello venne usato per secoli dagli abitanti dei villaggi come luogo di rifugio quando si ritrovavano sotto l'attacco degli eserciti nemici. Molte stanze scavate nella roccia sono protette da pesantissime porte di pietra, proprio per controllarne l'accesso, e sono collegate l'una all'altra da scale, tunnel e passaggi. A causa dell'erosione avvenuta nei secoli, non tutte le stanze del castello sono visitabili: la maggior parte di esse infatti e' oggi utilizzata come piccionaie, che abbiamo visto a centinaia nella regione, piccoli buchi che si vedono nelle rocce che sono nidi creati dall’uomo per i piccioni, dato che erano utilissimi. Le loro uova venivano usate per smaltare gli affreschi e i loro escrementi come fertilizzante per frutteti e vigneti. Per finire ci rechiamo al villaggio di Urgup dove ceniamo, dopo una breve passeggiata con Corba (minestra locale) e Tavuk Sis all’Antep Sophrasi, e Testi kebabi (carne cotta in piccole giare di terracotta, che vengono rotte nel momento di servire la vivanda).
11 agosto – Giorno di partenza dalla Cappadocia. Alle 6 lasciamo Goreme, direzione il lago salato Tuz Golu. Dopo 170 chilometri sostiamo ad una sorta di stazione di servizio da cui si può accedere al lago. Tüz Gölü è una delle saline naturali più ricche del mondo, infatti fornisce 300 mila tonnellate di sale all'anno, il 60% di tutta la produzione del paese. Ne percorriamo un centinaio di metri e poi ripartiamo, direzione la capitale della Turchia, Ankara. Entrati in città, approfittiamo dell’auto per raggiungere due luoghi abbastanza lontani dall’hotel. Il primo è l’Antikabir, che significa letteralmente “tomba commemorativa” . Si tratta di un mausoleo creato per Mustafa Kemal Atatürk anche se al suo interno è custodito il corpo di Ismet Inonu, il secondo presidente della Turchia, sepolto qui nel 1973. Saremo fortunati, dato che assisteremo all’emozionante cambio della guardia. Per seconda è la famosa moschea Kocatepe. Realizzata nel 1987 è una delle moschee più grandi al mondo, in grado di accogliere oltre 15mila fedeli. L’edificio assomiglia molto alla Moschea Blu di Istanbul ed ha uno stile ottomano con quattro minareti. L’interno è un trionfo di marmo, piastrelle geometriche e vetro colorato alle finestre. Il nostro Sahinbey hotel è molto prossimo alla Cittadella di Ankara, ma prima di recarcisi facciamo lavare l’auto, dato che domani la dovremo riconsegnare all’autonoleggio dell’aeroporto. Dopo il check in, saliamo subito alla Cittadella l’area che domina la vecchia città, situata nella zona in basso. Il piccolo quartiere è composto da edifici in stile ottomano, in legno e dipinti di blu ed è circondato da mura di cinta realizzate con pietre provenienti dall’antica città. Da qui si può godere di uno splendido panorama e respirare l’atmosfera vivace di Ankara. Entriamo nella moschea locale, la Alaettin, nulla di che , tranne il minbar del XII secolo. E’ una zona turistica con negozietti e locali, piacevole da passeggiarvi. Ridiscesi, visitiamo la nuova moschea Melike Hatum Camun. Per finire raggiungiamo la moschea Haci Haram, uno splendido edificio del XV secolo dalle caratteristiche inconfondibili, che ai nostri giorni è uno dei siti religiosi più venerati della città, col suo splendido soffitto in legno decorato. La moschea deve il suo nome al poeta turco Haci Bayram, che nel XIV secolo scrisse numerosi inni religiosi. Cena al Nazimusta con Tavuk Sis e doner kebab.
12 agosto – Partenza prestissimo, alle 4.00, dato che dobbiamo restituire l’auto in tempo e dobbiamo percorrere ben 480 chilometri. Tutto procede senza intoppi e dopo le formalità al rent a car seguiamo le indicazioni per la metro M11 che ci porterà, dopo 5 fermate e 20 minuti, al capolinea di Kagithane. Ma che complicazione per comprare la carta ricarica senza la quale non si può prendere alcun mezzo! Le macchinette venditrici della carta, una volta impostata la lingua, passa subito all’incomprensibile turco e solo grazie ad aiuti esterni riusciremo ad ottenerla. Ma non è finita qui, infatti possa bisogna caricarla dell’importo che si vuole, e anche qui, il solito problema della lingua. In un aeroporto che dichiara di essere uno dei più grandi e moderni del mondo, causare questi fastidi ai viaggiatori è inaccettabile. Comunque, arrivati a Kagithane, estrema periferia di Istanbul, dobbiamo prendere un altra linea, la M7 rosa per due fermate fino a Mecidiyekoy, e per finire la verde M2 per 5 fermate fino a Vezneciler, a circa 500 metri dalla piazza Beyazit da cui parte la via per il nostro Ista palace hotel. Usciti dall’albergo, torniamo in piazza Beyazit, affollata di gente. Qui si trova l’entrata in stile moresco dell’Università cittadina e la moschea Beyazit, ultimata nel 1506 che visitiamo. Entriamo nella graziosa corte con una elegante fontana a cupola nel centro. L’interno, con la cupola centrale e le altre semicupole, si ispira a Hagia Sophia. Proseguiamo fino alla moschea di Solimano, la più importante della città, costruita dal grande architetto Sinan. Come le altre moschee imperiali, non era soltanto un luogo di culto, ma anche una fondazione filantropica. L’edificio è circondato dagli antichi ospedali, cucina, scuola, caravanserraglio. Il complesso forniva cibo tutti i giorni a circa 1000 poveri, di qualsiasi fede essi fossero. All’interno si è sopraffatti da un senso di pace e di spazio. All’esterno entriamo nella mausoleo di Solimano, magnificamente adornato di piastrelle azzurrognole e con le tombe di Solimano, della figlia e dei suoi successori. Scendiamo poi attraverso il bazar delle spezie verso il Corno d’Oro, sul Mare di Marmara, a vedere i battelli che trasportano i turisti verso lo stretto del Bosforo. Ceneremo con cibo di strada per poi tornare in albergo.
13 agosto - Prendiamo il tram T1 fino alla fermata Gulhane, per poi dirigerci verso il museo Topkapi, imprescindibile in una visita di Istanbul. Si trova nel quartiere del Serraglio Tra il 1459 e il 1465, poco dopo la conquista di Costantinopoli, Mehmet II fece costruire questo palazzo, che divenne la sua residenza principale. Più che come singolo edificio, fu concepito come una serie di padiglioni collocati in quattro enormi cortili. Nel corso del loro regno durato 47 anni i sultani ottomani accumularono una meravigliosa collezione di tesori, poi divenuti proprietà dello Stato. Varchiamo la porta dei Saluti e ci immettiamo nel secondo cortile, dove entriamo nelle cucine del palazzo dove sono esposti ceramiche cinesi e giapponesi portate in Turchia attraverso la Via della Seta, oggetti in vetro, argento e servizi di posateria e utensili di cucina. Varcata poi la Porta della Felicità entriamo nel terzo cortile, visitando il padiglione con la Sala delle Udienze, dove il sultano accoglieva i governatori delle Stato e gli ambasciatori. I governatori parlavano al sultano non direttamente, ma attraverso i Visir. Proseguiamo con la Sala dei costumi imperiali, la Biblioteca di Ahmet III, e quindi nella Tesoreria, vero pezzo forte del complesso. In questa sezione si lasciano gli occhi di fronte allo splendore degli oggetti presenti. Ne citerò solo alcuni, tra i più famosi, anche doni prestigiosi da regnanti indiani, persiani, cinesi, da tutto il mondo allora conosciuto: il diamante Spoonmaker(a forma di goccia, di 86 carati); un armatura del sultano; il pugnale del sultano Mahmud I (pugnale Topkapi) con i suoi tre grandi smeraldi colombiani di 7 carati sul manico; la Culla d’oro del 18° secolo, degli eredi al trono; bottiglie d’acqua per cerimonie tempestate di pietre preziose, del 16° secolo; il trono di Nadir Shah con sgabello (1730); una ciotola di giada dallo zar russo Nicola II (1880); una scacchiera persiana del 18° secolo; la spada del califfo Othman del 7° secolo; vari Corani preziosi e una teca con due enormi candelabri interamente d’oro. L’affascinante visita prosegue con la sala delle miniature e dei manoscritti, con 13.000 pezzi esposti e quindi la famosa Sala del Sacro Mantello dove sono esposte alcune delle reliquie più sacre del mondo islamico, la maggior parte delle quali giunse dopo la conquista dell’Egitto e dell’Arabia da parte di Selim l’Arcigno. Fra questi oggetti voglio citare un bastone utilizzato da Mosè per produrre acqua da una roccia, o per separare le acque del Mar Rosso; frammenti di braccia e cranio di San Giovanni Battista; la spada che utilizzò Davide nel combattimento con Golia; lettere del profeta Maometto; sandali di Maometto come il calco del piede dello stesso; le spade dei califfi Alì e Abu Bakr (7° sec.) e per finire un cappotto usato da Fatima, la figlia di Maometto. Sbalordito da tante unicità usciamo da questa sala e proseguiamo visitando il bel padiglione Yerevan con una cupola centrale e tre absidi per divani e tessuti e il trono del sultano Ahmed I. Poi il padiglione Baghdad, costruito da Murat IV nel 1639 con tegole bianche e blu per festeggiare la presa appunto di Baghdad. Dopo ormai 5 ore di visite, entriamo per ultimo nel complesso dell’Harem, la residenza delle mogli, delle concubine e dei figli del sultano, sorvegliati da schiavi eunuchi neri. Gli unici uomini che potevano accedere all’harem erano il sultano e i suoi figli. All’interno era situata anche la Gabbia, una serie di stanze dove venivano relegati i fratelli del sultano, per evitare problemi di successione. L’harem venne progettato da Murat III nel tardo ‘500 ed è un dedalo di corridoi e sale piastrellati. Visitiamo il cortile e la sala della madre del sultano, la donna più potente dell’harem, il cortile e gli alloggi delle concubine, la bellissima stanza del sultano. Topkapi ci ha sfiancato, ma siamo contenti, lo considero uno dei più bei musei al mondo. Nei pressi, con lo stesso biglietto del Topkapi, entriamo nella Haghia Eirene, il luogo di culto cristiano più antico di Istanbul. All’interno non c’è praticamente nulla da vedere tranne le cinque file di sedili incorporati intorno all’abside, occupati dagli ecclesiastici durante le funzioni e una semplice croce di mosaico nero su sfondo dorato. Poco fuori è invece la bellissima fontana di Ahmet III (1728), in stile rococò turco, con cinque cupole, nicchie a forma di mihrab e rilievi floreali. Entriamo infine in Hagia Sophia, ma il tempo concessoci è troppo poco, dato che si approssima la preghiera dei fedeli cosicché, dopo qualche foto si decide di tornarci domattina. Ci dirigiamo quindi alla vicina Moschea Blu, che prende il nome dalle preziose piastrelle di Iznik che la decorano all’interno. Commissionata dal sultano Ahmet I nel 1609, presenta un bell’interno, il minbar è finemente scolpito nel marmo e sulla balconata, durante le funzioni, prendevano posto il sultano e la corte. Oltre 250 finestre inondano di luce l’interno di questa enorme moschea. Alzando gli occhi si ammirano una cascata di cupole e semicupole e, all’esterno, si resta ammirati dai superbi minareti con due o tre balconi. Usciti, percorriamo il famoso corridoio dell’Ippodromo, ciò che è rimasto dell’immenso stadio che un tempo si stagliava nella città bizantina di Costantinopoli. Ora è occupato da un semplice giardino pubblico e da un bell’obelisco egiziano del 1500 a.C. che si trovava fuori da Luxor, finché Costantino lo fece trasportare nella sua città. Poggia su una base del IV secolo che riproduce Teodosio I e la sua famiglia.Adiacente si trova la Colonna Serpentina (479 a.C.) proveniente da Delfi. Percorrendo quindi la turistica Divanyolu caddesi verso piazza Beyazit, entriamo anche nella moschea Gazi Atikali puntando in seguito verso il nostro albergo.
14 agosto – Dopo colazione ci dirigiamo subito alla Haghia Sophia, sperando di non incorrere nella fila, ma la speranza sarà cancellata da una coda in attesa dell’apertura alle 9.00 di circa 500 metri. Per fortuna trascorreranno solo una quintina di minuti per accedervi. La chiesa è una delle opere architettoniche più grandi del mondo con più di 1400 anni alle spalle. L’edificio fu inaugurato dall’imperatore Giustiniano nel 537. Nel XV secolo i musulmani la trasformarono in moschea. Minareti, tombe e fontane risalgono a quel periodo. Sopra l’ingresso è un bel mosaico con Cristo pantocratore con un imperatore inginocchiato. L’interno è un diluvio di persone e, purtroppo, non si può accedere che a metà dell’enorme aula, neppure i piani superiori sono visitabili perché in restauro. Peccato perché i mosaici più interessanti risiedono proprio in quegli spazzi. Non possiamo far altro che ammirare i serafini che ornano i pennacchi, la balconata del sultano e ovviamente, godere del fascino del luogo. Giunti sulle rive del Corno d’Oro si decide per una gita di un ora in battello sul Bosforo. Si visionerà la parte sud del quartiere di Beyoglu fino a giungere al famoso ponte Ataturk, sul Bosforo. Una turistata che comunque è stata piacevole. Dopo un panino con pesce acquistato in un localino in riva al mare, percorriamo il Ponte Galata, entrando nel quartiere Beyoglu, dove un tempo risiedevano i residenti stranieri della città salendo fino alla famosa Torre Galata, alta 62 metri e col tetto conico. Eretta nel 1348 dai genovesi quale parte di alcune fortificazioni. Per salirla bisogna pagare anche qui, ben 23 euro. E’ un prezzo assurdo per concedersi un panorama che si può godere tranquillamente anche da altre parti della città e lasciamo perdere. In zona entriamo nella Moschea Araba che prende il nome dai profughi saraceni provenienti dalla Spagna dopo la caduta di Granada nel 1492. Risalendo il quartiere giungiamo a piazza Tunel dove parte un percorso pedonale molto gradevole, zeppo di bei negozi e locali. Deviando in una via laterale giungiamo all’hotel Pera Palace, inaugurato nel 1892, quando aprì per ristorare i passeggerei dell’Orient Express. Tra gli ospiti che hanno accresciuto la fama dell’albergo Mata Hari, Greta Garbo, Jackie Onassis. Più avanti sulla strada pedonale entriamo anche nella chiesa di Sant’Antonio da Padova. Oltre un grazioso balcone ad archi prima dell’ingresso, null’altro da segnalare. Al termine del percorso l’enorme piazza Taksim nel cui centro si innalza il monumento all’indipendenza scolpito dall’italiano Canonica nel 1928. Con calma prendiamo la direzione dell’albergo.
15 agosto – Ultimo giorno di viaggio che dedichiamo di mattino alla visita del vicino Gran Bazar, un dedalo di strade coperte da volte dipinte, ricco di migliaia di negozi e bancarelle che propongono ogni sorta di prodotto. Per accedervi, attraverso le 5 porte, si deve passare attraverso dei metal detector. Centinaia sono le gioiellerie, alcune delle quali espongono in vetrina oggetti preziosissimi, orologi di marca come Rolex, Piaget, Audemars Piguet, collier impreziositi da rubini e smeraldi enormi, monete d’oro, lingotti da un chilo. Sono gioiellerie ricchissime che non sfigurerebbero in qualsiasi capitale europea. E poi ancora le immancabili bancarelle delle spezie, numerosissime, altre con vari tipi di tè. Non mancano localini per il ristoro, un bel caffè turco frequentato da bella gente, negozi di tappeti, prodotti di antiquariato. Lo giriamo pressoché completamente e poi ci incamminiamo lungo la vicina Ordu caddesi fino alla moschea Kalenderhane che prende il nome dalla confraternita Kalender di dervisci che la utilizzò come suo quartier generale.Vi osserveremo il momento della preghiera proseguendo poi verso la successiva moschea del Principe, eretta da Solimano il Magnifico in memoria del figlio maggiore avuto da Rosselana, Sehzade, il quale morì di vaiolo a 21 anni e del quale ammiriamo il bel mausoleo con la cupole dipinta più bella di tutta la città. Proseguendo si giunge all’acquedotto di Valente, l’imperatore che lo fece costruire nel IV secolo. Faceva parte del sistema idrico che riforniva i palazzi e le fontane di Istanbul portando l’acqua dalla foresta Belgrade. Per ultimo, un po’ più avanti, la straordinaria moschea Fatih, con una spaziosa corte esterna ed un interno enorme, nel quale assistiamo per breve tempo al rito della preghiera. Il viaggio è terminato, è ora di tornare in albergo a ritirare i nostri trollies e prendere la metro per l’aeroporto, il grandioso, nuovo aeroporto di Istanbul, forse il più bello che abbia mai visto, pieno di negozi di firme prestigiose, ristoranti e bar. E’ stato costruito in un tempo record di 5 anni ed è il più grande aeroporto del mondo, con una capacità annuale di 150 milioni di passeggeri (ampliabile fino a 200 milioni in futuro). Istanbul punta quindi a diventare l’hub più importante del mondo, lo scalo per eccellenza non solo per i voli dall’Europa all’Asia ma anche verso l’Africa ed il Sud America. Il volo di ritorno in Italia non presenterà ritardi.
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